Politically correct e costanti risate di facciata, si può ridere di tutto? Se lo chiede Sergio Spaccavento

by Michela Conoscitore

Si può ridere di tutto? Se l’è chiesto Sergio Spaccavento nel suo nuovo libro Che cazzo ridi? Dialoghi sulla libertà di ridere edito da Sagoma, in libreria dal 6 maggio. Un’indagine accurata quella del creativo e autore televisivo che ha interpellato una variegata rappresentanza della comicità italiana per discutere di satira e censura. Arte, musica, televisione, social, fumetti, Spaccavento non ha escluso alcun aspetto del fenomeno satirico proprio per appurare se in Italia ci siamo sganciati dal politically correct oppure viviamo in una costante risata di facciata.

Renzo Arbore, Michela Giraud, il collettivo di Lercio, Arianna Porcelli Safonov, Pif, Paolo Rossi sono solo alcuni degli intervistati dall’autore, e in più, due contributi d’appendice d’eccezione firmati dal giornalista Leonardo Coen e dal magistrato Valerio de Gioia, fanno di questo saggio sul ridere italico una lettura interessante e sopra le righe. Oltre questo, i Qr-Code sparsi tra le pagine rendono il libro interattivo, per sperimentare brevi assaggi di comicità.

Quel che l’autore pare voglia chiedere a chi lo sta leggendo è: ma in Italia sappiamo ancora ridere? Una domanda che, da alcuni, potrebbe essere ritenuta retorica. La maggioranza di noi risponderebbe che sappiamo farlo, un Paese con la nostra tradizione comica ha davvero pochi eguali nel mondo. Tuttavia, Spaccavento è andato a caccia di certezze, anzi di risposte perché l’esser tronfi rispetto ad un’abilità che diamo per evinta, spesso, nasconde parecchie debolezze. Circa duecento pagine che documentano una tavola rotonda in cui, con grande lucidità, molti professionisti della risata hanno disquisito su svariati temi, dando principalmente spazio alla discussione sulla censura.

Ridere è un fenomeno naturale incontrollabile, come riferisce Maccio Capatonda nella divertente prefazione al libro, e quindi la censura blocca un qualcosa di innato, e spesso lo fa indiscriminatamente. Eppure accade tutti i giorni, e l’Italia non è dunque un paese così libero come pensiamo.

In principio fu il Pa’occhio, il film di Renzo Arbore che venne denunciato e sequestrato nel 1980 per vilipendio alla religione cattolica. Stiamo parlando di un tempo relativamente recente ma profondamente differente, perché oggi la censura è più sottile, quasi impercettibile. Per difendersi, comici ma soprattutto autori televisivi preferiscono ossequiare gli ascolti puntando sul trash, sulle risate blockbuster, non pericolose quindi e che non spingono alla riflessione. A questo punto, potremmo già affermare che gli italiani non sanno ridere ma meglio proseguire nella lettura.

Tutto quello che accade in Italia è sospeso tra il dramma e la commedia” afferma Elio in uno dei capitoli del libro, quanto è vera questa osservazione? Siamo sempre a metà tra il riso e il pianto, oppure preferiamo mixarli entrambi così da rimanere sempre sul limite da non superare perché i censori, soprattutto grazie ai social sono aumentati. I bigotti, supportati da degli sconosciuti algoritmi, negano agli internauti di contemplare la realtà da una prospettiva diversa, uno dei super poteri dell’ironia. La satira può dire cose atroci, come ha detto Stefano Andreoli di Spinoza.it, ma oltre che atroci se dette con intelligenza, diventano anche necessarie. Un paese che non sa ridere sperimenta in maniera rifratta quel che è la vita, assumendosi poi la responsabilità di rinunciare alla libertà di provare un’emozione.

Grazie a Che cazzo ridi?, Spaccavento ricava anche l’identikit del comico: non dovrebbe ammorbidire i propri pezzi, per timore della censura perché sono parte del suo pensiero, è sempre anarchico, non può essere serio, se nasce guitto non può mistificare la sua propensione. Il comico che si pone dei limiti rinnega la propria essenza, e come dichiara Saverio Raimondo, il professionista della risata non deve avere fegato perché è essenzialmente un incosciente. “E la libertà se la va a pigliare”, aggiunge Vauro.

Ma quindi, chi è il comico e davvero si può ridere di tutto? “Voler piacere a tutti è il primo errore, in quanto rovina i fondamentali della comicità. Il gioco è spiazzare, teoricamente dovresti non piacere a nessuno o solo a quelli a cui piace essere stupiti” svela Claudio Bisio a Sergio Spaccavento, e pazienza se ci manca autoironia o coraggio, ci saranno sempre quei pochi audaci della risata che risolleveranno le sorti di una nazione che pare abbia confinato nel passato la voglia di ridere, dimenticandosela in un baule polveroso coperto da nasi posticci e maschere di Pulcinella.

Nonostante la censura serpeggi, Spaccavento insieme ai suoi interlocutori afferma che si può ridere davvero di tutto, basta semplicemente far uso di garbo, gusto, essere attenti al contesto e alimentare la propria ‘coscienza comica’ che quella no, decisamente non va dimenticata in un baule altrimenti si farebbe prima a non esistere.

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