“Quel luogo a me proibito”: Elisa Ruotolo educa all’amore il femmineo che non riconosce il proprio potere

by Giammarco Di Biase

Amore era questo: una vulnerabilità più grande. A farne a meno saremmo più duraturi, ma noi non siamo fatti per durare, per questo ci innamoriamo. Per questo lui arriva, ci trova, ci apre e alla fine ci inchioda al nostro legno. Amavo, adesso, e in virtù di questo forse tornavo a essere Dio, ma un Dio che finisce per amore è poco credibile, e non fa che aggiungere impertinenza alla morte.

Non importa quanto una storia scritta sia frutto di un lavoro fatto sul reale. Che quel reale sia identificazione scolpita nella pietra o che sia una mera forma arbitraria per confondersi nelle acque della creatività e dell’invenzione. Non importa trovarne conferma tra le pagine chiare e le pagine scure, come direbbe in “Rimmel” De Gregori, nelle pagine di un libro che leggiamo e iniziamo ad amare. E’ pur sempre vero però, che la letteratura più autentica si rifaccia a quel personale che a volte è solo un abbaglio, un principio lungo la strada della finzione.

Elisa Ruotolo, di queste scrittrici italiane, di questi scrittori che utilizzano più canoni, è una creatura anomala nel panorama nazionale.

Un’anomalia è un principio innegabile di diffidenza, si inizia da un’anomalia, la si riconosce, si fa un passo indietro per poi girare lo sguardo ad altro che ci rassicuri di più. I libri fabbricano e sono artefici di quel sostegno quotidiano, sono il torpore che rimane sempre presente e sveglio ma che consolida in noi un certo tipo di affidabilità, di fiducia nei confronti del nostro essere.

Il suo libro, la sua nuova opera si chiama Quel Luogo a me proibito edito da Feltrinelli. E a proposito di quell’autentico di cui si parlava prima anticipando l’opera, sembra innegabile trovarci dentro una prima persona singolare: Un Io che a lungo termine sfianca, deteriora, rinasce, si spegne, una soggettività che cerca la rivoluzione per lo più incompiuta, per poi ritornare alla base, regredisce per poi trovare spessore nelle sue ulteriori sconfitte, un pronome personale che non si mistifica mai, che resta concentrato sempre su stesso, per accusare quel colpo madornale con quella che noi chiamiamo verità, o le verità al plurale.

Noi lettori allora che confidiamo sempre, che ci approcciamo a un materiale letterario che moltiplichi le nostre sicurezze, che insomma non ci invada troppo, dobbiamo accettare Quel luogo a me proibito come una prova non solo per la protagonista, ma anche per noi che abitiamo la lettura e quelle parole.

Quel luogo a me proibito è una confessione che non finisce mai di spegnersi neanche nelle ultime righe, è un’opera di recupero quando a noi stessi costa molto scrivere della nostra vita per salvarci.

L’ultima opera di Elisa Ruotolo racconta un processo vertiginoso, dove il giudice, l’avvocato e i testimoni risiedono tutti entro la stessa dimora, la protagonista-scrittrice-donna quindi io narrante trinitario, corpo soprattutto che scala montagne del suo essere, che crivella grotte nelle falesie, nelle coste del suo animo.

La protagonista è una donna che non ha conosciuto quel sesso elevato alla seconda all’età di quarant’anni, quella fisicità che comprime due idee in una, sesso e amore, accostamento e appartenenza. Che ha un corpo quindi che non ha bisogno di un’iniziazione insignificante che sta alla base della carne e della fame, ma che sovraffollato di tempo e di vita devoluta ad una certa educazione, è responsabile della velenosità delle proprie perdite: della riconoscenza e della conoscenza che non conosce.

E che cosa significa conoscersi e riconoscere se non amare?

La protagonista di Elisa Ruotolo, la scrittrice stessa, la donna qualunque, ha bisogno di calore. E il corpo ha quel potere di essere termoregolatore per se stessi e per chi ci sta vicino. La protagonista di Quel luogo a me proibito non conosce la padronanza della sua temperatura, non è temperata, non è temprata all’esperienza che riscalda. Elisa Ruotolo nel suo libro, non ha un corpo che è una gabbia, non ha manie da affibbiare al suo corpo, non esercita manifestazioni, non lo indossa, semplicemente non lo conosce. Non è un oggetto, è solo un presentimento, una camera a parte, quel letto d’amore e di occasioni perse.

Quel luogo a me proibito non è un libro di bondage, non è un libro di bonsai, di cultura orientale. Non è un libro su cosa chiedere e ricevere dal sesso, è il libro sull’inesperienza di amare, sull’inesperienza di comunione con l’altro. E’ un libro su una donna, come ce ne sono tante, che accusa colpi regressi alla base della sua famiglia, della sua identità come personaggio che si muove in un gruppo familiare. Elisa Ruotolo è donna che prova vergogna, senso di colpa, sete di amore, ancora di più, prima di essere donna, prima di essere scrittrice, prima di essere personaggio, prima di essere bambina educata da un contesto e da una terra paleolitici, prima di essere archeologa del suo corpo e della sua ricezione, prima di perpetrare un’impresa legale schizofrenica con il suo cuore, è un corpo che ha bisogno di essere riempito. Corpo svuotato e illuminato dalla luce bianca dell’oscenità che fa riemergere tutto, dove la letteratura e l’amore per le pagine non hanno potuto con le idee e le poesie, dove l’autoerotismo è riuscito solo senza mani in quel terreno impervio.

Corpo dove c’è la speranza che un chirurgo cardio-emozionale come Andrea, la metta a conoscenza del suo tempio di sangue e carne. Andrea, più grande di lei, grande primo amore dei suoi quaranta e passa anni, quasi rozzo e meno sofisticato di quel miele posticcio e mediocre che ha fabbricato la famiglia della protagonista artigianalmente e con mezzi sbagliati allontanando dalla propria figlia il tatto e il gusto di un’esistenza devoluta all’origine di ogni cosa per le cose belle e quel sentimento sacro intriso di nostalgia; libero è Andrea, che è stato indottrinato al sesso tramite la sua sfrenata libertà e la sua educazione familiare (perché tutto proviene da ciò che ci hanno insegnato ad essere e ciò che siamo diventati per colpa d’altri inconsapevolmente), libero dall’orripilante senso di colpa della bellezza che è prima di tutto peccato e poi sbandamento dalla rettitudine.

Riuscirà quindi, quest’esistenza femminile, Elisa Ruotolo, Quel luogo proibito che è il libro, quella protagonista, quel tutt’uno che si muove senza nascere, che si muove nel femmineo senza riconoscere il proprio potere, senza riconoscere la propria natura prima ancora del suo pronome femminile che racconta e si frena? Riuscirà quell’emblema prima di muoversi come carne a conoscere la propria postura di corpo? Prima di riconoscersi donna e sesso e amore e erotismo grazie ad Andrea?

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.