Sara, Gianciotto e le mani della pioggia

by Enrico Ciccarelli

Questa non sarà una recensione, e forse nemmeno un resoconto. È una piccola narrazione di quanto mi è successo, recandomi sabato 16 novembre da Ubik a Foggia ad ascoltare la bravissima Anna Langone che conduceva l’incontro con Vladimir Luxuria e Isabella Russo, che avrebbe riguardato il libro Con tutto l’amore che so, da poco uscito per i tipi di Terrasanta Editore.

Ne è autrice, apprendo dal comunicato del solerte Alessandro Galano, una ragazzina di quattordici anni di Cerignola, una tale Angela Sara Ciafardoni. I miei sensori di vecchio acido si impennano: da Ricomincio da tre in poi coltivo una sana avversione per i bimbi prodigio, quasi sempre esibiti come scimmie sapienti e poi dimenticati nella loro ordinaria età adulta.

Quando poi apprendo che si tratta di un’adolescente imprigionata da anni nel suo letto a causa di una malattia rara, i sensori salgono a defcon 3, in una sorta di preallarme nucleare: mi aspetta una festa dei buoni sentimenti, uno di quei lavacri penitenziali con i quali fingiamo all’unisono di deplorare la giovinezza colpita dalla sfortuna, ci laviamo la coscienza con poca spesa e torniamo subito dopo a impiparcene?

La prospettiva del rito buonista è resa più concreta e terrorizzante dalla presenza di Vladi Luxuria, che è certamente una gran donna e una grande persona, ma è anche un’ospite adusa ai salottini televisivi, con tanto di gossip perfido e lacrimuccia d’ordinanza.

È quindi con pochissimo entusiasmo che prendo posto nell’affollata saletta di Ubik e prendo questo snello libretto dalla copertina rigida e policroma con un’immagine che –mi si dirà poi- è una fuga di capelli neri sparsi e mani policrome creati come “tela” per instagram dalla giovane autrice.

La presentazione

Autrice che si materializza in audio durante la telefonata che le fa Anna Langone (bravissima, l’ho già detto?) con la precisa vocina di adolescente educata, con tutto un eloquio di personcina ammodo e il giusto corredo di trattenuti risolini di imbarazzo. Un coraggio e una serenità (stato che lei dice di preferire alla felicità) davvero imbarazzanti, che mi spinge fin quasi all’ostilità, se penso che a me basta una sciatalgia per essere infuriato con il mondo intero.

Poi Luxuria dice cose inconsuete sul modo in cui è venuta in rapporto con quest’artista. Artista, sì: perché prima che la malattia la costringesse a smettere suonava fra l’altro diversi strumenti, e divora libri come fossero omogeneizzati, e dorme poco e tiene un blog.

Ad attirare la curiosità di Luxuria è proprio la recensione del suo libro che Sara fa sul proprio blog. La bambina vorrebbe incontrare la scrittrice star della tv, e lei, siccome è Vladimir Luxuria e non una sciacquetta qualsiasi da piccolo schermo, acconsente a incontrarla andando a casa sua.

Se ne innamora, e Sara si innamora di lei al modo totale e ingenuo degli adolescenti (in quel momento, se ho capito bene, ha dodici anni). Comincia un rapporto intenso e stranissimo, fra la donna di successo che gira il mondo e la ragazza di periferia dai grandi sogni inchiodata in un letto. Vladi diventa il suo mentore, fa leggere le cose che scrive alla sua competentissima editor, e si arriva alla pubblicazione di questo Con tutto l’amore che so.

Fin qui siamo in una specie di Cuore ambientato a Beverly Hills. La diffidenza iniziale si è stemperata, ma resta forte.

Perché c’è sempre il rischio che l’incartapecorito mondo degli adulti voglia specchiarsi nella pulita inesperienza del mondo propria di una tredicenne, che voglia farne il bagno lustrale dei suoi peccati e delle sue aridità. La competentissima editor ci dice che il libro racconta una bellissima storia d’amore tra Sofi e Alan, e l’ombra inquietante di Federico Moccia torna a stagliarsi sulle pareti della sala. Ma poi…

Poi prende la parola Isabella Russo. Che non è una persona nota, non è un editor, non è uno scrittore. È la mamma di Sara, ed è –come penso sia lei- uno scricciolo minuto che sembra non levarsi da terra, con una vocina piccola piccola, un sorriso timidissimo e una luce indomabile negli occhi neri.

Mi piacerebbe sapervi ripetere le cose bellissime che ha detto: sulla sua vita, sulla sua malattia (la gravidanza che ha portato a Sara l’ha vissuta combattendo contro il tumore), sul libro che va presentando nei luoghi privi di librerie, sulla storia della vecchina e dell’anello…

Ma dovrete accontentarvi del fatto che, quando questa donna ha cominciato a parlare, tutto è tornato al suo posto. Nessuna creatura aliena, nessun enfant prodige, nessun circo dell’ipocrisia.

Ho capito che con quella madre, con quella famiglia (la sorella grande ha tinto i suoi capelli di nero per assomigliare a Sara), non solo non era strano, ma era inevitabile che lei fosse così fuori dal comune, così attraversata da passioni felici e feconde, così intelligente.

La strana malia di quelle parole si moltiplicava e si accresceva in quelle –tenerissime- di Luxuria, della dirigente della scuola a cui Sara è iscritta con profitto, ai suoi medici che hanno scelto il suo libro come bomboniera di nozze, e agli altri che in platea annuivano o commentavano sottovoce.

Ormai il buonismo mi stringeva da presso: restava solo l’ultima prova, l’ultima via d’uscita: il libro. Sono quasi lieto di poter dire che “Con tutto l’amore che so” non è un capolavoro: per alcuni evitabili stilemi di maniera, per qualche eccesso di inesperienza. Ma è un’opera prima di gran pregio, con una consapevolezza e una maturità stilistica davvero sorprendenti.

Un libro gradevole, ma attraversato da tensioni sottili, che a mio parere ne sono il meglio. Come ad esempio quando, con tono apparentemente svagato e quasi giocoso, parla degli “amanti perfetti”, Paolo Malatesta e Francesca da Rimini (che non per caso il Poeta congiunge idealmente a Lancillotto e Ginevra, altri amanti esemplari) ma considera con pietà e indulgenza lo sciancato Gianciotto. L’assassino, il brutto, il mostro.

Sciancato. Tradito dal suo corpo e dalle sue fattezze come Sara è stata tradita dal suo, come dal suo Vladimir è stata beffata. Gianciotto è schiavo della sua “deformità”, mentre Luxuria ne ha trionfato e Sara combatte per superarla, insieme agli spettri della condanna inesorabile che porta ogni adolescente a credersi brutta senza rimedio.

Sicché si comprende come la levigata apparenza della serenità obbediente e devota celi un travaglio e un tumulto di impressionante potenza e raffinatezza. Si comprende come la fede profondissima di questa quasi bambina sia probabilmente nutrita di un dialogo forte e a tratti impertinente con il Creatore.

Lo immagino ispirato alla Piccola Via di Santa Teresa del Bambin Gesù. Un dialogo da figlia a Padre, colmo di tenerezza, ma non privo di asperità (Santa Teresa scriveva molto peggio di Sara, ma questo non ha impedito a Papa Wojtyla di proclamarla dottore della Chiesa – è l’unica donna con Caterina da Siena).

E così queste righe stampate, queste immagini da usare in instagram, questo viso celato che si palesa come una dolce treccia nera, finiscono per diventare i versi meravigliosi di Cummings:

“Il tuo più tenue sguardo facilmente mi aprirà

benché abbia chiuso me stesso come dita,

sempre mi apri petalo per petalo come la Primavera fa

(sfiorando abilmente, misteriosamente) la sua prima rosa.”

Cara Sara, “nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani.”

Così si sono aperti i lucchetti del mio malumore inaridito, e ho permesso che i miei occhi si aprissero alle lacrime, all’emozione, all’insensato desiderio di esclamare Dio sia lodato!, come fa chi assiste a un prodigio.

Penso che farò causa a Ubik per danno biologico e d’immagine (non si tengono incontri così commoventi senza un congruo preavviso!), e che divorerò ogni sillaba che questa creatura degna di invidia vergherà in futuro. Grazie a nome di noi Gianciotti. Ora mi taccio, prima che per danno biologico mi facciano causa gli esigui lettori che si sono sorbiti questa sterminata articolessa. A bientôt.

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