Si vede che non era destino, Daniele Petruccioli espone e umanizza le fragilità di Maria, la madre esclusa dalla Trinità

by Giorgia Ruggiero

Se c’è una donna che ha modellato le redini della cultura occidentale, quella è Maria – la Maria più famosa di tutte – la madre di Gesù. Eppure di questa donna, malgrado la sua influenza epocale, sappiamo molto poco. Paradosso figlio della Storia: come spesso accade – di fatto – le grandi donne, seppur siano grandi, sono vittime di un’ombra colossale sulle loro imprese, perché prima di loro e dei loro passi ci sono sempre quelli dei grandi uomini che hanno accompagnato. Maria è esclusa anche dal padre, figlio, e spirito santo. E la madre?

Daniele Petruccioli, attore e traduttore, dà spazio alla luce trascurata di Maria, al suo io, come se le stesse dando modo di spiegarsi, di sentirsi parte delle narrazioni religiose, attraverso un libro del tutto laico: Si vede che non era destino.

Era difficilissimo non risultare dissacrante, tuttavia Petruccioli riesce nell’impresa, pur riportando sulla terra e umanizzando una santa.

È proprio questo il motore della potenza di questo libro: esporre la fragilità, l’umanità di Maria. Sentire che la mamma dell’uomo più grande di tutti i tempi ha dolori e drammi contemporanei alle nostre vite, è effettivamente un istantaneo modo di darle ascolto, di empatizzare con lei.

Ed è inevitabile, perché in Si vede che non era destino Maria si racconta sin da bambina: è già da quell’infanzia poco placida che inizia ad aver contezza di non essere come gli altri, di vedere cose che gli altri non vedono. Sono solo i sintomi di quello che già portava nel nome, nel grembo, sul viso: è il destino. Nel libro si chiama Argento. Maria, sin da piccola, a volte si addormenta e piomba in questo mondo diverso che è fatto di bambini, di pace – appunto – d’argento.

Ti senti un po’ sbagliata, un po’ malata, se vedi cose che vedi solo tu e gli altri no, e che ti sembrano più vere delle cose che vedono tutti gli altri. Mi piacerebbe tanto essere come tutti gli altri. Ma si vede che non era destino.”

È con quest’argento che continuerà a confrontarsi per il resto del viaggio, anche dopo aver fatto i conti con la perdita dell’amore della sua vita, Giuseppe, un uomo buono e comprensivo. Soprattutto nei confronti di Ieshua, Gesù.

È ribelle, Ieshua, si mette contro i sacerdoti, contro i poteri: Maria lo sa di avergli donato inconsapevolmente la stessa sensibilità che l’aveva caratterizzata per tutta la sua infanzia, le sue voci, i bambini, l’argento.

Lo comprende poco, ma ascolta i suoi silenzi. Perché lo ama, è suo figlio. Spererà che non sia lui sulla croce, ma il mondo Ieshua voleva cambiarlo.

Maria è umana, e persino la scena del parto, mai raccontata da nessuna parte nella sua sofferenza, la umanizza fino allo sfinimento, dà finalmente senso alla citazione frutto del suo seno, perché adesso la vediamo, la sentiamo, quella madre.

È già mio figlio. Sono tutti, siete tutti figli miei.”

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