Siamo ormai alienati dalle predizioni dell’Uguale e dai “sogni” degli algoritmi?

by Antonella Soccio
algoritmi

Meglio postare la domenica o il mercoledì? Meglio avere tanti like o un engagement a doppia cifra? Quali sono gli orari per più performative reactions? Conta arrivare prima o arrivare meglio? Dare di più o entrare prima nel flusso?

Alzi la mano chi nella propria impresa, nella propria attività commerciale o sociale non ragioni inseguendo le ragioni degli algoritmi. Peccato che questi siano sconosciuti, se non bizzarri e caotici.

Sono almeno quattro i libri che tentano di ordinare il nuovo oltremondo gamificato: “Che cosa sognano gli algoritmi. Le nostre vite al tempo dei big data” di Dominique Cardon edito da Mondadori, “La grande alienazione” di Lelio Demichelis di Jaca Book, “I nuovi poteri forti” di Franklin Foer finalista del Premio Tiziano Terzani edito da Longanesi e “La siliconizzazione del mondo” di Eric Sadin di Einaudi.

Quattro libri diversi per comprendere i vezzi e le accuse rivolte agli algoritmi, a cui si imputa di deformare, tradire o censurare la rappresentazione “vera” o “neutra” della realtà.

Il sociologo francese espone brillantemente dei concetti che ormai sono quasi scontati, interiorizzati nella vita comune e quotidiana on line.

Gli algoritmi si nutrono di quattro valori per categorizzare la realtà: la popolarità, l’autorevolezza, la reputazione e la predizione. Click, link, likes e tracce.

E corrispondono ad Analytics, PageRank, numero di amici facebook, retweet e raccomandazioni. Il tutto per ottenere dei voti, delle classifiche meritocratiche, dei benchmark e dei machine learning.

Il segreto di come funzionano gli algoritmi viene mantenuto bene. Più gli individui sono trasparenti, più coloro che li osservano sono opachi. I grandi attori del web proteggono gelosamente la proprietà commerciale della ricetta dei loro algoritmi, con il pretesto che renderla pubblica faciliterebbe la vita di quelli che cercano di truccarli.

Nel libro si torna a concetti ampiamente teorizzati dal filosofo Byung-Chul Han e al suo Uguale. Gli algoritmi fanno sognare mondi prevedibili, predizioni al ribasso, cose che son già piaciute e che son piaciute ad altri prima di noi che hanno percorso quella stessa cronologia di click. Il medium digitale agisce sotto il livello della decisione cosciente, modifica in modo decisivo il comportamento.

Mai gli algoritmi porteranno l’internauta secondo Cardon davanti a scenari non ipotizzabili e che sconvolgono.

Ma c’è di più, secondo il sociologo tedesco Hartmut Rosa l’accelerazione delle vite web porterebbe ad una alienazione di marxista memoria. Per altri è meglio parlare di privazione. La presenza continua on line, insieme all’autosfruttamento, comporta anche una sottrazione del nostro esserci col corpo. “Una privazione della presenza, sensoriale e corporea”, secondo gli analisti junghiani.

Al minor corpo che sceglie coincide un futuro dell’internauta che viene predetto grazie al passaggio di coloro che gli assomigliano. I big data catalogano per noi quello che sicuramente ci piacerà, sceglieremo e vivremo.

Ma senza più caso non siamo destinati ad alienarci dalla nostra stessa vita?

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