Un sorriso per rinascere: la testimonianza di Manuel Bortuzzo

by Felice Sblendorio

Quanti sono dodici millimetri? Quanti? Cosa possono cambiare dodici millimetri? Nulla, verrebbe da dire su due piedi. Tutto se si legge il toccante e semplice memoir di Manuel Bortuzzo,Rinascere. L’anno in cui ho ricominciato a vincere(Rizzoli, 176 pagine, 17 euro). Dodici millimetri dalla morte e la fortuna: sono i due antipodi che mi rimbalzano nella testa nell’ora di lettura di questo libro.

Per questa storia basta il caso a scriverla, ma il caso scrive solo, non risolve nulla. Era il 2 febbraio del 2019: un sabato qualunque. Un sabato che per Manuel, una giovane promessa del nuoto che si allenava al Centro Federale di Ostia con campioni del calibro di Gabriele Detti e Gregorio Paltrinieri, significa solamente una cosa: libertà. Dopo una settimana di allenamenti, quel giorno significava finalmente poche ore di relax e spensieratezza. Il sabato, da sempre, era così: una consuetudine. Tranne quel giorno. Il pomeriggio in un centro commerciale per comprare qualcosa di elegante da mettere in serata a una festa. Alcune volte non si può proprio sfigurare, e quella sera era proprio uno di quei casi. Camicia stirata, cintura comprata all’ultimo minuto e via: festa, divertimento, in sottofondo c’è Renato Zero che canta “I migliori anni della nostra vita”: più di una previsione. Usciti dalla festa, Manuel e la sua fidanzata Martina decidono di prolungare “quella notte” con un semplice giro in un locale tranquillo della zona. Destino vuole che quella sera fosse chiuso. Primo cambio. Direzione Irish Pub, nelle vicinanze. Il clima, però, è incandescente, tipico di quella confusione e di quel panico che si crea dopo una rissa, quando non sai cosa è successo e lo sguardo è limitato, parziale. I due ragazzi e alcuni amici capiscono subito che non è cosa e così, senza dubbi, escono. Meglio stare al sicuro, pensano.

Non sarà così: pochi passi, direzione macchina. Secondo cambio. Nessuno dei due fuma ma quella sera, per ingannare il tempo che come un tiranno costringe alla casualità tuto quello che di inspiegabile avverrà dopo, si fermano a un distributore. Cominciano i soliti rituali: tessera sanitaria, soldi. Quelle sigarette, però, non usciranno mai dal distributore perché un motorino si avvicina a Manuel e fa fuoco: “Figlio di puttana”, urlano scappando via nella notte di Roma che non perdona nulla, neanche uno scambio di persona.

Le immagini che raccontano quella notte sono note. Manuel cade fulmineamente in secondo. Ci sarebbe poco da fare e dire e, invece, questa testimonianza scritta e appena uscita nelle librerie dice molto, soprattutto della fortuna: una fortuna crudele, che ha sfidato la morte.

“Se mi avesse colpito dodici millimetri più in basso avrebbe beccato l’arteria addominale e in ospedale non ci sarei nemmeno arrivato, sarei morto nel giro di novanta secondi. Per fortuna (lo so, fa strano dirlo, ma la verità è che sì, nella sfiga più assoluta sono stato fortunato) ha rotto le costole e bucato il polmone, attutendo la sua forza. Un centimetro e poco più. Come in gara bastano dodici millesimi per mandarti alle Olimpiadi o farti vincere un mondiale, quella notte quei dodici millimetri hanno fatto la differenza tra esserci e non esserci più”.

Il resto lo scopriamo da queste pagine: ciò che era prima di “quella notte” e il dopo, come tutti i traumi che segnano una divisione fra quello che non potrà più essere e quello che ancora c’è, ancora vive.

La storia di Manuel ha rapito emotivamente un Paese intero. Ha interrogato ancora, se davvero ce ne fosse bisogno, su come sia beffardo e cinico il caso, il destino. Ci ha emozionati quando l’abbiamo visto pochi mesi dopo l’incidente in vasca, in quella distesa piatta di acqua azzurra che ora Manuel racconta essere la sua vita. Ci ha spiazzati tutti quando abbiamo visto un ventenne, una promessa del nuoto, sorridere. Dopo l’orrore un sorriso, qualcosa di luminoso che apre al futuro, alla speranza. In un tempo rancoroso per il nulla o per delle sciocchezze, un giorno un ragazzo ci ha insegnato che nessuna battaglia è persa e che non serve a nulla maledire nessuno, neanche chi ti ha ridotto in quelle condizioni, perché l’odio e il rancore sono sentimenti passivi, anodini. Sembrerebbe scontato e razionale, ma alla prova della vita nulla è razionale, nulla è automatico.

Con quel suo sorriso Manuel Bortuzzo è rinato guardando ai lati positivi di questa folle e tragica vicenda. Nonostante i momenti difficili e disperati che non nasconde in questo lungo racconto, il giovane sportivo non ha prestato il fianco alla vittimizzazione della sua figura ma si è proposto come il simbolo di una rinascita e di un respiro più sereno e positivo sulla vita. Nonostante l’assurdo e il dolore – sembra volerci dire in questo libro – c’è ancora una vita, che è una somma di piccole cose come preparare lo zaino, metterci dentro una cuffia, gli occhialini e il costume, ricordandosi che siamo tutti i limiti che superiamo e tutti i sentimenti con cui attraversiamo il dolore e il nostro umano bardo.

“Ciò che conta è che ho imparato quanto vale la pena piangere, soffrire, sacrificarsi, pur di raggiungere un risultato a cui teniamo, perché la soddisfazione ripaga di tutta la fatica fatta. Ho conosciuto l’abisso della disperazione, e ne sono venuto fuori, ora posso dirlo, sulle mie gambe. L’unica strada che conosco per rinascere”.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.