“Viviamo in una tirannia del presente” Javier Cercas racconta Terra Alta

by Agnese Lieggi

Javier Cercas, presenterà in diretta streaming Terra Alta (edizioni Guanda, traduzione a cura di Buono Arpaia), all’edizione 2020 del Lectorinfabula european cultural festival, sabato 26 settembre alle ore 19:00 presso la Chiesa di Santa Chiara  a Conversano. L’evento sarà condotto da Oscar Buonamano, interverrà Bruno Arpaia, potrà essere seguito dal vivo previa registrazione, fino ad esaurimento posti, e verrà trasmesso in diretta su Facebook e Youtube.

Il Lectorinfabula, si svolge ogni anno a settembre, nel centro storico di Conversano e rappresenta un evento culturale unico nel suo genere, ha l’obiettivo di approfondire, creando un dialogo attivo, i maggiori temi di politica, cultura, economia, scienza, società della contemporaneità. Quest’anno l’edizione sarà diversa dalle altre, convivranno due modalità nuove e assolutamente tutte da scoprire (digitale e presenziale) al fine di permettere la diffusione dei contenuti soprattutto nel rispetto delle normative di prevenzione e distanziamento sociale attualmente in vigore.

Abbiamo l’occasione di dialogare direttamente con Javier Cercas, uno dei più originali scrittori spagnoli. Originario dell’Estremadura, vive a Barcellona, ha fondato la sua fama letteraria con Soldati di Salamina (Premio Grinzane Cavour 2003, tradotto  in più di trenta lingue), Anatomia di un istante o L’impostore. Recentemente ha pubblicato Terra Alta, un noir che racconta di un crimine efferato che sconvolge la quiete di una cittadina della Catalogna e che vede come protagonista un giovane poliziotto Melchor Marín, con un passato oscuro alle spalle…

Javier, in cosa differisce Terra Alta con la tessitura narrativa del suo passato letterario?

Terra Alta credo sia una sorta di rottura con il mio passato letterario e al tempo stesso non lo è. È un libro che viene fuori da una necessità, da una urgenza di rinnovazione e reinvenzione personale e letteraria.

Quando ho finito il mio ultimo libro Il Sovrano delle ombre, un libro molto importante sull’incubo della mia famiglia, ovvero sulla storia di un giovane falangista, fascista che è morì durante la guerra, è stato come aver chiuso un epoca letteraria iniziata con i Soldati di Salamina, la fine di una forma di scrivere, una esplorazione nata proprio con questo libro, come per esempio la presenza della storia e la contaminazione dei generi. Quando ho terminato la scrittura di Il Sovrano delle ombre, avevo la sensazione che se avessi continuato in quella direzione avrei potuto ripetermi, e sarei potuto diventare un imitatore di me stesso, quindi morto perché non avrei potuto dire cose nuove.

Terra Alta, quindi, è stato il risultato di questa volontà di dire cose nuove, molto diverso ma radicalmente fedele al passato. È un giallo (anche i libri precedenti erano una sorta di thriller), un genere che io amo immensamente a partire dal Don Chisciotte, libri che prevedono un enigma e la necessità di decifrarlo. Infatti in Terra Alta, il noir appare in forma più visibile, perché nella prima pagina c’è un poliziotto, protagonista del libro, che scopre un crimine terribile, atroce, dove il passato e la storia non sono apparentemente importanti, ma lo sono comunque poiché il passato ha valore come dimensione del presente. Fra gli elementi fondanti del libro spicca l’eroismo, una sorta di epica, in cui è centrale la giustizia e la legittimità della vendetta, valori mai approfonditi nei miei libri precedenti. La particolarità di Terra Alta è questa miscela fra novità e fedeltà, ma soprattutto sento di aver aperto un territorio letterario nuovo che sento di colonizzare.

Terra Alta racconta la vertigine del genere umano, come nasce il personaggio principale nel suo cuore e nella sua penna?

Potrei rispondere come Flaubert e dirti: “Madame Bovary c’est moi” e dirti Melchor Marín sono io, ma la sua vita è stata molto più dura della mia. Lui è nato in una zona terribile molto povera di Barcellona, figlio di una puttana, non conosce suo padre, ma lui nasce da me, la sua furia è anche la mia, la sua sete di giustizia è la mia, il suo dolore è il mio dolore, in questo senso tutti i romanzi sono autobiografici. L’autore non racconta la sua vita ma i personaggi nascono dalle zone più profonde e più oscure dell’autore, in questo caso da zone di me che neanche io conoscevo.

Un giorno uscendo dal lavoro, mi è venuta in mente una frase che è l’incipit del secondo capitolo, per me qui risiede tutto il libro:

 “Se llamaba Melchor porque la primera vez que su madre lo vio, recién salido de su vientre y chorreando sangre, exclamó entre sollozos de júbilo que parecía un rey mago. Su madre se llamaba Rosario y era puta”.

In questa frase per me c’è la musica nuova del libro. Fra le novità c’è l’uso della terza persona che in passato non ho utilizzato quasi mai, anzi i  personaggi del passato erano tutti costruiti  in prima persona e molto spesso si chiamavano come me Javier Cercas.

Non lo definirei un libro della crisi Catalana del 2018, se ne parla solo in una frase, ma è stato il suo il carburante, la crisi Catalana ha cambiato completamente la mia vita, per me vivere in una atmosfera pre-bellica è stata una grande rivoluzione. Quello che è un bene nella vita non è un bene per la letteratura, ma ciò che nella vita è drammatico è ottimo per la letteratura e per noi che scriviamo romanzi la disgrazia, la crisi e il dolore sono il nostro nutrimento.

Quanto al tema del suo intervento del 26 settembre al Lectorinfabula european cultural festival, potrebbe raccontarci quanto passato sopravvive nel presente?

Rappresenta il tema essenziale dei miei libri e quindi anche in Terra Alta. Viviamo in una sorta di tirannia del presente ed è uno dei tratti essenziali del nostro tempo, una situazione provocata in un certo senso dal potrete straordinario e sempre più crescente dei media. Per i media il presente è soltanto oggi, questo momento, quello che accade al mattino è già passato e quello che è accaduto due settimane fa è preistoria. In pochi si interessano a questo passato, invece il passato è una dimensione del presente, senza di esso il presente stesso sarebbe mutilato. Come dice William Faulkener “The past is never dead It’s not even past”, senza il passato non si può capire il presente, i miei libri in questo senso sono una battaglia contro la tirannia del presente.

Grazie infinite Javier per la tua disponibilità!

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