Vora di Mara Venuto, la poesia come testimonianza di una voragine d’angoscia che matura nel tempo

by Giorgia Ruggiero

Non c’è niente di più puro per uno scrittore, che partorire una poesia.

E spesso è difficile che questa arrivi a chi legge, che gratti nel punto in cui deve, per far sprigionare una verità che faccia pensare di non esser soli a provare certe cose nel mondo, e soprattutto di non essere da soli a guardarle, a fare un giro intorno a loro per vederle da ogni prospettiva. Quasi studiarle con una certa spontanea e naturale meticolosità.

Potremmo dire questo di  Vora, silloge di Mara Venuto: uno studio di osservazione delle cose di cui nessuno si accorge. Vengono tutte dall’oltre di una vora, che in dialetto significa voragine.

Un buco da attraversare, che come scritto nella prefazione di Giovanni Laera, è quasi una dimensione altra in cui la Venuto si trova mentre scrive, quella delle cose marcite, della vita che rimane indietro, dei cani lasciati a soffrire.

È forse la dimensione che ignoriamo: quella della vita vera, perché costruita sulla miseria, a cui pure non diamo ascolto.

Vora, con un clima di meditazione, la racconta, convalidando la tradizione: solo i poeti la vedono. Gli altri non hanno la forza necessaria, abituati ad uno sguardo che non vede.

“Dare le spalle al passato, agli inceneritori

allo sporco dei marciapiedi che soffoca i rumori.

Mi fermo alla voce delle chiese,

un vuoto in cui accogliere la verità e non tradire”

È questo l’infinito tentativo degli occhi di chi scrive, dare le spalle al passato pur non perdendo di vista l’occasione che rimane dopo averlo superato, gli occhi nuovi che dà in dono. Occhi nuovi e pure obbligati a non smettere di guardare né l’orrore né la bellezza.

Forzati dal senso di colpa di una vita intera, delle rabbie e dalla prova a salvarsi da sé stessi, dalla cronologia dei propri passi:

“Salvarsi la vita

dall’angoscia di trovarci grandi”

Ed infatti la poesia di Mara Venuto è la testimonianza di un’angoscia che matura nel tempo, una voce che cammina dal lato opposto della strada e più non cede ai ricordi, alla giovinezza. Una voce che di fatto regala il dono inestimabile di conoscere le cose che non vediamo, quelle di cui abbiamo paura.

Quelle dentro e oltre le vore.

Che ci ricordano di tutti i passi.

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