Addio al soprano Jessye Norman, ultima Isotta di Karajan

by Fabrizio Simone

Si è spento a 74 anni, presso il Mount Sinai St. Luke Hospital di New York (lo stesso in cui arrivò morente John Lennon, ferito al cuore dal venticinquenne Mark David Chapman), il celebre soprano americano Jessye Norman. La causa della morte è da ricercare in una serie di complicazioni legate ad una lesione al midollo spinale risalente a quattro anni fa.

Jessye Norman ha segnato per più di 40 anni la scena musicale internazionale regalando performances passate alla storia. Nessuno potrà mai dimenticare la sua partecipazione, nel 1987, al concerto wagneriano del Festival di Salisburgo: il 15 agosto 1987 il soprano afroamericano interpretò Mild und leise (il celebre quanto mortifero Liebestod) dal Tristano e Isotta di Richard Wagner, accompagnata dai Wiener Philharmoniker sotto la direzione dell’anziano e debilitato Karajan – sei mesi prima aveva diretto il suo primo ed unico Concerto di Capodanno viennese con musiche della sola famiglia Strauss, nonostante l’artrosi al midollo spinale cercasse di ostacolarlo relegandolo a letto per gran parte della giornata.

Risultato memorabile: sul podio per il miglior Liebestod Maria Callas raggiunge solo il secondo posto. Meritatissimo, per carità. Il primo, però, spetta proprio alla Norman, forse poco consapevole d’aver cambiato per sempre la ricezione e le aspettative di chiunque si accosti alla musica di Wagner, anche per la prima volta. Jessye Norman ha donato al Maestro la sua più bella Morte d’Isotta. Irripetibile. Per noi e per Karajan, che morirà dopo due anni e non eseguirà più (ma neanche sceglierà di incidere nuovamente) il Liebestod, consapevole dell’unicità dell’interpretazione della Norman e dell’estremo dono ricevuto.

Ma Jessye Norman non si accontentò d’essere l’ultima Isotta di Herbert von Karajan (seppure per la sola aria finale del capolavoro che ha ispirato il dannunziano Trionfo della morte). Decise, infatti, di impegnarsi attivamente nella riabilitazione della figura di Hector Berlioz (sopravviveva all’oblio grazie alla fondamentale Sinfonia fantastica, ad una manciata di ouvertures da concerto e alla visionaria Damnation de Faust) risultando una delle protagoniste della Berlioz renaissance.

Estremamente potente e allucinata la sua Cassandra – che muore insieme ad uno stuolo di donne troiane accasciandosi sull’altare subito dopo il sacrificio a Cibele – nei Troiani per il MET di New York accanto a Placido Domingo (Enea) nel 1983 e nei successivi allestimenti; assolutamente ispirata nella Morte di Cleopatra (che da troppo richiedeva d’essere nuovamente incisa), ma è nel ciclo de Le nuits d’eté che la Norman rivela la piena totalità alla poetica di Berlioz (anche se la registrazione di Janet Baker rimane tuttora un punto di riferimento imprescindibile). Con Riccardo Muti tenterà un’operazione riuscitissima: l’incisione del Romeo e Giulietta è tra le migliori in circolazione.

L’amore per la Francia la porterà ancora ad incidere Offenbach (una stupenda Belle Hélene con Michel Plassoone un magnifico Les contes d’Hoffmann con il duetto Belle nuit, o nuit d’amour riconoscibile per il suo timbro scuro e penetrante), Ravel (Sheherazade e altre melodie da concerto) senza trascurare il più contemporaneo Poulenc e un’esibizione per il bicentenario della Rivoluzione francese durante il quale cantò La Marsigliese indossando un vestitone (l’obesità l’accompagnò per tutta la vita) con i colori della bandiera francese.

Wagneriana convinta, non esitò ad accostarsi a Verdi (si dedicò all’Aida e al Requiem) ottenendo unanimi riconoscimenti dalla critica. Non le rimase che concentrarsi sugli spirituals e sulla musica sacra, con alcune incursioni recenti nel jazz. Felici anche queste. Preziosa e imponente la discografia. Più di 80 dischi per una carriera che ha privilegiato i recital agli allestimenti operistici.

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