Calcutta, l’antidivo entrato nel cuore di due generazioni

by Claudio Botta

Un disco uscito soltanto il 20 ottobre scorso, senza testi allegati nella versione fisica, le dieci tracce eseguite in concerto cantate dal pubblico a squarciagola dalla prima all’ultima strofa: basta questo per capire l’impatto che Edoardo D’Erme, in arte Calcutta, sta avendo non solo sul panorama musicale italiano, ma anche sulla sua generazione sospesa tra speranze e disillusioni (è nato nel 1989) e sugli adolescenti che hanno trovato un anti-idolo nel quale riconoscersi e aggrapparsi. Una splendida eccezione, in quest’epoca di (orribile) musica liquida, un esercito di autori -sempre gli stessi- per firmare un singolo pezzo, featuring ricorrenti per cercare di unire le forze e allargare la fan base, canzoni usa e getta finalizzate e strutturate alla ricerca di visualizzazioni sulle varie piattaforme e del ritornello ‘performante’ su Tik Tok, necessità di uscite ricorrenti sul mercato per restare a galla.

Il suo precedente lavoro, Evergreen, era uscito nel maggio 2018, un periodo equivalente a un’era geologica: era il disco che aveva definitivamente sdoganato e affermato l’indie, non più fenomeno di nicchia ma vero e proprio it-pop (come avvenne nella seconda metà degli anni Ottanta, quando un giovanissimo Luca Carboni riuscì a raccontare la vita, le fragilità, i sogni dei suoi coetanei con un linguaggio fresco e innovativo, poetico e malinconico), e aveva trascinato una serie di artisti verso il mainstream (ironico titolo del secondo disco di Calcutta, datato 2015, quello che lo ha imposto all’attenzione generale), i palazzetti sold out e non più i piccoli club, le interviste e le copertine, i social media, il successo.

Cinque anni dopo, è cambiato tutto: la bolla sembrava essersi improvvisamente sgonfiata con l’arrivo della pandemia che ha bloccato di fatto per due anni gli spettacoli dal vivo, e poi per il cambiamento dei gusti del pubblico più giovane, la trap dominante anche nelle classifiche di vendita oltre che come stile, e storici cantanti e cantautori spiazzati e in affanno. Ma lui ha continuato a restare nel proprio recinto, nel buen retiro bolognese senza preoccupazione apparente né pressione dalla sua casa discografica (la Bomba Dischi, non esattamente una major). Un singolo (SorrisoMilano Dateo), un altro singolo – bellissimo – per Elisa, Se piovesse il tuo nome, un altro per Ariete (Mare di guai) nell’ultimo Festival di Sanremo, e un lunghissimo silenzio spezzato dall’annuncio di un nuovo tour indoor nel maggio scorso, e i biglietti sono andati esauriti ovunque nel giro di una manciata di ore. E il successivo 12 ottobre l’annuncio di Relax, un capolavoro che dal primissimo ascolto ha fugato ogni dubbio su come sarebbe stato accolto, e ha spinto la critica a lanciarsi in paragoni imbarazzanti ma non più arditi. Il più ingombrante quello con il Lucio Battisti della seconda metà degli anni Settanta, affascinato dall’elettronica, portatore di sonorità modernissime nel ristretto panorama italiano: quell’impronta la si può ritrovare nelle nuove canzoni di Edoardo, insieme alla facilità, in apparente contraddizione con l’ironia e l’originalità, nel rendere popolari nell’accezione più ampia e alta dell’aggettivo le canzoni stesse, e la dimensione live ne è l’incredibile esempio. Mentre gran parte degli artisti devono ‘chiamare’ e sollecitare l’interazione con gli spettatori, in ogni tappa del Relax Tour si ripete sempre lo stesso copione, ed è successo anche al Palaflorio di Bari: si spengono le luci, parte il coro dissacrante e divertente che apre anche il disco, tutti si alzano in piedi e ognuno inizia il proprio, personalissimo concerto, il pubblico protagonista come il cantante, che volentieri spesso alza l’asta del microfono lontano dalle sue labbra per sottolineare la vibrazione e l’emozione collettiva.

Definirlo karaoke sarebbe ingeneroso e irrispettoso dei sentimenti, del trasporto, del mondo interiore di persone totalmente immerse e partecipi di un momento finalmente e soltanto loro (altra contraddizione solo apparente resa possibile solo dalla musica e dalle canzoni e dagli autori destinati a segnare le epoche), così coinvolgente da non apparire nemmeno disturbante. E’ una festa, una celebrazione, un appuntamento immancabile, senza tregue e pause, i pezzi nuovi come Due minuti, Controtempo, Loneliness già diventati dei classici, e i classici come Gaetano, Frosinone, Orgasmo, Del Verde che sembrano novità per contenuti e immagini evocative, il filo sottile del disincanto a legare una scaletta  bene articolata e serrata, “non ero mai finito a letto con una di destra” come “e ho fatto una svastica in centro a Bologna ma era solo per litigare”, una sola breve interruzione di qualche minuto a dividere le due parti, e finale esplosivo con la sequenza Paracetamolo, Pesto e la canzone (da lui definita semplicemente “bella” nella presentazione) più importante -per contenuti- di Relax e probabilmente della sua carriera, Tutti. Un ritratto amarissimo e dolcissimo nel quale è e sarà facile ritrovarsi anche negli anni a venire, particolarmente ispirato e riuscito. Complimenti al suo autore, esemplare nell’essere rimasto sé stesso nonostante il grande successo e coraggioso nella linearità di scelte sempre controcorrenti e necessarie, per chi rifiuta l’omologazione e il piattume indiscriminato come strada obbligata e comoda.

La scaletta del Relax Tour 2023:

Coro

Due minuti

Cosa mi manchi a fare

Controtempo

Orgasmo

Milano

Limonata

Kiwi

Loneliness

Giro con te

Hubner

Ghiaccioli

Intermezzo 3

Le barche (acustica alla tastiera)

Oroscopo (acustica alla tastiera)

Sorriso (Milano Dateo)

Gaetano

Preoccuparmi

Frosinone

Del Verde

SSD

Allegria

Paracetamolo

Pesto

Tutti

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