Carmine Padula, il talento pugliese del più giovane compositore Rai

by Gabriele Rana

È il  giorno di registrazione della colonna sonora della miniserie Rai: Ognuno è perfetto. L’orchestra è pronta nello studio, strumenti già accordati e spartiti sul leggio. Come sempre avviene, il regista entra nello studio a presentare il film di cui tra poco saranno registrate le musiche e va via lasciando il posto al compositore. Quello dell’orchestra è un piccolo mondo di relazioni interpersonali: ci sono maestri di tutte le età, uomini in lite tra di loro, il veterano venuto lì controvoglia, ma sono tutti pronti per coordinarsi e diventare un’unica cosa e suonare.

Entra un ragazzo, a prima vista dimostra 17 anni (o anche meno), indossa jeans e t-shirt. Un contrasto forte rispetto alla eleganza degli orchestrali, sembra essere l’assistente del fonico. Saluta tutti con leggero imbarazzo, estrae la bacchetta e inizia ad agitarla per dirigere l’orchestra. Tutti si guardano basiti, la spalla dei secondi violini scoppia a ridere. Non sa che quello è Carmine Padula, il più giovane compositore della Rai, che bonculture ha intervistato per sapere di più della sua storia e del suo modo di rapportarsi con la musica, il web e il legame con la sua terra di origine, Apricena.

All’origine di ciò che lo ha portato a suonare in diverse città italiane, a produrre le basi musicali dei film Ognuno è perfetto e Chiara Lubich – L’amore vince su tutto (in prima visione il 3 gennaio scorso) e alla sua amicizia con il celeberrimo Ennio Morricone, c’è un pianoforte.

Mia madre da piccola aveva studiato pianoforte perciò ne avevamo uno in casa, ma non lo ha mai suonato veramente”. Così, incuriosito da quel vecchio strumento inutilizzato, a dieci anni prova iscriversi al corso di indirizzo musicale delle scuole medie, risultando però non idoneo. “Se sono qui, devo ringraziare un ragazzo che ritirandosi, mi ha permesso di entrare al suo posto”.

Si può solo immaginare la soddisfazione della madre nel vedere il figlio coltivare la passione che lei stessa aveva tanti anni prima: neanche lei poteva immaginare che quel bambino, che fino a qualche anno prima voleva diventare papa e così travestito si affacciava fuori dalla finestra gridando “Annuntio vobis…” sarebbe diventato uno dei più giovani compositori in Italia.  “All’inizio neanche mi piaceva studiare pianoforte. Tutta quella parte della grammatica della musica, che mi è stata essenziale poi, mi sembrava noiosa”.

“Dopo un anno dall’inizio del mio percorso mio padre, che già soffriva di una brutta malattia, è venuto a mancare”. Il dolore che si prova a quell’età perdendo una figura così importante è indescrivibile. Molti trovano rifugio tra le pagine di un diario privato, lui ha deciso di esprimere quelle emozioni come note sulle righe di un pentagramma ed è da questo lutto che sono nate le sue prime composizioni . “Stavo passeggiando lungo il lago di Lesina e tre note avevano iniziato a suonarmi nella testa a ripetizione. Ho cercato di associarle a una canzone che conoscevo, ma non ci riuscivo. Così ho chiesto a mia madre e ai miei amici, ma niente: era nata la mia prima composizione”. Già allora aveva ben chiaro cos’era la musica: “Per me è qualcosa di essenziale, ma allo stesso tempo necessaria: l’uomo potrebbe viverne tranquillamente senza, eppure ha bisogno di questa. È l’unica arte che riesce subito a toccare i sentimenti delle persone”.

Terminate le medie inizia il suo percorso in Conservatorio dove frequenta i corsi di pianoforte e di composizione: “Era un corso frequentato principalmente da gente adulta. Tra cinquantenni e quarantenni c’ero io, la mascotte del gruppo”. Grazie allo studio, perfeziona la sua tecnica compositiva e nel 2016 pubblica il suo primo album autoprodotto Orizzonti, distribuito e pubblicizzato sul web. “Viviamo nell’era dell’autopromozione. Ogni artista, secondo me, dovrebbe sapere come promuovere la propria musica sul web e spero che, tra le tante materie complementari del conservatorio, aggiungano una che insegni ad autopromuoversi. A me veniva abbastanza spontaneo: componevo, pubblicavo su internet e automaticamente si creava intorno a me una cerchia di persone che apprezzava la mia musica. Così hanno iniziato a chiamarmi per i concerti un po’ ovunque in Italia e a uno di questi era presente Giacomo Campiotti, regista della Rai, che mi ha proposto di comporre le basi per Ognuno è perfetto. Non riuscivo a crederci”. In tutto questo non bisogna dimenticare che mentre produceva album, frequentava l’accademia di Roberto Cacciapaglia e lavorava alla sua prima miniserie per la Rai, rimaneva un normalissimo ragazzo che studiava all’istituto tecnico. La faccia dei professori la prima volta in cui ha detto: “Domani sarò assente, vado a registrare delle basi che ho composto per la Rai” è lasciata alla nostra sola immaginazione.

“Mi sentivo un po’ come Spiderman. Prova a immaginare il mio esame di maturità: il giorno prima ero a Torino all’auditorium Toscanini a dirigere l’orchestra della Rai, sessanta maestri con un’età superiore ai 40 che mi chiamavano maestro e dopo neanche 24 ore,  io seduto davanti a una commissione di professori. Il giorno prima ero un compositore che veniva portato in hotel dall’autista della Rai, quello dopo un normalissimo ragazzo seduto davanti a una commissione d’esame”. Chissà se loro avevano già compreso il talento che avevano di fronte. Proprio come ha fatto il mito Ennio Morricone quando, incuriosito dal fatto che la Rai avesse assegnato la sua orchestra a un ragazzo così giovane, lo ha invitato a cena. Carmine ricorda con sincera stima il maestro: “Quella volta ero totalmente inerte davanti a lui e non mi capacitavo che fosse vero. Con lui si è instaurato un bel rapporto: lo chiamavo per avere dei consigli, lo seguivo nei backstage e cercavo di capire come gestiva l’orchestra. Per me è stata una scuola impeccabile. È stato molto paterno”. 

Il 3 gennaio scorso è andato in onda su Rai Uno il film Chiara Lubich – L’amore vince tutto, regia dello stesso Campiotti che aveva scoperto Carmine Padula poco tempo prima. “Appena ho letto la sceneggiatura, ho subito accettato il progetto – afferma Carmine – mi sento molto vicino alla visione che la Lubich aveva della religione. Sento Dio molto presente nella mia vita. E come potrei non pensarlo? Parliamoci chiaro: sono un ragazzo che vive in un paesino della provincia di Foggia, figlio di persone lontane da quel mondo e che, grazie all’impegno e  anche a tanta fortuna, è riuscito ad arrivare dov’è. Per me, questa è opera Sua”.

Alla domanda che risulta quasi ironica, e cioè “Cosa vuoi fare da grande?”, Carmine Padula risponde così: “Vorrei continuare a lavorare per film con un grande significato etico come quelli a cui ho lavorato in questi anni. Il mio sogno è quello di realizzare musiche anche per film in costume, sarebbe veramente carino. Molto probabilmente sarò costretto ad abbandonare la mia terra e trasferirmi, nonostante io sia molto legato ad Apricena e alla Capitanata tutta. Spero con la mia arte di poter regalare qualcosa al mio territorio. Cerco sempre di esibirmi qui, anche se mi frutta di meno in termini di denaro. Spesso il nostro territorio non è abbastanza valorizzato e mi piacerebbe fare qualcosa”.

La Capitanata ha un nuovo artista di cui vantarsi, e il suo percorso sembra promettere molte sorprese come quelle che hanno trasformato la sua vita, rendendola simile alla realizzazione di un sogno.

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