Chi può resistere al violoncello magico di Giovanni Sollima?

by Fabrizio Simone

Ascoltare Giovanni Sollima è un piacere che vorremmo non finisse mai. Chi assiste ad un suo concerto conserva per sempre il ricordo di un’esperienza irripetibile, in cui più mondi si intrecciano continuamente e si incastrano alla perfezione, producendo nello spettatore uno stato tanto di grazia quanto di eccitamento dei sensi che pochi artisti sanno eguagliare con tale intensità. Provate a chiedere ad uno dei numerosissimi spettatori che venerdì 18 novembre ha avuto l’opportunità di ascoltare il violoncellista palermitano al Teatro Giordano di Foggia (in pratica si tratta del decimo appuntamento della Prima stagione concertistica dell’Ico “Suoni del Sud”), per l’occasione accompagnato dai Solisti Aquilani, uno dei migliori complessi da camera made in Italy (nonché uno dei più longevi dato che l’ensemble è stato fondato nel 1968), e avrete conferma di tutto ciò.

Presentatosi nelle consuete vesti di esecutore e di compositore, Sollima ha trascinato il pubblico per ben due ore allestendo un programma variegato e ben bilanciato, alternando classici della tradizione violoncellistica (pensiamo al celebre doppio concerto per violino e violoncello di Antonio Vivaldi, l’RV 547, dalla struttura emblematica e sempre affascinante oppure all’indimenticabile Un larme di Rossini, uno dei cavalli di battaglia di Sollima, ovvero un tipico tema con variazioni composto in realtà per contrabbasso e pianoforte in tarda età dal maestro pesarese – entrato ormai di diritto nel repertorio dei più grandi violoncellisti – e inserito nei famosi quanto sterminati Péchés de vieillesse) ad arrangiamenti di grandi successi rock, come alcuni titoli di David Bowie e dei Gentle Giant, fino ad alcune composizioni originali dello stesso Sollima, caratterizzate da sperimentazione e tradizione, con un pizzico di ironia ed un evidente richiamo ai ritmi mediterranei, declinati in una veste tutta nuova (complice anche la presenza del clavicembalo, strumento che nessuno avrebbe mai immaginato in una produzione di questo tipo, seppur debitrice di esperienze innovative e a tratti lontane come quella di Alfred Schnittke, a cui a volte Sollima guarda apertamente, senza rinunciare alla ricerca di un proprio orizzonte compositivo, originale e rappresentativo del proprio percorso artistico).

La vera sorpresa, però, è rappresentata da un’autentica perla caduta nell’oblio più profondo e riscoperta proprio da Sollima dopo un’estenuante ricerca negli archivi italiani. Parliamo del magnifico concerto settecentesco per violoncello, archi e basso continuo del napoletano Gaetano Ciandelli, il cui omonimo nipote affascinò Paganini e pose le basi per la nascita della scuola violoncellistica napoletana. Il concerto di Ciandelli merita un’incisione (speriamo avvenga presto) non tanto per il virtuosismo moderato di stampo galante, quanto per la cantabilità e la scrittura elegante, due caratteristiche che hanno catturato immediatamente il cuore del pubblico foggiano, proprio come le cadenze scritte appositamente da Sollima per questo piccolo capolavoro. Come terminare, allora, un concerto che è apparso memorabile sin dal suo inizio? Con ben tre bis, tra cui Hallelujah di Leonard Cohen. Foggia spera di riascoltare Sollima nella prossima stagione concertistica. Il Maestro risponderà positivamente alla nostra chiamata? Ne siamo certi.

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