Citofonare “Sputo”, alias Lucio Dalla. La casa di un visionario

by Felice Sblendorio

Forse non è mai andato via, Lucio. Non è mai andato via da Bologna, la sua città. Dai portici, dalle piazze, dalle vie strette e poetiche che circondano casa. 

Lucio Dalla è tanto, forse troppo. Ma è con Bologna un binomio inscindibile, stretto, concatenato. Non si contano i riferimenti espliciti: da quella “piazza grande” a quel centro “dove non si perde neanche un bambino”, dall’autostrada che avvicina la città con “le luci di San Luca” a quel “rosso dei muri alle spalle che poco a poco svanisce”. 

Bologna c’è sempre, leitmotiv continuo della sua poetica, fra i tanti spunti del suo estro ma non uno a caso. Non solo un figlio, ma un poeta che ha tratteggiato una certa idea di città; la sua. 

Per omaggiarlo, a quasi sette anni dalla sua scomparsa, la città ha reso evidente il legame di Dalla con i suoi luoghi. Oltre le luminarie che ricordano le parole più belle de “L’anno che verrà”, la Fondazione “Lucio Dalla” in collaborazione con Bologna Welcome ha inaugurato il 18 gennaio “Venerdì, ci vediamo da Lucio!”, un progetto di visite guidate nella casa-museo del cantautore in programma ogni venerdì dell’anno.

Per gli appassionati non c’è scampo. Entrare in casa Dalla nel cuore di Bologna, fra Via D’Azelio e la caratteristica Piazzetta de’ Celestini, è un’esperienza incredibile. Significa entrare nel mondo fisico dove la creatività di Dalla ha trovato rifugio in un magma di colori, forme d’arte, simboli e ricordi. 

Perché se è vero che ognuno di noi è una casa che non ci abbandona mai, come ha scritto Luca Molinari in “Le case che siamo”(Nottetempo), la casa di Dalla è proprio questo: spazio esplorato della personalità, mix esistenziale delle passioni, esperimento ancestrale di contraddizioni e bellezza. 

Ovunque Dalla

Ogni oggetto, ogni spazio, ogni singolo particolare è un riferimento alla sua vita, alla sua diversità. Dai suoi strumenti al guanto di Padre Pio conservato in una teca nella camera da letto a pochi passi dal panama indossato nel video di “Caruso” passando alle fotografie di Luigi Ghirri che raccontano i giorni americani e il concerto al Village Gate a New York. Dai disegni variopinti di Dario Ballantini alle tele personalizzate di Aldo Mondino per arrivare alle tele di Crema, alle opere di Milo Manara e a quel disegno con Dalla nei panni di un marinaio al timone di una barca alle spalle di San Petronio in una notte di stelle che diventerà la copertina di “12000 lune”, uno dei dischi più importanti della sua carriera.

Ovunque c’è Dalla. Nella stanza delle “Colonne” con opere che ricordano i suoi luoghi del Sud e in quella dedicata a Caruso con i premi, i primi riconoscimenti della RCA, le copertine dei suoi dischi e le fotografie con i più grandi (primi fra tutti i due Pontefici, Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI). Oppure il suo studio, luogo di riflessione e di scrittura fra un pezzo del Muro di Berlino che diventò protagonista di “Futura”, o storia di due amanti di Berlino Est e Ovest; una fotografia di Berlinguer, la Laurea Honoris Causa dell’UniBo e la Cittadinanza Onoraria delle Isole Tremiti. 

Dai presepi alla gramigna con salsicce

E poi la malattia per i presepi, per quel Natale da ripetere tre volte come scrisse ne “L’anno che verrà”. La sua “presepite” è provata dalla presenza di tantissimi presepi disseminati ovunque: una natività di pregio in stile napoletano di Ferrigno all’ingresso, due nel salotto e un bambino gigante (come quel “Gesù bambino” – titolo originale e censurato – di 4/3/1943) nella camera da letto. 

Per contrasto, però, il profano con la scultura “L’esibizionista” di Athos Ongaro che Lucio amava tenere in bella vista ridendo per l’imbarazzo altrui. La vanità con i suoi volti in mille stili diversi e la sua stanza preferita, quella dei giochi (o “dello Scemo”) con un proiettore e un telo da cinema, vecchie sedie (pulite) di un cinema erotico e poi trenini, montagne russe, giostre variopinte e un Luna Park. 

Citofonare “Domenico Sputo” al numero 15 di Via D’Azelio una delle tante stranezze, come il cucinotto minuscolo perché cucina per Dalla significava soprattutto “da Cesari”, una delle tante trattorie amate dove spaziava dall’insalata con scarole, grana e cipolla rossa di Tropea al “piatto più buono del mondo”, ovvero gramigna con salsiccia.

L’ex palazzo Fontana, da anni di proprietà di Lucio e oggi sede della Fondazione, è una testimonianza vitale per conoscere a fondo il Dalla uomo. E se c’è sempre un rischio in queste operazioni, ovvero il museo impolverato con la stanza del genio e nulla di più, con Dalla non è così. 

Precursore dei tempi

In ogni oggetto scelto e posizionato in una camera c’è un pezzo di vita di uno dei poeti più anticonformisti del nostro tempo. Precursore dei tempi, sempre lontano dalle certezze, sottile e mai banale interprete delle mutazioni del contemporaneo.  Ottimista (ponderato) per il futuro di chi lo immagina e lo prospetta sempre diverso, come disse alla scrittrice Lorenza Pieri in una conversazione. Allegro per natura, come dimostrano i molti quadri d’arte sgargianti di colore, di voglia di vivere. 

In quella casa, o alle Tremiti o sulla sua barca, Lucio Dalla ha scritto poesie in musica indimenticabili. Le sue parole più ricorrenti sono diventate le nostre: amore, domani, futuro. Quel futuro che ha immaginato prima di altri, quel domani vissuto intensamente nella sua casa fisica e di parole per essere “uomini, anime, elementi in mutazione come i tempi in cui viviamo”. Una lezione da non disperdere.

by Felice Sblendorio

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