Claudio Baglioni, A tutto cuore un viaggio suggestivo e coinvolgente nella sua carriera e nelle nostre vite

by Claudio Botta

L’ha definita una sua personale – e collettiva per generazioni di fedelissime e fedelissimi – rock opera, tre ore di spettacolo d’arte varia e di emozioni che attraversano cinquantacinque anni di carriera e di vita. Claudio Baglioni ha compiuto 72 anni il 16 maggio scorso, ma per lui l’età è un semplice dettaglio. Dopo lo stop forzato per la pandemia ha affrontato 155 concerti – sempre di tre ore e con più di trenta canzoni in scaletta – in 400 sere nei più importanti teatri lirici italiani, da solo con tre pianoforti in scena, e poi affrontato un altro tour per platee meno ristrette. Con “A tutto cuore” ha deciso di alzare ancora più l’asticella dello stupore e della sfida, dando vita insieme al sodale Giuliano Peparini (direttore artistico e regista) e alla sorella di lui Veronica (coreografie) a uno spettacolo totale, con 101 artisti in scena (21 polistrumentisti della band-orchestra diretta da Paolo Gianolio e 80 tra coristi, performer e ballerini, tra i quali 28 giovani allievi dell’Accademia Internazionale del Musical), 550 costumi originali realizzati dallo stilista Ermanno Scervino, 450 corpi illuminanti utilizzati in modo straordinario dal light designer Ivan Pierri.

Non un semplice concerto e nemmeno un musical, ma un viaggio immersivo e suggestivo nel tempo, quel tempo che si può combattere e si può battere solo “a tempo di musica” (citazione da Cuore di Aliante), attraverso 38 canzoni che ancora e sempre fanno scoppiare il cuore come al primissimo ascolto. Canzoni che soltanto lo scorso anno hanno visto riconosciuta la “raffinata scrittura musicale” da quelli del Club Tenco, che gli hanno riconosciuto un tardivo Premio alla carriera per aver “cantato le storie minime che sono di tutti e i grandi temi dell’uomo, cercando “attraverso la canzone quell’attimo di eterno che tramite l’arte sappia descrivere la vita”. Aveva il torto di cantare l’amore, Baglioni, in anni di impegno politico, di militanza, di etichette e pregiudizi, ma pezzi come “Uomini persi” o “Le ragazze dell’est”, per citarne giusto un paio, avrebbero meritato maggiore considerazione anche da parte dei detrattori più feroci, o di chi l’8 settembre 1988 non ha accettato la sua presenza sul palco insieme a mostri sacri come Bruce Springsteen, Sting, Peter Gabriel e altre stars al concerto organizzato allo stadio Comunale di Torino da Amnesty International per sensibilizzare il pubblico italiano sulla violazione dei diritti umani nel mondo, quella plateale contestazione l’unico neo di una carriera incredibile, ancora lontana dalla conclusione.

E questo ultimo tour all’aperto iniziato al Foro Italico a Roma e concluso all’Arena della Vittoria a Bari nel doppio appuntamento del 21 e 22 ottobre scorsi hanno confermato il suo permanente stato di grazia, sia dal punto di vista vocale che fisico, la voglia di non ripetersi, con arrangiamenti in parte rielaborati e resi ancora più coinvolgenti, la capacità di intrattenere e giocare sempre più raffinata (il balletto in Quante volte è diventato virale su Tik Tok). Tre maxischermi sullo sfondo, uno spazio scenico immenso che fonde orizzontalità, verticalità e profondità in un’unica dimensione tridimensionale, musicisti e orchestra posizionati sui lati, in alto e in basso: l’impatto visivo  è notevole sin dalle primissime battute, ma non riesce a distogliere l’attenzione dal protagonista più atteso, che dal suo repertorio di oltre 700 canzoni pesca classici immancabili e perle meno celebrate ma altrettanto belle (come Acqua dalla luna, da Oltre, il disco spartiacque con cui ha lasciato alle spalle qualsiasi critica, anche se quando uscì venne accolto in maniera controversa proprio per la sua complessità), proposte con una sequenza tiratissima senza pause. Con tutto l’amore che posso la prima parentesi ad alto tasso romantico-nostalgico, amplificata dall’alchimia e dall’interazione con le vocalist Serena Bagozzi, Antonella Pepe, Silvia Aprile, Rossella Ruini e Serena Caporale (manca Claudia Arvati, scomparsa nel dicembre dello scorso anno dopo una lunga malattia). Scorrono i decenni e i brividi, cambiano i colori e le giacche e gli spolverini di Baglioni, tutto è perfettamente rodato e in armonia. Due i medley, inevitabile compromesso per non sacrificare brani troppo significativi ed evocativi sia per l’artista che per il pubblico, e delirio per il crescendo finale, con i più grandi successi proposti uno dopo l’altro. E se “l’unico tempo reale e che vale davvero la pena di vivere è quello che ha la velocità, la cadenza e il ritmo del battito del nostro cuore: il solo orologio con l’ora esatta, il solo a cui dare retta” (come scritto dallo stesso Baglioni nel lancio di presentazione del tour), il tempo trascorso in questa occasione è stato ed è un prezioso e gioioso regalo.

A gennaio si riprenderà al chiuso, nei palazzetti (le date si stanno moltiplicando per la richiesta di biglietti di gran lunga superiore all’offerta) e sempre più probabile e inevitabile appare il ritorno nei grandi stadi e a numeri oceanici, meritatissimi già dalla prossima estate. Alla ricerca di nuovi traguardi da raggiungere e superare (nel 1985, il tour legato all’album La vita è adesso richiamò oltre un milione e mezzo di spettatori).

Tracklist concerto:

Intro da Le vie dei colori

E tu come stai?

Dagli il via

Acqua dalla luna

Con tutto l’amore che posso

Quante volte

Un po’ di più

Gli anni più belli

Domani mai

Quanto ti voglio

Fammi andar via

Niente più

E adesso la pubblicità

A tutto cuore

Mal d’amore

W l’Inghilterra

Medley: Sono io, Cuore d’Aliante, Uomo di varie età

Le ragazze dell’est

Uomini persi

Noi no

Medley: Amori in corso, Un nuovo giorno o un giorno nuovo, Con voi

Questo piccolo grande amore

Dodici note

Io sono qui

Medley: Amore bello, Solo, Sabato pomeriggio

Porta Portese

Avrai

Io me ne andrei

Mille giorni di te e di me

Via

E tu

Strada facendo

La vita è adesso

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