“Colebrook” di Audioscena, un racconto esperienziale che rifiuta l’approccio istantaneo e immediato

by Giuseppe Procino

Non esistono confini per l’espressione artistica, ogni linguaggio è destinato al movimento circolare per attingere ogni volta ad infinite possibilità che ne rinnovano i margini, ne ridefiniscono i caratteri distintivi e finiscono per divenire altro. Così l’artista deve da un lato indagare il passato e dall’altro essere pronto ad interrogare il presente. Nella società della velocità, dell’interconnessione e dell’immagine che diviene semplicemente un mezzo per il racconto immediato, la vera sfida diviene l’ascolto come stimolo preferenziale per l’immaginazione. La vera sfida diviene l’esperienza su più piani di percezione rifiutando l’approccio istantaneo e diretto.

Le Audioscene sono un progetto sperimentale di editoria sonora, l’arma bianca attraverso cui l’espressione artistica duella con il presente. Attenzione però a non chiamarle audiolibri o a confonderlo con un reading musicale perché sequenze sonore ne hanno già superato le definizioni. Così dalla letteratura hanno catturato la parola per incrociarla con il suono e la musica che fungono da materiali cangianti ed adattivi alla ricerca di un senso, inteso nella sua idea di concreto. Il tutto infatti concorre alla sensazione per l’ascoltatore di essere lì, presenza reale e vivente, percependo ogni cosa come vera e spingendo l’immaginazione verso luoghi oscuri, nascosti nel subconscio. La Audioscene sono quindi stanze in cui entrare in punta di piedi e di cui Gianfranco Maselli, ideatore del progetto, ci fa dono della chiave. Un film senza immagini perché l’immagine è il fine ultimo, lo scopo richiesto all’ascoltatore. È un cinema quindi soggettivo, che si moltiplica e che non potrà mai ripetersi. Ogni immagine sviluppata si lega al fruitore, ai propri ricordi, alle esperienze, agli incubi, ai sogni e al mito. Allo stesso tempo la musica e le sue sonorità immersive, caratteristiche del collettivo Sac Recordings, liberano l’immagine dallo schermo e divengono metafora narrativa della scena.

Stand Alone Complex, Gianfranco Maselli e il suo ensemble di musicisti stanno lavorando su testi di scrittori emergenti, classici della letteratura e nuove forme di scrittura, nel segno della creazione di tre differenti collane sonore: l’Orrore, l’Onirico e il Mito.

Lo scorso mese vi abbiamo presentato la prima parte dedicata all’orrore. “Colebrook”, un racconto esperienziale suddiviso in tre parti, prima prova concreta di Audioscena. Il racconto è scritto e narrato da Massimiliano Pietroforte, musicato da Gianfranco Maselli, Francesco Caragnano e Francesca Di Pierro con chitarra elettrica, elettronica e tastiere.

Siete pregati di spegnere i cellulari. Se siete alla guida siete pregati di accostare.

Attenzione, lasciatevi andare, cadete nella nebbia del suono. Inspirate ed espirate, inspirate ed espirate…

Ritroviamo Joel, giovane giornalista inviato a Colebrook, nel Connecticut, per un reportage sulla vita al confine. Ben presto, per Joel, la permanenza nella cittadina di Colebrook si tramuterà in un incubo, in un incontro oscuro con i suoi demoni, in un’esperienza labirintica che lo condurrà verso una follia definitiva.

Per cortesia parli più piano, ognuno ha i suoi tempi, qui la gente dorme ancora.

Una passeggiata tra personaggi pinteriani, uno scenario fatto di luoghi chiusi e angusti. Stanze appunto. Stanze di una città che sembra quasi un modellino. Tra le mura di questi posti illuminati dalla luce soffusa e calda di lampadine ad incandescenza, Joel cerca di combattere le paure e le angosce del proprio Io. È una narrazione che si concede i giusti tempi e che conduce lo spettatore verso il finale sapientemente esasperato. La parola si fonde con il tappeto sonoro creando un’unica forma di linguaggio. Una sperimentazione che, chiudendo gli occhi, sembra quasi ispirarsi alle narrazioni televisive di Rod Sterling, prima ancora che al Twin Peaks di Lynch. Questa seconda parte dimostra ancora una volta come questi progetti siano stanze, universi del possibile in cui il racconto si solleva sulla sua pagina scritta per diventare materia eterea che si fonde con i suoni, la musica, il rumore insistente del silenzio ed in cui la parola diviene ritmo martellante, parte integrata e integrante del tutto. E il suono si distanzia dall’esperienza del precedente episodio per trovare una forma più coesa. I sinth padroneggiano le atmosfere creando dei temi che spingono l’ascoltatore verso luoghi ambigui e sconosciuti. Nulla è come sembra, tutto è diverso se sposti la fonte di illuminazione e l’ansia si infittisce. Siamo in presenza di una colonna sonora a tutti gli effetti, figlia della struttura di un cinema classico. Un prodotto molto probabilmente in bianco e nero ed in cui convivono influenze diversissime tra loro e che si accompagnano a sonorità che strizzano l’occhio al Fragile del Trent Reznor del 1999. Fondamentale è il mix e il mastering ad opera di Gianvito Novielli, un lavoro che esalta i suoni e li rende sensoriali. È impensabile immaginare questo tratto narrativo senza concedersi l’ascolto della prima parte, impensabile perché le scene sono concepite come consequenziali ed anche l’approccio sonoro lo è, per quanto risponda ad esigenze differenti. Se nella prima parte i rumori ci conducono alla scoperta di Colebrook e del nostro protagonista, nella seconda parte siamo lanciati in questa zona del crepuscolo in cui il tempo sembra essersi fermato ai primi anni dello scorso secolo. Non sappiamo quando il tutto accade eppure le figure che popolano il racconto sembrano sospese in un frammento temporale obsoleto che si contrappone ai suoni elettronici di quello che potrebbe essere il futuro. Il tutto è ideato in maniera equilibrata, dosando in maniera impeccabile suoni, musica e pause. Ed è quasi come se il tutto si svolgesse nei non luoghi del fantastico, nelle profondità umide e oscure del subconscio… in quella dimensione oltre a quelle che l’uomo già conosce, senza limiti come l’infinito e senza tempo come l’eternità. Nella la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere. È la regione dell’immaginazione, una regione che si trova ai confini della realtà.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.