«Del mondo» che non c’è più. Gazzè e Silvestri rileggono a Sanremo un brano senza tempo dei CSI, potente e profondissimo

by Livio Costarella

Accovacciati sul palco dell’Ariston, schiena contro schiena. A guidarli è il ritmo e la successione degli accordi iniziali di «Del mondo», fino allo scandire dei primi versi. Max Gazzè e Daniele Silvestri si ritrovano, stavolta al Festival di Sanremo 2021 (nella serata delle cover), e ripercorrono insieme la strada dei loro inizi. La macchina del tempo ci porta nel 1994, quando i CSI di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni (unici reduci degli originali CCCP) sfornano il loro primo album – «Ko de mondo» – che in diversi brani prosegue l’indimenticabile sound ispirato al punk e alla new wave dei CCCP. E nel quale è contenuto un brano potentissimo e profondo, come «Del mondo».

«È stato un tempo il mondo giovane e forte / Odorante di sangue fertile / Rigoglioso di lotte, moltitudini / Splendeva, pretendeva molto». Giovanni Lindo Ferretti raccontava così, in questi versi iniziali, la grandezza di un mondo epico, forse mai esistito, ma proprio per questo sempre agognato. Lo faceva con il suo stile unico e inimitabile: salmodiando e non cantando. «Se non monòtono, sono monotòno», ha sempre detto di sé. Eppure quell’interpretazione e quel timbro vocale, messianico e mistico, bucava l’ascolto come pochi: specie a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, tra la caduta del Muro di Berlino e gli stravolgimenti politici che hanno portato a un’Europa incerottata, costruita su alchimie compromissorie. Tutte cantate, sbattute in faccia, rivoltate come un guanto e vomitate dai CCCP, CSI e dalle successive band nate in seguito da quello stesso DNA.

E dire che i CCCP ce li ricordiamo persino a Sanremo. Anzi, era Sanremo Rock: nel 1988, Ferretti, Zamboni e compagni si ritrovavano su quel palco insieme a Moda, Litfiba, Incontrollabili Serpenti, Violet Eves ed altri. Cantavano «Tu Menti», in una delle loro classiche esibizioni circensi: Annarella Giudici ballava con cuffietta da nuoto in testa, Danilo Fatur palleggiava e Ferretti cantava come una marionetta stralunata, in giacca e cravatta.

Oggi fa sorridere (se non piangere) come la stessa Rai presentava i CSI, al Premio Tenco del 1994, con una sovraimpressione video, prima della loro esecuzione di «Del mondo»: «Non è solo una rock band che propone brani aggressivi e testi taglienti, ma anche una sorta di famiglia alla quale fanno capo altre band, altri cantanti e altri musicisti, come Disciplinatha, Andrea Chimenti, Yo Yo Mundi, Marlene Kuntz». Per la serie: scusateci per chi vi stiamo proponendo, ma non preoccupatevi, non mordono e stanno in “buona” compagnia. Come molti, chi aveva scritto quelle parole non sapeva nulla né dei CCCP, né dei CSI. Men che meno di «Del mondo», che in breve tempo è diventato un inno poderoso e inscalfibile, e che ancora oggi risuona come un brano di grande magnetismo, senza tempo.

C’è un altro live acustico dei CSI targati 1994, memorabile: quello andato in onda su Videomusic, in cui è utile ripercorrerne musicalmente la composizione. Francesco Magnelli al pianoforte parte con le concatenazioni armoniche che costituiscono lo scheletro ossessivo di «Del mondo», in apparenza una nenia ripetitiva e immota; ciò che fa la differenza è la voce scolpita di un sempre più scavato Giovanni Lindo Ferretti (autore di un testo tra i più incisivi che abbia mai scritto) e il basso graffiante di Gianni Maroccolo, che sferza l’ascolto e ne costituisce l’elettricità motrice, in un crescendo di sensazioni ed emozioni che conquista l’ascolto, goccia a goccia.

Verso il termine di questa esibizione Ferretti riprende il testo allontanandosi dal microfono, e continuando a cantare con il solo pianoforte che fa da tappeto, fino al suo spegnimento. Un finale sommesso stavolta, che dopo un’invocazione religiosa («Povertà magnanima, mala ventura / Concedi compassione ai figli tuoi / Glorifichi la vita, e gloria sia / Glorifichi la vita e gloria è»), sfinisce in parole appena udibili: «È stato un tempo il mondo giovane e forte / Odorante di sangue fertile».

È un mondo che non c’è più, e che quasi non riesce ad ascoltarsi, in quel microfono abbandonato all’improvviso. È quello che cantano i CSI, quando l’universo del dopo Muro di Berlino continua a sgretolarsi, oltre le pietre: in quel 1994 l’Europa è segnata dalla guerra in Jugoslavia, e il mondo sognato come migliore e libero, post Muro di Berlino, «odorante di sangue fertile», sta portando morte e distruzione. È un universo che «contiene membro d’uomo che s’alza e spinge, insoddisfatto poi distrugge». Poi l’affondo decisivo, che racconta ancora spaventosamente i tempi odierni: «Il nostro mondo è adesso debole e vecchio / Puzza il sangue versato, è infetto».

L’infezione dei CSI diventa una straniante affezione in Gazzè e Silvestri. Tanto che i due amici e cantautori si avvicinano al brano con sorprendente e immobile deferenza: insieme alla Magical Mystery Band, la loro versione nasce con un mix elegante e gentile di piano e tastiera, con «gocce d’acqua» percussive che conferiscono le sembianze di un sortilegio sonoro. Silvestri declama «il mondo giovane e forte», mentre Gazzè si alza, prende il microfono e sussurra che era «Rigoglioso di lotte, moltitudini / Splendeva, pretendeva molto».

Max resta in piedi, fermo: quasi invoca, prega. Parte l’arrangiamento: la batteria disegna il ritmo che porterà al crescendo finale, il basso gorgheggia qua e là e la tastiera di Silvestri si inserisce con un timbro anni ’80-’90. Gazzè non ha la coloratura epica di Lindo Ferretti nella voce, ma il suo è un evidente omaggio alla profondità inaccessibile del testo. Non contano le stonature, di quelle ci campavano anche i CSI. Il risultato finale, con l’ingresso degli archi orchestrali, è un’atmosfera che regala momenti pinkfloydiani, con immagini di stelle e forse galassie. Lontanissime.

«In “Ko de mondo”- spiegava Giovanni Lindo Ferretti – c’è una netta rottura rispetto al passato […] Lo scenario era cambiato: non più l’Impero Sovietico, ma l’Europa e tutti i luoghi in cui finisce l’idea d’Europa. “Ko de Mondo” per noi vuol dire fine della terra. In realtà Codemondo è un paesino in provincia di Reggio Emilia, il cui nome significa capo del mondo. Scritto così può anche voler dire k.o. del mondo: il mondo occidentale al tappeto».

Era il 1994. Quel mondo, 27 anni dopo, è agonizzante, e cerca disperatamente i cromosomi di un cambiamento, un nuovo «sangue fertile». Onore ai CSI che l’hanno reso immortale (e a Gazzè e Silvestri che ce l’hanno ricordato), come quei miti classici da cui possiamo solo rinascere. Dopo averne consumato le ceneri.

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