Depeche Mode a Sanremo, tra passato e futuro

by Claudio Botta

Degli annunci a sorpresa centellinati da mesi da Amadeus, ospite praticamente fisso del Tg1, l’arrivo dei Depeche Mode per la serata finale del festival di Sanremo ha avuto un effetto deflagrante. Perché Martin Gore (l’autore di hit che hanno attraversato quattro decenni senza alcuna ammaccatura, vocalist e polistrumentista sopraffino) e Dave Gahan (cantante, anima, frontman della band in grado di trascinare folle oceaniche con disarmante e selvaggia naturalezza), i due sopravvissuti – ai quali vanno aggiunti in tour i turnisti di lusso Peter Gordeno e Christian Eigner – della formazione originaria che ha presto perso per strada uno dei fondatori, Vince Clark, poi Alan Wilder e infine l’amatissimo Andy Fletcher, morto improvvisamente la sera del 26 maggio dello scorso anno per una dissezione dell’aorta, nella sua casa londinese, hanno mantenuto intatto il loro carisma e il loro precario equilibrio fatto di vite separate rispettivamente a Los Angeles e New York, nuove famiglie e routine lontanissime dagli eccessi e dai viaggi all’inferno del passato, di lunghissimi intervalli prima di ritrovarsi di colpo insieme in studio, per dare nuovamente forma e vita a demo scarni e a un’unione tra le più longeve e talentuose della storia della musica, che diventa incandescente sul palco.

Non sono mai stati la caricatura di loro stessi, Martin e Dave. I ragazzini acerbi partiti da Basildon (grigia, anonima cittadina a 43 km da quella Londra cuore di una rivoluzione avviata da tempo e destinata a invadere il vecchio continente e gli Stati Uniti) pionieri del synth pop agli inizi degli anni Ottanta sono cresciuti in fretta, senza paura di rischiare avventurandosi lungo strade inesplorate, contaminando il loro sound così immediatamente riconoscibile con atmosfere e influenze lontane solo in apparenza, anche grazie al prezioso apporto di produttori sempre diversi e proiettati più in là dei paletti fissati. E quando hanno introdotto strumenti ‘classici’ in studio e in concerto i risultati sono stati clamorosi (il riff iniziale di Personal Jesus – 1989 – ha prodotto un numero record di cover). Le loro discese drammatiche (alcol e depressione per Martin, droga per Dave – il cui cuore ha smesso di battere per due eterni minuti in una stanza dell’hotel Sunset Marquis di Los Angeles, il 28 maggio 1996, overdose da speedball, cocktail di eroina e cocaina; e in precedenza un infarto l’8 ottobre 1993 a New Orleans, durante una tappa del Songs of Faith and Devotion, sempre causato da un’overdose di eroina; e ancora i polsi tagliati il 17 agosto 1995 e nuova disperata corsa in ospedale), le loro tormentate separazioni familiari, i loro divorzi, le loro rinascite, hanno prodotto luci e ombre, gettato nello sconforto milioni di fans, ma non hanno spezzato un percorso accidentato ma esaltante al tempo stesso. Si sono concessi parentesi soliste, per soddisfare stimoli e ambizioni evadendo dalla gabbia della band, ma non hanno mai messo in discussione la loro volontà di continuare proponendo nuovi lavori, non semplicemente ripetendo sé stessi all’infinito. E pur non raggiungendo i picchi di pietre miliari come Violator (il loro settimo album pubblicato il 19 marzo 1990, in parte registrato a Milano, che ha regalato loro la fama planetaria e milioni di fedelissimi ‘devoti’ che non li avrebbero più abbandonati), hanno comunque mantenuto nel tempo uno standard qualitativo alto. E i loro concerti sono eventi destinati a scatenare una tempesta emotiva difficile da descrivere e raccontare, grazie soprattutto alla presenza, alle urla, ai sussurri, ai continui movimenti, all’incapacità di risparmiarsi di Dave Gahan: “Sono un grande esibizionista, quando salgo sul palco mi trasformo e per due ore mi sento un re”. Il re in giro a piedi per il mondo alla ricerca di un’oasi di pace nell’iconico (e da lui odiato) video di ‘Enjoy the Silence’ ideato e diretto da Anton Corbjn, fotografo e regista olandese da decenni loro compagno di viaggio. Il re che durante l’esecuzione di ‘Never let me down again’ osserva sfinito e felice, gli occhi cerchiati dall’eyeliner, la giacca e il gilet buttati via, il corpo coperto da tatuaggi e da cicatrici ben nascoste, il suo popolo in delirio con le braccia alzate che ondeggiano da destra a sinistra, come un immenso campo di grano mosso dal vento bollente.

L’incubo Covid ha allungato a tempo indeterminato l’attesa del nuovo disco e tour, per l’impossibilità di una qualsiasi programmazione dopo l’esaltante – e sfiancante – Global Spirit iniziato il 5 maggio 2017 e concluso il 25 luglio dell’anno successivo, dopo 130 concerti. Poi la devastante notizia della morte di Andrew, il collante della band, il punto di contatto tra due personalità affini e diversissime al tempo stesso, ha gettato nel panico i fedelissimi, per il contraccolpo psicologico subito da entrambi, e dubbi legittimi sulla volontà di proseguire rispettivamente a 61 (Martin) e 60 anni (Dave). Ma una foto in studio postata sulla pagina ufficiale dei Depeche Mode ha lasciato rassicuranti indizi sull’inizio di un nuovo viaggio, confermato in una conferenza stampa rilanciata in diretta sul web a Berlino, città alla quale sono legatissimi, il 4 ottobre 2022. “Memento Mori” il titolo del quindicesimo album, locuzione latina che va ben al di là del letterale ‘Ricordati che devi morire’, e viene intesa come un invito a non disperdere e sciupare nemmeno un attimo del proprio tempo, a coniugare leggerezza e profondità nello scorrere di giorni e notti, a dare il reale spessore ad attimi, momenti, persone. Un titolo ispirato da un amico di Martin prima della scomparsa di Fletcher, e che quindi è diventato il trait d’union delle 13 canzoni che lo comporranno, tutte inedite.

L’uscita dovrebbe essere il 17 marzo prossimo, mentre il 3 febbraio alle 18 terminerà l’attesissimo countdown per il singolo di lancio Ghosts Again, che verrà presentato al Festival. Un ritorno su un palco, quello dell’Ariston, che hanno calcato altre tre volte, l’ultima nel lontanissimo 1990. Davanti a una platea ben diversa da quella che li attende nelle arene all’aperto e negli stadi per gran parte già sold out in poche ore dall’inizio delle prevendite (il tour inizierà il 23 marzo a Sacramento, l’arrivo in Europa il prossimo 16 maggio ad Amsterdam, le attesissime tappe italiane il 12 luglio all’Olimpico di Roma, il 14 luglio a San Siro, Milano, il 16 allo stadio Dall’Ara di Bologna). Ma che li attende con curiosità ed entusiasmo, per l’evento televisivo dell’anno e che riproietta la manifestazione sanremese ai fasti del passato, in particolare negli anni Ottanta e Novanta che hanno visto una nutrita parata di star internazionali nel loro massimo splendore, dando uno spessore internazionale alla manifestazione nazional-popolare per eccellenza. Un gran colpo messo a segno dal nuovo Re Mida dello spettacolo televisivo italiano, che può concedersi il piacevole lusso di invitare gli idoli della sua (e nostra) adolescenza, stelle luminose e tutt’altro che cadenti, mischiando abilmente – e arditamente – sacro e profano, diversificando offerte e proposte in grado di soddisfare qualunque palato. E di superare indenne anche l’esame dei social, impietoso e superficiale.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.