Diodato, il cantautore delle anime in una sera d’estate pugliese

by Marco Pezzella

Una piazza al centro di una cittadina del sud, piena estate. A sud di Bari, non sul mare, su, in selva.
Fra i bassi palazzi colorati, il palco grigio con gialli pannelli laterali, alterna la gamma cromatica di piazza Ciaia di Fasano, e reca una scritta “Diodato”.

Sotto al palco le transenne e qualche fan in attesa. È ancora presto, “sono le venti” come cantavano gli Audio2. 

Dall’altro lato capannelli di anziani sbarbati e abbronzati, con camicie rigorosamente a mezza manica, redigono verbali sul trascorso pranzo domenicale, sul meteo e sull’artista che si esibirà, in quella piazza. Forse si aspettavano Pupo o Peppino di Capri.

“C’je stù Diodàte?”

Godono per un po’ del venticello che cresce al calar del sole.
Diodato, al secolo Antonio Diodato. Un artista noto a pochi, seppure meriterebbe una popolarità totale, cantautore maturo, nonostante l’età.

“Diodato, quello che è andato a Sanremo.” Come ha detto lui stesso.

Ebbene la kermesse sanremese ha legittimamente iscritto il talento pugliese (Diodato è tarantino) nell’alveo dei cantautori italiani portatori di una sensibilità altra che non scrivono rime baciate, di rara fattura e pregiati come i tessuti broccati.

Una piazza, popolata domenica sette luglio duemiladiciannove, divenuta immantinentemente la magione in cui Antonio Diodato mette in mostra la sua frizzante energia e la sua elegante ricerca lessico-musicale. Già, la migliore descrizione che gli si possa fornire è Cantautore. Rimangono in orbita i suoi testi, le parole a volte struggenti, a volte dure come schiaffi in pieno viso, ascoltare per credere!
Sui primi accordi, vagamente rock (riff di chitarra distorti) e tanto melodici, si assiepano passanti curiosi. Mentre il papà e la mamma del cantante tarantino salutano con affetto familiare i fans del figlio, lui canta uno dei primi successi “Di questa felicità”.
Prosegue la scaletta e gli “scettici blu” di Piazza Ciaia iniziano a muoversi incantati dall’interpretazione sul palco.
Amori finiti o iniziati, romanticismi sfacciati e poetici ballati e cantati da un giovane Peter Pan che vola fra le anime che affollano la piazza.

“Prendimi l’anima e dille come si fa a non aver paura di questa felicità.”
Voltandosi per cercare la propria anima innalzatasi per mano di quella di Diodato si scorge una meravigliosa silhouette del cantante fra le persiane verdi del centro storico di Fasano.

Il suggello d’amore col pubblico si rivela quando in scaletta arriva il brano di un poeta che a detta del cantante tarantino gli ha tracciato l’arte cantautoriale, Fabrizio De Andrè. È la volta di “Amore che vieni, Amore che vai”, cover scelta da Daniele Lucchetti per i titoli di testa del suo “Anni Felici”, correva l’anno 2013.

Nell’oscillazione del pubblico davanti a me scorgo uno dei protagonisti della precedente tavola rotonda sul pranzo domenicale, rimasto impigliato dal canto della sirena Diodato. Come Ulisse fra Scilla e Caridi, l’anziano sta fra due fans sfegatate e armate di cellulare e ascolta le parole di “Adesso” successo sanremese. Difficile assecondare l’impulso social su una canzone che si chiede se mai riusciremo ad alzare la testa verso il cielo?

La malinconia di cui sono spesso pervasi i testi non è propria del cantante tarantino che si muove e si diverte col suo pubblico dolce e sorridente.

“Che bello tornare a casa, c’ho un’altra energia!” Dirà poco dopo.

Infatti dedicherà una canzone allo zio, una cover dei Radiohead che conduce però ai due bis “Babilonia”, primo singolo presentato a Sanremo 2014 e piazzatosi al secondo posto della sezione giovani proposte, e il singolo pop “Cretino che sei”. Quest’ultimo brano nonostante palesemente pop non assottiglia lo spessore cantautoriale di Diodato.
Il festival “Costa dei Trulli” completa il panorama interessante di eventi dal vivo nell’estate pugliese.

Se è ormai assodato che il cinema abbia casa in Puglia, non si può nascondere che la musica venga in vacanza molto spesso. 

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