Domenico, il cantore dei migranti da Emmaus al Cantagiro

by Maria Teresa Valente

La vita non è un film. È una frase che abbiamo sentito molte volte, eppure, quando c’è qualcosa che non ci aggrada, spesso non c’è cosa più semplice che voltare la testa dall’altra parte, proprio come quando con il telecomando facciamo zapping in tv. C’è chi, invece, della vita assapora tutto ciò che essa offre, vestendosi delle diversità che spesso spaventano e, anzi, cantandole.

Domenico La Marca, manfredoniano classe 1972, con l’animo e l’indole forgiati studiando presso gli scalabrini, negli ultimi anni ha dato vita ad un nuovo ed inedito filone musicale, trasponendo in musica la fragilità umana che ha conosciuto con il suo impegno nel sociale.

Da circa trent’anni, infatti, Domenico si occupa di stranieri, minori, detenuti, malati di AIDS, tossicodipendenti. Nel tempo libero, fa volontariato mettendosi al servizio del prossimo. Per passione, scrive e canta brani delle storie che vede e vive quotidianamente. Insomma, un mondo border line che gli ha riempito totalmente la vita.

Domenico è reduce dalle fasi nazionali de Il Cantagiro 2019 che si sono svolte a Fiuggi (FR). Alla nota manifestazione musicale, che negli anni ha scoperto talenti della musica italiana tra cui Celentano, Morandi, Battisti, Rino Gaetano, Paoli e Lucio Dalla, è approdato con “Di cartoni e lamiera”, un brano toccante sul caporalato.

“Mi ha colpito sentire i vincitori del Cantagiro dirmi che la mia canzone li ha fatti riflettere”, mi racconta Domenico, visibilmente emozionato per l’avventura appena vissuta, ma soprattutto perché ha avuto la possibilità di portare la sua musica, fatta di pop, accordi melodici e storie vere, all’attenzione di tanti che nel diverso, nell’altro da noi, spesso vedono solo numeri o problemi, complici i media nazionali.

Arrangiato dal lucerino Silvano Finizio, la canzone affronta il tema del caporalato, ricordando in particolare i 12 braccianti morti il 6 agosto dello scorso anno. “È un brano forte – spiega La Marca – Ho voluto mettere in evidenza una piaga del nostro territorio che è sempre esistita: prima ad essere sfruttati erano gli italiani, poi i polacchi, oggi gli africani. Alla base ci sono sempre persone che vengono ridotte in schiavitù e questo è inaccettabile”.

E ancora: “Nel testo racconto l’incidente in cui quei braccianti hanno visto i loro sogni affondare sotto l’asfalto, mentre i loro corpi sono rimasti sull’asfalto”. Una canzone-denuncia, ispirata dal lavoro di Domenico che lo porta a stare quotidianamente in contatto con i migranti.

“La musica ha da sempre accompagnato la mia vita. Ho cominciato a scuola, dove componevo canzoni anche per prendere un po’ in giro i professori, poi gli inni ai campi scuola ed ultimamente per me la musica ha avuto anche una funzione terapeutica”, confessa Domenico, che nei suoi brani cerca “di evidenziare anche la forza che è insita in ognuno di noi quando grazie alla solidarietà di chi gli sta intorno ritrova la propria dignità”.

Dopo la raccolta di dieci brani dedicati ai soggetti più deboli nell’album “E sarà domani”, arrangiati dal gruppo Terramia di Pietramontecorvino in occasione dell’anniversario dei 40 anni dell’Associazione Emmaus, dopo i concerti in occasione di vari eventi culturali con Bruno e Aldo Gorgoglione, dopo la vittoria a giugno presso il Teatro Giordano della XVII edizione del Cantassori, il festival della canzone per l’inclusione, e dopo il Cantagiro, Domenico La Marca non lascia ma raddoppia,  e si sta preparando per ben due manifestazioni: il Premio Fabrizio De Andrè e il Premio Musica contro le mafie. Per quest’ultimo, organizzato dall’associazione Libera, ha lanciato un appello sui social per accedere alla competizione proprio con il brano “Di cartoni e lamiera”, una canzone che calza a pennello visto il tema di questa decima edizione che è#Oltreiconfini, un invito a stimolare un pensiero preciso verso un mondo senza barriere, senza divisioni di credo e di razza, senza poteri che oscurino cuori e menti, all’insegna del desiderio di cercare l’unione nella diversità per un cambiamento profondo “guidato dalla musica”.

Con Domenico La Marca ho partecipato nel 2002 al 5° Meeting Internazionale sulle Migrazioni a Loreto. Era il periodo della cosiddetta legge Bossi-Fini ed il convegno s’incanalò sulla necessità di capire se i migranti fossero degli invasori da respingere o un’opportunità da cogliere. Dopo quasi vent’anni il dilemma è ancora di grande attualità, ma per Domenico La Marca nessun dubbio: “Abbiamo molto da imparare dall’altro”.

Di quel convegno ricordo molto bene il viaggio in auto dell’andata e del ritorno, fatto praticamente consumando il nastro di Battiato, al ritmo di Mr Tamburino e Cuccurucucu paloma, con poca voglia di sventolare bandiera bianca e con il grande desiderio di Domenico, mai sopito, di cercare ‘l’alba dentro l’imbrunire’.

Felice di essere negli ultimi tempi sotto i riflettori, ammette: “A 40 anni possiamo vivere certe esperienze con i piedi un po’ più per terra, ma sono felicissimo anche perché la mia esperienza dimostra che noi adulti possiamo ancora sognare e con la nostra testimonianza possiamo aiutare a sognare anche i ragazzi”.

E a proposito di ragazzi, Domenico coglie l’occasione per ricordare “Zac”, Zacaria del Malì, un ragazzo entrato a far parte della grande famiglia dei migranti e con cui aveva stretto amicizia, ma che purtroppo è morto andando al lavoro in un incidente stradale qualche settimana fa. È a lui e ai suoi sogni, simili a quelli di tanti ragazzi, che dedica i successi conseguiti e il suo impegno futuro, affinché si possa finalmente capire che gli altri siamo noi.

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