“È Pasqua e in chiesa non vai? Non vò!”

by Alessio Walter De Palma
Cavalleria Rusticana

“È Pasqua e in chiesa non vai? Non vò!” 

Questo chiede tediato Turiddu alla “sua” Santuzza il giorno di Pasqua, mentre la donna incalza con domande relative alla sua “doppia vita” con comare Lola, moglie di compar Alfio nel capolavoro musicale del 1890 Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci tratta dall’omonima novella della raccolta Vita dei Campi dello scrittore verista Giovanni Verga, discorso sul quale torneremo a breve.

Mai come quest’anno tale dialogo cade a pennello in virtù del fatto che nessuno può andare in chiesa a causa del mostro invisibile ed insulso chiamato CoVid-19 con il quale tutti siamo chiamati a combattere, nonostante qualche premier politico affermi essere necessario riaprire le chiese o qualche altro personaggio televisivo è convinto che il Governo stia sbagliando in quanto seguente la scienza e non la fede… già Galileo nel XVII secolo ci ha insegnato che scienza e fede devono viaggiare su due percorsi paralleli, la scienza non può e non deve invadere il campo di indagine della fede e viceversa la fede non può invadere quello della scienza. Non è possibile quest’anno recarsi in chiesa il giorno di Pasqua, il quale si sa, come per il Natale, anche l’ateo, l’agnostico o il cattolico non praticante si reca rispettando le cosiddette “convenzioni sociali.”

Ovviamente nessuno vieta di potersi raccogliere in preghiera a casa propria e come da diversi anni ormai seguire la messa in televisione, resterà ormai nella memoria di tutti l’immagine di papa Francesco solo in una piazza San Pietro totalmente vuota dello scorso 27 marzo. La pazienza è la virtù dei forti, e una delle caratteristiche essenziali di un buon cristiano è proprio quella dell’esser munito di una pazienza di Giobbe e quindi ritorno in chiesa, luogo di fede, di preghiera, di raccolta personale, ma, altresì, di assembramento per eccellenza, al momento assolutamente vietato, quando sarà possibile.

Ma torniamo a Cavalleria Rusticana. Dietro alle pagine memorabili dell’Intermezzo, da cui è stata adattata anche con il testo dell’Ave Maria, del Regina Coeli, del Cavallo scalpita, del Voi lo sapete o mamma, del Mamma quel vino è generoso, c’è un retroscena legale e burocratico, che tranquillamente potrebbe essere adattato alle moderne serie tv. Andiamo per gradi… Nel 1880 Verga pubblica la raccolta Vita dei Campi, in cui vengono introdotte novità letterarie mettendo al centro dell’azione, il popolo, gli umili, i “Vinti”, i “poveri cristi”, gli emarginati della società dando così “una fotografia realistica della realtà, la verità” – non a caso l’hobby preferito dello scrittore catanese è la fotografia, arte in cui è possibile riconoscere la realtà dell’hic et hunc, del qui ed ora, diverso dall’immediatamente prima e dall’immediatamente dopo. Prendendo le mosse dal nuovo modo di fare letteratura in Francia, con il Naturalismo di Zola e il Realismo di Flaubert e Honoré de Balzac.

Anche in musica si subisce questa influenza letteraria e si cerca di mettere in scena personaggi veri, reali, con i propri pregi e i propri difetti, la propria realtà quotidiana non sempre idilliaca ed è questo filone che appartiene Cavalleria Rusticana, il “verismo musicale”, termine ormai obsoleto, o meglio il “melodramma plebeo”, il cui antesignano è da rintracciare ancora una volta in Francia con Carmen di Georges Bizet del 1875.

Dalla novella lo stesso Verga l’anno successivo decide di trarne una piéce théàtrale, affidandosi all’esperienza di Giuseppe Giacosa – scrittore scapigliato, librettista insieme a Luigi Illica dei libretti di alcune opere di Giacomo Puccini: La Bohème, Tosca, Madama Butterfly – per la celeberrima attrice Eleonora Duse, la futura amante e musa ispiratrice di Gabriele D’Annunzio, in scena per la prima volta a Torino nel 1884. I librettisti Targioni-Tozzetti e Menasci soddisfatti del lavoro teatrale, iniziano a scrivere il libretto per musica sotto proposta del giovane Pietro Mascagni. Peccando di ingenuità, di negligenza, di inesperienza, il musicista non chiede autorizzazione all’ormai già celeberrimo scrittore siciliano, chiede solamente un informale permesso con la promessa di percentuale sulle rappresentazioni.

Purtroppo o per fortuna Cavalleria ha avuto un altro percorso… caratteristica dei giovani è l’avere tutto e subito, non è immune da questo il giovane Mascagni, all’epoca perfetto sconosciuto direttore della filarmonica di Cerignola. Nel luglio 1888 la case editrice Sonzogno bandisce un concorso per una nuova opera lirica in un atto da rappresentare poi al teatro Costanzi di Roma, il bando scadeva nel maggio successivo e così il giorno prima della scadenza Cavalleria è inviata, dopo un lavoro breve ma intenso. Su 73 opere analizzate, tra cui la giovane Marina dell’ancora studente Umberto Giordano, il lavoro del trio Mascagni — Targioni-Tozzetti e Menasci risulta vincitrice, e così il 17 maggio 1890 per la prima volta va in scena al teatro Costanzi di Roma. Inaspettatamente l’opera è un grande successo e Sonzogno ne compra i diritti, ed è qui che torna Verga chiedendo giustamente i suoi diritti di autore. Sonzogno offre allo scrittore di 1000 lire, il quale rifiuta andando avanti per vie legali e vincendo un rimborso di ben 143.000 lire da parte di Sonzogno. Ma la storia non finisce qui…

Nel frattempo Verga autorizza la scrittura di una musicale ad un altro compositore, il genovese Domenico Monleone, ma anche precedentemente autorizza Stanislao Gastaldon – autore della celeberrima Musica Proibita – a comporre musica sul suo soggetto: Mala Pasqua, ma Mascagni no… Monleone compone un’altra Cavalleria ma è costretto a cambiare il titolo in La giostra dei falchi, opera caduta nell’oblio. Questa volta Mascagni e Sonzogno citano in giudizio Verga vincendo la causa e mettendo fine alle beghe legali, ma non al godimento estetico che ancora oggi a distanza di 130 anni noi possiamo godere dei tre capolavori…

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