Esordio col botto per Musica Civica 2023. Al Teatro Giordano Enrico Ruggeri «riempe di meraviglia la città»

by Enrico Ciccarelli

«La musica contiene la sua ricompensa» dice Enrico Ruggeri dal palco del Teatro «Giordano», mentre, conversando con Gianna Fratta, inaugura a Foggia la XIV edizione, griffata Dino De Palma, di Musica Civica, la magnifica serie di incontri che mette insieme (a volte per contaminazione e parentela, altre per giustapposizione, in questo caso per intrinseca connessione) musica e parole.

Con questa frase l’autore milanese, venuto dalle nostre parti anche per i buoni uffici di un impresario teatrale di rilievo nazionale come il nostro concittadino Marcello Corvino, ricorda a tutti che solo da un secolo a questa parte la creazione artistica è occasione di arricchimento materiale. Non può quindi essere agita solo per interesse economico; ha bisogno di una motivazione interiore. Qui c’è tutto lo spessore di un musicista che ha fissato alcune pietre miliari nella storia della musica leggera italiana, ma che non ha mai creduto che, per dirla con Bennato, fossero «solo canzonette». Ultimo erede in attività della grande tradizione del cantautorato italiano, Ruggeri è uno che crede alle parole, al loro peso e alla loro funzione critica. Per questo ne usa molte, scritte e orali: le prime sono racchiuse nei suoi cinque romanzi, nelle quattro raccolte poetiche, nella sofferta autobiografia; le seconde in trentanove album, nei testi cantati da altre e da altri (il virgolettato del titolo è ispirato a «I dubbi dell’amore», a mio avviso fra le più belle canzoni di ogni tempo sul rapporto di coppia).

Autore di rito ambrosiano, intendiamoci; come tale sobrio, allergico agli effettacci e alla trasgressione fine a se stessa, ad onta degli inizi punk. Ma rigoroso e a tratti tignoso nella difesa di posizioni fuori dal coro, anticonformiste, ribelli (anche dal palco foggiano ne è risuonata qualcuna). Fedele seguace della massima di Umberto Eco secondo cui «l’intellettuale deve sputare nel piatto in cui mangia» l’insofferenza irriverente rispetto al pensiero unico è caratteristica saliente di Ruggeri, le cui letture sono così evidentemente vaste ed ecumeniche da rendere un po’ grottesca l’idea di arruolarlo in una qualche fazione o chiesa.

Pur non essendo un passatista, è evidente la sua scarsa considerazione per la contemporaneità, per quella peste del linguaggio che inzuppa le canzoni di rime purchessia pur di ottenere un brano radiabile (nel senso di idoneo ad essere trasmesso per radio, non di essere cancellato dall’albo). Ma è difficile, senza un vocabolario vasto e preciso, scrivere una canzone intensa e toccante come «Dimentico», il suo ultimo brano in ordine di tempo (e il primo cantato a Foggia) , dedicato alla malattia e ai malati di Alzheimer. O raccontare l’orrore della prima guerra mondiale con la delicatezza di una «Lettera dal fronte» in cui ricorre l’espressione delicata e beneducata «sto bene e così spero di te», o il martirio di Sarajevo durante la guerra di Bosnia con sapori di musica slava e tzigana.

Ottimamente accompagnata al piano da Francesco Luppi, la cavalcata di Ruggeri è proseguita con capolavori assoluti come «Il mare d’inverno» e «Il portiere di notte» e tante altre ancora, culminate, come ampiamente prevedibile, nella esecuzione di «Quello che le donne non dicono», come è ormai diffusa consuetudine accompagnata dal coro degli spettatori (che bello rivedere finalmente il teatro pieno in ogni ordine di posti!).

L’insistita richiesta di bis ha regalato alcuni minuti del Ruggeri rocker, con il trascinante «Mistero» e l’inossidabile «Contessa», chiudendo in modo trionfale una bella serata di musica, cultura e partecipazione. Roba da Musica Civica.  

Nel video l’intervista a Enrico Ruggeri realizzata prima dello spettacolo.

Foto Gabriella Russo per Musica Civica

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