Eugenio Finardi, la sua musica ribelle sempre più raffinata e emozionante

by Claudio Botta

Nel 2023 ha vinto il Premio Tenco alla carriera (“Irrompendo con la sua carica giovanile sulla scena cantautoriale italiana, è stato uno dei protagonisti della stagione degli anni Settanta. Ha inneggiato alla musica ribelle che cominciava a diffondersi e alle radio libere che in quegli anni facevano la loro apparizione. Partendo dalla sua cultura rock non si è fermato lì, ma ha continuato a visitare nuovi linguaggi musicali e, alternandosi tra le sonorità della chitarra elettrica, classica, portoghese e di quelle di un’orchestra d’avanguardia, ha prestato voce al blues, al fado, alla canzone napoletana o alle canzoni di Vladimir Vysotskij. Un autore e cantante mai statico, ma sempre alla ricerca di nuove forme. Come si conviene a un Premio Tenco”, le motivazioni ampiamente condivisibili), una carriera atipica da straordinario cantante, autore, interprete, performer sempre pronto a stupire e stupirsi, ed esplorare -spesso in solitaria- percorsi e strade in direzione lontana da mode e classifiche.

Eugenio Finardi è impossibile da etichettare ancora oggi, dopo cinquant’anni di quella carriera, si può solo ascoltare e (continuare ad) ammirare. Nel progetto ‘Euphonia Suite’ si e ci regala l’ennesima tappa, che ha una genesi lontana: l’incontro nel 2012 a Sogliano Cavour, piccolo paese del Salento, al Locomotive Jazz Festival con il direttore artistico e sassofonista Raffaele Casarano e il pianista Mirko Signorile, e una jam session travolgente che ha fatto emergere affinità e la voglia di continuare a divertirsi e divertire, riproponendo successivamente il concerto e la formazione in altre occasioni. Poi sono arrivate la pandemia e il lockdown, lo stop forzato che ha dilatato i tempi di riflessione e la voglia di staccare da una realtà sempre più cupa. E la volontà di elevarsi a un livello più alto, di trascendere in una dimensione spirituale ed emotiva liberatoria e salvifica. Le singole canzoni che diventano parte di uno stesso viaggio, un unico flusso di parole e note, ogni finale che diventa un nuovo inizio: una suite, appunto, luogo di incontro di jazz, blues, rock, classica, contemporanea. E’ nato così un disco ricco di suggestioni pubblicato da Incipit Records, e un tour che ha fatto recentemente ritorno a casa, in Puglia, nell’Auditorium Regina Pacis di Molfetta pieno di fedelissimi fans invitati ad applaudire “solo se davvero scossi e coinvolti, non per abitudine”.
La dimensione live restituisce e amplifica lo spessore artistico già evidente nella registrazione, e la voce di Finardi segue, accompagna, guida note dettate dall’anima.

Le tracce scelte sono tra le più significative, attraversano tante fasi e tante vite, anche degli spettatori in sala. I sogni, la rabbia e le speranze di Voglio; la dolcezza dell’amore giovanile Katia; la malinconia struggente evocata da Le ragazze di Osaka; i tramonti, i racconti e gli orizzonti di Un uomo; la prima figlia Elettra, nata con sindrome di down, un Amore diverso che lo ha segnato e cambiato per sempre. Il Diesel che resta ancora “il ritmo della vita e delle cose”. L’angoscia procurata dalla guerra evocata da Mezzaluna (ispirata dalla guerra del Golfo) e la condanna dell’apartheid e dei conflitti disumani in (dis)ordine sparso nel mondo in Soweto. Gli splendidi omaggi all’amico Franco Battiato (con cui ha condiviso gli esordi nella scena alternativa milanese che includeva personalità differenti come Claudio Rocchi e Massimo Villa degli Stormy Six, Alberto Camerini, gli Area di Demetrio Stratos) con Oceano di silenzio e a Ivano Fossati con Una notte in Italia, che regalano brividi. Le atmosfere richiamate da Estrellita e Ambaraboogie. Le metafore di Vil Coyote (“Si siamo tutti come Vil Coyote/ che ci ficchiamo sempre nei guai/ ci può cadere il mondo addosso, finire sotto un masso ma noi non ci arrenderemo mai!”). La radio che proposta con una melodia molto diversa da quella originale diventa altro e acquista ulteriori chiavi di lettura, non solo l’inno ufficioso (e sigla gettonatissima di chissà quante trasmissioni) delle radio libere italiane che nascevano nella seconda metà degli anni Settanta. Il suo controverso rapporto con gli Stati Uniti (sua madre Eloise, cantante lirica, era americana) e la nostalgia sincera e non retorica di Dolce Italia.

Gli applausi sono frequenti, ma non spezzano l’incanto che si è venuto creare, la distanza -ma non fuga- dal mondo fuori. Nel finale raggiungono il picco di intensità con Patrizia, la dedica (scritta nel 1981) alla prima ed estesa alla seconda moglie che hanno lo stesso nome, incredibile coincidenza. Con il rimpianto confessato di essere lontano nel giorno del suo -di lei- compleanno, non poter essere presente alla laurea dell’altra figlia Francesca in Francia perché impegnato in un concerto (“ho suonato e cantato anche la sera della morte di mio padre” ha raccontato commosso, “mi è sembrato il modo più giusto per ricordarlo”. Suo padre Enzo, tecnico del suono appassionato di astronomia, sarebbe stato orgoglioso dell’asteroide dedicato al figlio). E l’immancabile e iconica Extraterrestre, ispirata a Carlo Massarini non ancora Mister Fantasy, che ha visto la partecipazione del pubblico. Rimasta fuori l’altrettanto celebre Musica ribelle: ma quanto può essere ribelle una musica così lontana dalle regole e dalle gabbie del mercato discografico attuale, che si misura in qualità e non in streaming, che non si ascolta con cuffiette e smartphone ma con il cuore e l’anima?

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