Festival Indiesposizioni: Cristina Donà in concerto a Gioia del Colle con il nuovo album deSidera

by Gabriella Longo

A pochi giorni dall’uscita del nuovo album deSidera, Cristina Donà chiude con un live sul palco del teatro comunale Rossini di Gioia del Colle la terza edizione di “Indiesposizioni”, rassegna di musica indipendente ideata e creata dall’Associazione Culturale Ombre.

Nella lunga marcia dello spettacolo dal vivo verso la ripresa dopo i lockdown, le occasioni offerte dai festival come Indiesposizioni – di nuovo in presenza dopo un anno di stop- si configurano ora più che mai di grande rilevanza. “L’alchimia sprigionata dall’incontro tra arti e pubblici diversi” è il motto di questa festa che riconferma il palco del Rossini come cornice. Ciliegina sulla torta dell’intera edizione, il live di Cristina Donà domenica 12 dicembre alle ore 21:00: una delle voci indipendenti più emblematiche del panorama italiano che aprirà proprio con la data gioiese il suo tour a pochi giorni dall’uscita del nuovo album deSidera.

L’avevamo lasciata a Così vicini, album del 2014 che le era valso la Targa Tenco per la migliore canzone “Il senso delle cose”. Da allora sono trascorsi sette anni e nel frattempo Cristina Donà ha raccolto idee, sensazioni, appunti sparsi per convogliarli in un disco atipico, ruvido e vivido, estremamente stratificato, intensamente identitario. deSidera è forse più rock dei dischi che lo hanno preceduto, con chitarre che accompagnano fiati, archi, pianoforte, percussioni, e la voce che si lega a un soffio di natura “elettrica preistorica”: così bolla il progetto Saverio Lanza, musicista, produttore, curatore degli arrangiamenti, scrittore delle parti musicali del disco, al fianco di Cristina pure nei due dischi precedenti. “Non avevamo modelli di riferimento, se non l’idea di utilizzare, là dove ci sono delle sequenze, un’elettronica definibile come preistorica perché non raffinata, ma incentrata su suoni piuttosto basici che in alcuni brani servono a sostenere la parte ritmica, in altri a dar vita a nuove sonorità attingendo da suoni reali”, spiega, approfondendo, l’autrice. Una Cristina Donà elettronica e inedita, un po’ minimale, un po’ vintage, con un carico evocativo di reminiscenze sonore anni Ottanta e Novanta a fare da filo conduttore, che rispolvera la formula del crowdfunding già collaudata per l’album a due con Ginevra di Marco: una scelta di autonomia e indipendenza che rigetta l’idea della produzione tramite etichetta discografica.

Con alle spalle quasi 25 anni di carriera, Donà parte dall’etimologia del termine “desiderio”, letteralmente “mancanza di stelle”, per indagare cosa è motore delle vite e al contempo causa di vuoto, nonché le ripercussioni sul mondo della soddisfazione di quegli stessi desideri che lo muovono.

Le stelle sono l’emblema della nostra imperfezione di esseri umani perché col loro bagliore colmano il vuoto che abbiamo dentro. Stanno lì , ma spesso non riusciamo a vederle o non ne siamo sazi a sufficienza. Dovremmo tornarle a guardare con quello stupore che spesso ci manca”.

Nella tracklist, dieci canzoni che nascono da un’autoanalisi e assumono tratti duri, nella loro natura primitiva, scarna e minimale che però scende in profondità, scuote, illumina istinti pavloviani, colpe individuali e collettive, in un mondo inquinato di smog e di meschinità. “Altro che aperitivo, ci siamo bevuti il pianeta”, canta amaramente Donà in Distratti, dipingendo il ritratto dell’Occidente iperconsumistico che proprio sul soddisfacimento smodato dei desideri ha costruito i suoi mostri. Si scoprono, così, fragilità e debolezze della nostra umanità al cospetto di ciò che siamo oggi e del pianeta che ci ospita, ma è proprio davanti ad una realtà apparentemente incontrovertibile che nasce la necessità di una presa di coscienza prima di tutto personale, che ne auspica una collettiva poi. I brani, scritti interamente prima della pandemia, fatta eccezione per “Senza fucile né spada”, raccontano di un tentativo che invita alla riflessione e una nuova consapevolezza per ripartire ad occhi ben aperti.

Osservare da fuori i propri sentimenti e le proprie azioni, senza un atteggiamento troppo giudicante, è utile per cogliere certi automatismi di cui, subissati come siamo da continui input, nemmeno ci rendiamo più conto e che ci hanno trasformati, chi più chi meno, in consumatori compulsivi, mai sazi. E credo sia l’unico modo per riprenderci un po’ di libertà, a meno che non si voglia vivere come in Metropolis di Fritz Lang. Certo, sarebbe meglio cambiare del tutto paradigma, ma almeno qualche rinuncia siamo in grado di farla?

Al centro di deSidera, dunque, desiderio e colpa, che non a caso sono i primi brani estratti dal disco, ma anche l’amore, fragile e variamente interpretato: da quello dimostrato in una dedica ai tanti che hanno perso i propri cari a causa della pandemia (Senza fucile né spada), a quello che può continuare ad esistere soltanto dopo la vita (Come quando gli alberi si parlano), sino a quello che, con un’interessante rimando al gergo cinematografico, esce “dall’inquadratura” di qualcuno (Titoli di coda). Pochi spunti per traccia sui quali si sviluppa il mondo sonoro di Saverio Lanza: anche nella modalità di scrittura, Donà si conferma diversa dal passato, votata alla sintesi e alla creazione del testo da qualche frase appuntata qua e là, quasi a compensare con la sottrazione nella forma, l’eccesso di cui è oggetto l’album. Un progetto di assimilazione non immediata, una sfida agli ascoltatori a cui è richiesto più d’un replay.

Appuntamento al Teatro Rossini di Gioia, ore 21.00.

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