Ginez e il bulbo della Ventola

by Salvatore Imperio

Ginez e il bulbo della Ventola, nome curioso di una band che tra un bicchiere di vino, il mare e i paesaggi liguri e le corde di una chitarra riesce a raccontare di avventure, malinconie, emozioni in uno stile che fece grande la musica italiana e che forse la memoria nazionale ha un po’ dimenticato.


Ginez alla chitarra e voce, Daniele Duchini al basso, Roberto Ascoli alla batteria e Fabio Pollono alla chitarra solista sono alla seconda avventura discografica intitolata “L’ultima cena”. L’album è il secondo tassello di una storia musicale iniziata con “…canzoni, bottiglie e altre battaglie”, biglietto da visita che ha portato la band sul palco del Club Tenco con la rassegna “Tenco Ascolta”.

Oltre a questo episodio che ha confermato il buon lavoro artistico fatto dalla band, Ginez e il bulbo della ventola ha partecipato a diversi manifestazioni tra cui il “Contest Andrea Porta” organizzato dalla associazione Rockantina conquistando la vittoria, la partecipazione al “Giovani Musicisti Contest” di Beinasco e il palco di “Su la testa!”, festival che li ha visti tra i protagonisti insieme a nomi importanti. Tra loro, solo per citarne alcuni, Eugenio Finardi, Erika Mou, Mirkoeilcane, Peppe Voltarelli e artisti appartenenti alla nuova leva della musica italiana come Sergio Pennavaria, Lisbona e Giulio Wilson e Matthew Lee.

Noi di bonculture li abbiamo intervistati.

L’ultima cena è il vostro secondo album. Quale attinenza c’è tra il titolo dell’album e le dieci canzoni che lo compongono?

“L’ultima cena”, oltre ad essere il titolo dell’album, è anche il titolo della canzone di apertura. Il suo significato si riflette nella parola “addio” che potrebbe fare da chiave di lettura a quasi tutte le canzoni dell’album. L’addio dell’ultimo pasto condiviso, dell’ultimo momento passato insieme, dell’ultimo ricordo prima di lasciarsi alle spalle la propria terra. Allo stesso tempo, contiene anche il significato più profondo di unione, o meglio, comunione.

Cosa caratterizza il vostro nuovo lavoro rispetto all’album d’esordio “…canzoni, bottiglie e altre battaglie”?

Sicuramente è un lavoro più intimo, più rivolto verso l’interiorità dell’essere. C’è amarezza, ma, come nell’album precedente, c’è sempre e ostinatamente speranza.

Rispetto al vostro primo album, “L’ultima cena” è un album più riflessivo. Pensiamo a “Lampedusa”, “Requiem” e “Abbracciami”. Quanto c’è della vita dei Ginez e il bulbo della ventola in queste canzoni?

Fondamentalmente, ogni canzone rispecchia uno stato d’animo: qualcuna è evidentemente autobiografica, altre raccontano di cose che, inevitabilmente, fanno trasparire quello che siamo in realtà. Di sicuro non scriviamo canzoni per intenzione, ma per pura necessità.

Possiamo dire che “Buio che cala” rappresenta un po’ la leggerezza musicale della band vista nel vostro album d’esordio?

Assolutamente sì, anzi, di più, perché “Buio che cala” è stata scritta nel 2010 ed era la prima traccia del primo EP di Ginez. È un pezzo a cui sono molto legato e per questo, dopo averlo suonato più volte dal vivo, abbiamo deciso di proporlo in questo album.

La presentazione dell’album ha avuto una data simbolica vista anche il titolo dell’album: Venerdì Santo. Volete raccontarci come è andata e come è stato accolto l’album alla presentazione?

È stato il tentativo di trasmettere un messaggio attraverso una simbologia religiosa, ma sempre tenendoci a debita distanza da qualsiasi messaggio religioso. È stata una scelta molto più umana che spirituale, il bisogno di esprimere quello di cui tutti avremmo bisogno oggi e cioè molta più comunione. Il calice di vino sulla copertina del disco, in parte, raccoglie questo significato, nonostante sia sbeccato e ancora pieno… Nessuno di noi può ritenersi assolto.

Parliamo un po’ della vostra terra. Inevitabile non pensare alla Liguria come terra dei cantautori e del cantautorato italiano. Quanto ha influenzato il vostro modo di fare musica?

La Liguria ci influenza in continuazione. In qualche maniera rappresenta tutto ciò che è naturalmente bello, ma che allo stesso tempo, viene maltrattato. È una terra storta e contorta e dopo la peggiore curva, all’improvviso, ti può apparire davanti qualcosa di meraviglioso. L’entroterra è come i suoi abitanti: a prima vista inospitale, tutto in salita, ma con il tempo puoi scoprire cosa veramente nasconda. I Liguri praticano una sorta di autodifesa, qualcosa che hanno appreso dalla loro terra.

Sergio Pennavaria, Geddo, Ginez e il bulbo della ventola e tanti altri: possiamo dire che la Liguria cantautorale sta tornando alla ribalta con una nuova generazioni di artisti?

Credo che la Liguria, così come l’Italia in generale, sia fucina di arte, cultura e musica. Tutte le cose più belle nascono nei sotterranei, senza grandi riflettori, senza grandi spinte mediatiche. È semplicemente ciò che l’uomo ha sempre fatto: cercare di esprimersi nella più totale libertà dello spirito.

Il 2018 è stato un anno importante per voi: il Tenco Ascolta, il “Contest Andrea Porta” organizzato dalla associazione Rockantina, la partecipazione al “Giovani Musicisti Contest” di Beinasco e il palco di “Su la testa!” ad Albenga. Con questo nuovo album volete confermare che chi ha visto in voi qualcosa non ha sbagliato?

È difficile rispondere a questa domanda, quello che penso è che ci sia in giro tanta gente che ama la musica e che invece di tenerla solo per sé, si dà da fare per promuoverla e divulgarla, cercando di restituirle la giusta dignità. Per quanto ci riguarda, aver partecipato a questi eventi è stato un grande onore e una gradevolissima sorpresa.

Voglio soffermarmi sul “Su La testa!”, festival che ogni anno smuove tante persone e tanti artisti. Quanto è importante una rassegna come questa per dare spazio alla musica italiana e far conoscere i nuovi volti della musica italiana che parte dalla Liguria?

“Su la testa!” è bellissima realtà e credo che Davide Geddo e l’associazione culturale ZOO abbiano dato prova di sensibilità, capacità e attenzione verso tutto quello che si muove oggi nella musica. Vedere un gruppo di persone che solo per amore della musica riesce a creare un evento di tale portata è la risposta migliore che si possa dare.

Qual è il vostro rapporto con il web e soprattutto quali sono i vostri canali social per entrare in contatto con il mondo dei Ginez e il bulbo della ventola?

Il nostro rapporto con il web con il tempo è migliorato, vista l’importanza che questo ha questo strumento al giorno d’oggi. Il nostro canale YouTube cresce, la nostra pagina Facebook è sempre più seguita e mi sento di dire che anche con i digital store non stanno andando male. Ora sapete dove trovarci.

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