I Tavola 28 e la “voglia di svegliare le coscienze” col rap nella città della Quarta Mafia: “I tormentoni trash sono denuncia con una grassa risata”

by Antonella Soccio

Il titolo ricalca l’incipit delle barzellette più note, ma al posto delle diverse nazionalità ci sono i quartieri percepiti come i più degradati di Foggia, città della Quarta Mafia. Foggia come Gotham. Quartieri difficili che sono il luogo di vita e di origine dei tre rappers.

“C’era uno di Candelaro uno del Cep e uno della stazione” è il nuovo rap, che spacca, dei Tavola 28, ispirato dalla vergogna nazionale ripresa dai tg e dalle agenzie brasiliane di Capodanno, quando prima un affiliato della Società ha inneggiato con la pistola alla malavita e poi uno sventurato presidente del consiglio, Leo Iaccarino, ha giocato, ripreso col cellulare, coi figli adolescenti a fare il pistolero con un’arma a salve, urlando dal balcone l’ormai celebre locuzione “nun è na’ barzellett”.

Il caso è diventato sì una barzelletta, per gli infiniti colpi di scena e le ritrattazioni, e si risolverà, forse, entro il prossimo 3 febbraio con la sfiducia o col salvataggio del campione di consensi da parte di pezzi della maggioranza di centrodestra di Franco Landella.  

La carriera politica del vigile del fuoco potrà in futuro anche appannarsi, ma il rap dei Tavola 28 resterà perché appare di certo il primo prodotto culturale, che, con una cruda analisi, parla della realtà foggiana giovanile, partendo da un fatto di cronaca e ribaltandolo in contenuto d’arte di denuncia. Il tutto senza moralismi e senza lamentazioni, senza ergersi a censori.

Citazioni, remixaggi, contaminazioni. Nel rap c’è tutto, fino alla esortazione finale per chi nasce e vive a Foggia. “Prendi un aereo e vattene”.

“Spara che c’è un altro colpo, non ti resta che raschiare quando tocchi il fondo”, cantano i Tavola 28 nel loro rap che prima di diventare un successo su Spotify aveva già raggiunto le messaggerie whatsapp di tutta la città.

Noi di bonculture li abbiamo intervistati.

La prima domanda è sulle voci: chi canta? Come è strutturata la collaborazione? Quanti siete?

Siamo un trio, le voci sono di Gennaro, Guaio e Cisky nell’ordine cronologico del brano stesso.

Avete miscelato tanti tormentoni foggiani, compreso il “borbardamento” di Landella. Quanto sono diffusi tra i giovani? Qual è il sentimento collettivo rispetto a questo trash della politica foggiana?

I tormentoni trash del nostro sindaco sono da sempre un must, crediamo che il suo social media manager non si renda neanche conto a volte di che capolavori del trash crea, tra i nostri preferiti c’è il ciuffo che parte a tempo con il rintocco della campana, una scena tremendamente fantozziana dalla quale appunto abbiamo estrapolato il “borbardamendo”.

Una cosa che mi ha colpito è proprio l’uso della lingua: in genere va di moda il trash come canzonatura, presa in giro in cui un po’ ci si crogiola (vedi i vari Gigione etc); voi invece decidete di usare il trash come vera e propria denuncia. Mi sembra questo un fatto nuovo per Foggia, o no? Nuovo nel senso che a differenza di molte pagine satiriche social anche di successo locale non c’è compiacimento né sarcasmo piacione nei confronti dell’assenza di ethos pubblico. Una mancanza che fa vergognare di fronte al resto del Paese.

Il trash in realtà spesso è denuncia con una grassa risata, soprattutto quando riguarda la politica ad esempio gli attuali tormentoni che vedono protagonista Renzi e il suo inglese, chiaramente risaltano l’incapacità del suddetto nel ricoprire incarichi internazionali senza coprirsi di ridicolo.

Esattamente non c’è compiacimento alcuno, perché è evidente che non vogliamo essere una barzelletta per colpa di chi dovrebbe portarci al lustro.

Sui social molti vi hanno apprezzato, altri ovviamente hanno criticato la vostra esortazione finale…non c’è speranza per Foggia per chi non è figlio di qualcuno?

Le critiche sono una cosa normale anche costruttiva, noi le accettiamo e invitiamo tutti compresi noi all’autocritica come stimolo per migliorarci come gruppo, comunità e città.

L’esortazione finale alla quale ti riferisci è quella di prendere un aereo e andare via? In tal caso ti sfido a farlo, in una città in cui l’aeroporto è uno strumento da campagna elettorale e non un servizio della comunità, abbiamo sempre detto che una città senza aeroporto è un carcere a cielo aperto, non si può uscire a vedere il mondo e il mondo non può vedere noi.

Sulla questione “dei figli di i figli di” ci troviamo “figli di una città senza un giorno migliore” tutti uguali, tutti in un modo o nell’altro colpevoli e tutti con la capacità di migliorare, perché questa città è in mano ai figli a cui la lasceremo un giorno, siamo sempre responsabili del futuro dei più piccoli che pagano per noi.

Il limite di tanti artisti foggiani è quello di non toccare molto i temi della mafia, voi col rap scuotete un po’ il mondo dell’arte. Avete avuto dei contatti? è tempo di arginare la paura e l’omertà? Come nasce la voglia di parlare di questi temi? Come sta andando il pezzo su Spotify? Pensate di continuare con questa scia? C’è uno spazio per raccontare finalmente il mondo della malavita e farla emergere solo dalla narrazione della cronaca giornalistica?

Noi abbiamo sempre parlato della strada da quando eravamo ragazzini, oggi siamo un po’ più grandi, uno di noi è un padre, con una figlia di questa città, cerchiamo di rendere giorni migliori quelli del futuro: è così che nasce la voglia di svegliare le coscienze, ed essere responsabili del futuro.

Il pezzo sta avendo più risultati di quanti noi stessi credevamo di avere, comunque non vogliamo essere monotematici, siamo molto di pancia e anche molto variopinti musicalmente parlando, per quanto riguarda il raccontare la malavita pensiamo che certe domande andrebbero rivolte al prefetto, al questore, al sindaco al presidente del consiglio comunale, noi giochiamo solo con le parole.

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