Il disastro Negramaro e gli altri: i concerti un business spinto sempre più all’estremo

by Claudio Botta

Premessa: nell’epoca dello streaming e della musica liquida, con le vendite dei supporti fisici (vinili, cd, audiocassette) sempre più di nicchia, per i cantanti e il considerevole indotto legato alla discografia la sopravvivenza e le entrate arrivano principalmente – ed esclusivamente, nella stragrande maggioranza – dai live. Tutto il comparto è stato messo in ginocchio dalla pandemia, per almeno due anni. Il ritorno alla socialità, alla piena capienza delle strutture e location utilizzate e alla vita ha determinato un’esplosione sia dell’offerta che della richiesta, con centinaia di concerti sold out e di appuntamenti, un fenomeno che è ancora nella sua fase ascendente. Ma questa estate ha fatto emergere una serie di criticità che stanno penalizzando l’utenza oltre ogni limite tollerabile, e che rischiano di far scoppiare la bolla, perché le spie accese sono troppe e continuare ad ignorarle è pericoloso, oltre che ingiustificabile.

I PREZZI. Quelli di biglietti sono sempre più alti, anche per artisti di fascia media, e non giustificati dai costi di produzione degli spettacoli. Messi in circuito spesso un anno prima, e per eventi top (i concerti dei Coldplay, facile esempio) rastrellati in pochi minuti da bagarini internazionali che poi li rivendono a prezzi anche quadruplicati. E’ il primo anello di una catena che sfrutta la passione dei fans, in un momento di crisi economica generalizzata che suggerirebbe un’altra politica: lodevole in tal senso l’impegno di Robert Smith, il leader dei Cure, per imporre un prezzo calmierato ai concerti della band in Europa e soprattutto negli Stati Uniti, dove è la domanda a determinare il prezzo dell’offerta, e le cifre salgono a livelli discutibilissimi. Ulteriore beffa per i veri fans che si sono già svenati è invece la corsa al sold out in impianti sovradimensionati rispetto all’artista o alle aspettative, con i promoter che negli ultimi giorni mettono in circolazione biglietti gratis o a un prezzo simbolico, in canali riservati. Parallelamente, nelle località che ospitano grandi concerti salgono i prezzi delle strutture ricettive, in misura altrettanto importante, al punto che è cresciuto esponenzialmente un nuovo, florido business, quello dei bus organizzati che attraversano l’Italia da nord a sud per raggiungere di giorno la location del concerto, e ripartire un’ora dopo, permettendo di risparmiare almeno il costo del pernottamento. Una soluzione che presenta vantaggi e svantaggi, spesso l’unica che per chi non ha disponibilità economiche illimitate.

I TOKEN. Sempre legati alla voglia di spremere l’utenza fin quanto è possibile, è salito alle stelle il merchandising (nell’ultimo tour Memento Mori dei Depeche Mode una maglietta in cotone costava 50 euro, una felpa 90: ma non è obbligatorio acquistarle) ed è aumentata la diffusione dei token (un esempio, il Firenze Rock che si svolge al parco delle Cascine per tre giorni, ombra zero), gettoni in plastica da utilizzare per pagare cibo e bevande al posto del contante. In pratica, poiché non è possibile introdurre bottiglie di plastica con tappo, o ghiacciate, o lattine all’interno, si è costretti a comprare un pacchetto di token, intorno ai 20 euro, e il costo di un panino è intorno agli 8/9 euro, di una birra idem, e si devono spendere tutti, perché non sono utilizzabili fuori, e le file sono lunghissime. Qualche considerazione andrebbe fatta se, come accaduto spesso in questa estate, ci si ritrova per ore e ore al sole con una temperatura superiore ai 35 gradi e un tasso di umidità altissimo, bisogna idratarsi per non sentirsi male, e l’unico modo è aspettare il passaggio dei bibitari con prezzi leggermente più accessibili. La sicurezza e la salute dovrebbero venire prima dell’avidità, ma non è così.

LE LOCATION. Due tra i maggiori eventi dell’estate italiana sono stati il doppio concerto di The Weeknd a Milano, il 26 e il 27 luglio, per 160mila spettatori paganti, all’ippodromo Snai. Lo hanno visto e sentito decentemente soltanto i fortunati che sono riusciti a prendere i biglietti del Golden Circle, sotto e vicino al palco (costo intorno ai 110 euro), perché l’ippodromo meneghino non è una location adatta per concerti di tale impatto, ed è una realtà nota, tuttavia ignorata dai vari promoter preoccupati dell’incasso piuttosto che della riuscita del concerto. Ancora, la data (prima mondiale del nuovo album Utopia) del rapper Travis Scott al Circo Massimo, a Roma, sold out con 60mila biglietti venduti, ha prodotto panico per l’uso sconsiderato di spray al peperoncino sotto il palco e per le vibrazioni nel quartiere circostante simili a quelle prodotte da un terremoto. Si tratta di un’area archeologica di valore inestimabile, siamo proprio certi che sia la più adatta per concerti e che garantisca la migliore visibilità all’utenza (in una città dove esiste uno stadio abbandonato, il Flaminio, che negli anni Ottanta ha ospitato eventi epocali)?

I COLLEGAMENTI. I concerti generano un considerevole indotto, come ricordato in premessa. Le vendite online dei biglietti e i voli low cost favoriscono un turismo internazionale, non solo locale. Ma i collegamenti, i servizi offerti all’utenza sono di livello internazionale? Un esempio, venerdì 14 luglio a Roma: concerto di Sting nella cavea dell’Auditorium Parco della Musica, 5000 spettatori, e di Ligabue nel vicino stadio Olimpico, 40mila spettatori. Orario di chiusura della metropolitana 21. 30 (in altre capitali europee sono aperte anche di notte), stessa frequenza degli autobus e dei tram di linea, nemmeno una corsa in più, taxi irreperibili. All’uscita, migliaia e migliaia di persone costrette a chilometri a piedi, o ad attese di ore per i pochissimi mezzi pubblici a disposizione, sui quali cercare di salire per viaggiare stipati come sardine. Per cosa pagano la tassa di soggiorno quelle persone, se per rientrare nel loro albergo o b&b sono lasciate al loro destino? Ibiza che vive di turismo e che ha elevato e considerato (giustamente) l’intrattenimento e lo spettacolo come un’industria, di sera e di notte ha un numero di taxi e mezzi pubblici in circolazione tale da soddisfare in pochi minuti le esigenze di migliaia di persone in angoli diversi dell’isola: in Italia, con Milano e Bologna pallide eccezioni, siamo sempre decenni indietro.

IL CASO NEGRAMARO. Il concerto celebrativo dei 20 anni dei Negramaro nel loro Salento è stato il disastro (annunciato) dell’estate. Nonostante nel Salento da 25 anni si svolga la Notte della Taranta che ha portato a Melpignano anche 200mila persone, senza problemi e disagi. L’entourage della band salentina si è vista negare lo stadio di Lecce, per gli impegni in Coppa Italia e in campionato della squadra locale, che gioca in serie A. La volontà di celebrare comunque l’evento, in piena estate, ha portato alla scelta dell’aeroporto militare di Galatina, ma arrivarci si è rivelato un incubo per migliaia e migliaia di persone (5mila il calcolo approssimativo) rimaste imbottigliate per quattro/cinque ore nel traffico per percorrere pochi chilometri sia all’andata che al ritorno (quelli che non hanno desistito e non sono andati via). Ancora, l’area circostante priva di parcheggi, ricavati tra i terreni da una società specializzata distanti altri chilometri dalla location, e con il costo di 20/25 euro. Prenotati online, ma poi in overbooking, con chi aveva prenotato mandato via per mancanza di posto. Di notte, illuminazione scarsa o addirittura inesistente. Navette annunciate da Galatina e poi non partite. Grande pubblicità ed enti locali coinvolti, spot delle Ferrovie dello Stato, e poi pochissimo personale (in rapporto alle 40mila persone in arrivo) in servizio, sia prima e soprattutto dopo il concerto. Una dimostrazione di improvvisazione e disorganizzazione disarmante, emersa non dai media (i giornalisti avevano avuto un trattamento di riguardo) ma dalle radio e soprattutto dai social, che hanno accolto in tempo reale migliaia di commenti e testimonianze sconcertanti, storie di famiglie arrivate dalla Campania, dalla Sicilia e che si sono trovate bloccate in un imbuto per il quale le responsabilità verranno rimpallate. Annunciate class action per (almeno) il rimborso dei biglietti per chi non è riuscito a entrare (ma chi ha visto soltanto pochi minuti, e ha vissuti gli stessi disagi?), ma l’interrogativo più inquietante resta: e se qualcuno avesse avuto un malore, una malattia tempo dipendente, in quella stradina pienissima di auto che procedevano a passo d’uomo, in quelle campagne buie? Se ci fosse stato bisogno di un’ambulanza?

La sicurezza, la viabilità, l’agibilità non possono essere quindi un optional, quando si mettono insieme decine di migliaia di persone (persone, non solo biglietti venduti). E devono capirlo, prima che sia troppo tardi, gli artisti poi costretti a video social imbarazzanti (vero Giuliano Sangiorgi?), i loro manager, gli impresari con cui lavorano e a cui si affidano. Perché nei 70 euro di un biglietto rientra non solo una brillante ed emozionante performance sul palco, ma anche tutto il resto, vita compresa. Tutto quanto accade prima e dopo.

Foto pagine IG

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