Il Mozart di Giuseppe Albanese? Lucidissimo e celestiale

by Fabrizio Simone

Giuseppe Albanese è, ormai, di casa al Teatro Giordano di Foggia. I suoi concerti registrano ogni volta un meritatissimo e prevedibilissimo sold out, mandando in visibilio il numeroso pubblico che accorre ad ascoltare – anche con legittima curiosità – le meraviglie che questo straordinario pianista calabrese riesce ad ottenere dal principe degli strumenti. Così è stato anche il 16 novembre, quando Giuseppe Albanese si è esibito insieme alla Filarmonica del Festival pianistico Internazionale di Bergamo e Brescia, diretta dal M° Pier Carlo Orizio, nell’ambito della cinquantaduesima stagione concertistica organizzata dagli Amici della Musica del capoluogo dauno.

Albanese e la Filarmonica lombarda hanno presentato un programma in buona parte canonico (due concerti di Mozart per solista e orchestra, il n.18 in si bemolle maggiore Kv 456 e il ventunesimo, il popolarissimo Kv 467 in do maggiore, noto soprattutto per l’Andante centrale), con una bella novità per il pubblico del capoluogo dauno: Young Apollo, un’inebriante Fantasia-Concerto per archi e pianoforte composta in gioventù dall’inglese Benjamin Britten, compositore amatissimo dalla compianta Elisabetta II, eseguita per la prima volta nella nostra città. Ascoltando l’op.16 di Britten viene subito in mente qualche mirabolante verso di W. H. Auden, amico/nemico del Barone di Aldeburgh (Alan Bennett ha dedicato una commedia a questi due mostri sacri della cultura britannica, Il vizio dell’arte): dalla partitura traspare una luminosità abbagliante, quasi sconvolgente, perché, giocando d’anticipo, Britten rivela tante strade che la musica del dopoguerra sarà obbligata a percorrere, come evidenzia la scrittura riservata al pianoforte, intrisa di accordi, arpeggi frenetici e scale travolgenti, cui fa da contraltare l’incessante glissando degli archi. L’opera di Britten meritava questa necessaria esecuzione, soprattutto con artisti di spessore come Giuseppe Albanese e la Filarmonica del Festival pianistico Internazionale di Bergamo e Brescia.

Ma è con Mozart, ovviamente, che Albanese ha offerto la prova più importante. Nei due concerti, il pianista calabrese ha mostrato una certa libertà interpretativa (pensiamo soltanto alla cadenza del primo movimento del Concerto n.18, in cui Albanese ha introdotto il tema che ha garantito l’immortalità alla Sinfonia n.40), preservando però la dimensione celestiale che contraddistingue da sempre la musica mozartiana. Persino gli stilemi barocchi, che traspaiono qua e là tra i movimenti dei due concerti, sono stati interpretati con una lucidità sorprendente e acuta, sintomo di una comprensione profonda delle partiture proposte. Nel finale, in seguito agli applausi continui, Albanese ha regalato ben due bis, tra cui il celeberrimo Pas de deux dallo Schiaccianoci di Cajkovskij, arrangiato da Mikhail Pletnev. Albanese lo conosce bene: nel 2020 l’ha inciso per la Deutsche Grammophon. Risultato? Pubblico in estasi, ovazione interminabile e la consapevolezza d’aver ascoltato uno dei migliori artisti italiani.

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