Il volo Bari-Mosca: Italia e Russia e la musica che le unisce. Non solo Siberia

by Alessio Walter De Palma

Italia e Russia apparentemente due nazioni così diverse, così lontane, una penisola con poco più di 65 milioni di abitanti, l’altra la nazione più grande al mondo per un quarto europea e per tre quarti asiatica con circa 150 milioni di abitanti – due volte e mezzo l’Italia – l’una piena di sole, di mare, di calore l’altra fredda fino a temperature sotto lo zero – è il caso dei – 72 C nella gelida Siberia.

Ciò che le accomuna è l’amore per l’arte ed in particolare per la musica, il linguaggio universale per eccellenza. Sin dal tardo Ottocento secolo di Romanticismo, di Patriottismo Nazionale, di nascita dell’età contemporanea con il Congresso di Vienna del 1814 – 1815, e poi di Risorgimento, si afferma maggiormente in musica quello spirito nazionalistico e folkloristico tipico delle cosiddette: Scuole Nazionali, laddove in Russia ci sono stati i precursori. Una Russia quella ottocentesca molto dilaniata e retrò sotto l’egemonia dispotica degli zar da Alessandro I a Nicola II ben lontani dall’utopico “Settecento Illuminato” di Giuseppe e Caterina, una nazione prevalentemente agricola fino a portare a diverse rivoluzioni tra cui le maggiori quelle di Febbraio e di Ottobre del 1917 in piena Grande Guerra la scissione tra bolscevichi e menschevichi, le figure prorompenti di Lenin, Trotzki e Stalin, quest’ultimo scriverà forse tra le pagine più brutte della storia contemporanea.

La musica come elemento catarchico di estraneazione dalla truce realtà quotidiana si diffonde nella martoriata Russia ottocentesca con musicisti quali: Michail Glinka, Aleksandr Borodin, Nikolai Rimski-Korsakov, Modest Mussorgski, per poi dare spazio ai Geni di Peter Ilic Ciaikovski, Aleksandr Scriabin e Sergeij Rachmaninoff. Caratteristica comune nella loro musica la mestizia, la tristezza, il dolore di un intero popolo oppresso, espresso principalmente dai canti popolari pregni di melanconia tipicamente romantica accostati da vertiginose danze popolari per esorcizzare il dolore attraverso lo sfrenarsi danzante. Tale musica nasce anche per rivendicare un proprio orgoglio nazionale, la musica fino ad allora eseguita era principalmente la vocale italiana – il melodramma per intenderci – e la strumentale tedesca. Il “nostro”melodramma sempre e da sempre apprezzato in tutto il mondo.

È notizia di questi giorni, dello scorso venerdì 4 giugno, che è stato ripristinato il volo diretto Bari – Mosca, ovviamente CoVid-19, vaccini, Greenpass, positivi permettendo, dalla Puglia si potrà direttamente arrivare a Mosca. La Puglia sappiamo essere terra fertile di compositori: il bitontino Tommaso Traetta, il barese Niccolò Piccinni, il tarantino Giovanni Paisiello, il livornese naturalizzato cerignolano Pietro Mascagni, il foggiano Umberto Giordano – sul quale ci soffermeremo. L’opera italiana principalmente dei maggiori quattro operisti: Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti e l’immortale Giuseppe Verdi erano costantemente presenti nei cartelloni delle maggiori città russe, basti pensare che la prima rappresentazione in assoluto del capolavoro verdiano La forza del destino ha avuto luogo presso il Teatro Imperiale di San Pietroburgo il 10 novembre 1862.

In seguito verranno eseguite anche opere dei cosiddetti autori della Giovane Scuola, Puccini in primis e poi Leoncavallo, Cilea e i già citati Mascagni e Giordano. Il compositore foggiano Umberto Giordano dedicherà un’intera opera a questa nazione e a questo popolo: Siberia del 1903 e la Russia è protagonista anche del capolavoro Fedora del 1898 – quest’ultima presente nella prossima stagione lirica 2021-2022 del Teatro alla Scala di Milano. Ma all’epoca della scrittura di Siberia Giordano in terra russa era già famoso grazie al suo capolavoro assoluto Andrea Chénier del 1896. Gli ideali illuministici di: liberté, egalité e fraternité tipici della poesia del poeta martire della Rivoluzione Francese André Chénier toccheranno il cuore degli intellettuali russi tra cui il primo fra tutti Aleksandr Puskin, il quale dedicherà al suo illustre predecessore l’elegia André Chénier del 1825. La poesia vista come elemento salvifico sarà accentuata da quando sin dal 1897 la figura di Chénier salirà sui palchi dei teatri russi, la cui prima ha luogo al Teatro Bolschoi di Mosca il 26 marzo.

L’opera da un punto di vista musicale prettamente armonico e melodico è apprezzata, meno apprezzato il libretto e l’aspetto drammaturgico di Luigi Illica, intriso di “falsi storici” e “lungaggini” inutili allo svolgimento dell’azione. Da allora l’opera giordaniana è presente in quasi tutte le stagioni liriche, fino ad essere rappresentata per la prima volta in lingua russa a Mosca la sera del 27 novembre 1903 non riscuotendo il successo sperato tanto poi da togliere dai cartelloni per “censura”.

Italia e Russia tanto lontane quanto vicine…

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