La Dolcevita del Porto Rubino

by Marco Pezzella

Cala Paura, Polignano a mare. Due agosto, diciannove e trenta. Non fa particolarmente caldo, l’aria ferma, più in là il mare.

Un caicco con tre musicisti in prova, ormeggia al centro della caletta. Vado a sedermi senza fretta.

Mi siedo, guardo attorno a me, è ancora presto, il cielo è ancora completamente celeste se non per qualche velatura arancione che prelude al tramonto imminente.

Vado a prendere una birra, non che mi vada particolarmente ma, si sa, d’estate è un gesto automatico.

Siamo ancora pochi sul braccio della cala polignanese – assediata dai ristoranti storici – in attesa del concerto di Renzo Rubino.

“Chi?”

“Renzo Rubino, oh. Quel ragazzo della nostra età, di Martina Franca, che è andato a Sanremo almeno tre volte …” 

“No, non lo conosco!”

“Vabbè, stasera fa un concerto a Cala Paura, al tramonto da una barca.”

“Ok ci vediamo là.”

Vero, Renzo Rubino lo conoscono in pochi, è uno di quei nomi “complicati” da ricordare finché non diventa iper popolare e scandito da tutti.

Eppure le sue canzoni, le sue melodie soprattutto sono così orecchiabili, così familiari. Mah. Mistero della popolarità.

Diciannove e cinquantadue, Cala Paura è più gremita, qualche fan si è timidamente affacciato e scruta, ora, la platea degli astanti alla ricerca di un accenno di fan club. Si sa, questi concerti in location quasi top secret sono banchi di prova per i fan: ne scatenano l’indole agonistica e ne aumentano il legame, accorciando le distanze dell’artista di cui si è fan. Una confessione inaspettata.

Qualche minuto dopo viene fuori dalla coperta del gozzo Tramari, un ragazzone in maglia a strisce larghe orizzontali bianche e blu, cappellino e orecchino da marinaio. È lui, Renzo Rubino. L’ovazione delle fan dissolve i dubbi degli astanti spettatori di passaggio.

Intonando “Com è profondo il mare” ha inizio il concerto, col cielo che adesso sparge il pastello arancione su quasi tutta la parte di cielo alle spalle degli scogli di Cala Paura. La canzone dichiara il sostrato del giovane cantautore: amante di Lucio Dalla e del mare, legame divenuto notoriamente indissolubile e popolare e non solo perché chi scrive è pugliese.

A tratti mi ha ricordato la balena, la sirena Pryntyl e l’Oceano Oilalà cantati qualche disco fa da Vinicio Capossela.

Il caicco o caiacco (secondo un marinaio di Tricase) di Renzo comincia a dondolare lentamente, dolcemente, sotto le note suonate da una chitarra acustica e da una tastiera virtuosa, per usare un eufemismo, in realtà l’aggettivo risulta riduttivo attribuito alle dita di Roberto Esposito che danzano su una piccola tastiera.

Un susseguirsi di canzoni italiane che hanno come tema il mare; Rubino così spazia da De Andrè a Paolo Conte, da Pierangelo Bertoli ad Antonello Venditti, da Franco Battiato a Gino Paoli, passando per Domenico Modugno e per Buscaglione.

La scaletta di canzoni italiane termina dopo un’abbondante ora e mezzo ma il gozzo impedisce che il concerto finisca davvero. Così Renzo prosegue con le sue canzoni che sciolgono definitivamente il pubblico il quale si lancerebbe pure in acqua se non apparisse una scelta poco educata nei confronti del mare.

Come improvvisazione vuole, Renzo dopo essersi alzato sulla coperta del gozzo e ringraziato quanti l’hanno applaudito, ascoltato e scoperto, si tuffa in mare dichiarando – senza alcuna evidente possibilità di smentita – finito il concerto.

A pensarci bene non vi erano troppi modi, se non questa soluzione gordiana, di chiudere il concerto.

Porto Rubino salperà in altre cale pugliesi (Torre Canne, Tricase e Locorotondo), non perdetelo, è un consiglio spassionato!

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