La scommessa del Trio Manfredi: «Accostiamoci alla musica del ‘900 senza pregiudizi»

by Fabrizio Simone

Si intitola “Musique au bord de la rivière” il primo disco del Trio Manfredi, composto da tre giovani talenti di Capitanata, Giovanna Sevi, violino; Sara Tomaiuolo, clarinetto; Angelo Nasuto, pianoforte. È una raccolta di quattro opere composte appositamente per questa formazione da alcuni grandi del Novecento (la Suite dall’Histoire du Soldat di Stravinsky, i Trii di Menotti e di Khachaturian, la Suite per clarinetto, violino e pianoforte Op. 157b di Milhaud). I quattro brani saranno eseguiti il 12 maggio al Teatro Giordano di Foggia. È una bella sfida questa del Trio Manfredi, a cui è riservato il secondo appuntamento della nuova stagione degli Amici della Musica: questi brani accattivanti, ispirati talvolta al folklore extraeuropeo, riusciranno ad incontrare il favore di un pubblico non molto abituato alle complesse sonorità del Secolo breve? Bonculture ha incontrato il Trio Manfredi per saperne di più.

Le opere proposte nel vostro primo disco sono tutt’altro che irrilevanti. Perché la scelta è ricaduta proprio su di esse?

Nel disco di esordio c’era l’intenzione di proporre i capisaldi, spaziando tra diversi generi, perché si va dai ritmi sudamericani di Milhaud alla musica armena di Khachaturian, ma in futuro proporremo qualcosa di poco noto, come il Bartok dei Contrasti. La Suite tratta dall’Histoire du Soldat di Stravinsky e la Suite di Milhaud sono i primi brani che abbiamo studiato. La Suite di Stravinsky è uno dei capisaldi scritti per questa formazione. Ha una scrittura di tipo virtuosistico, tempi irregolari, ed è un pezzo complesso. Abbiamo inserito Menotti perché volevamo omaggiare un compositore italiano, la cui musica tra l’altro è poco nota in Italia mentre in America è un autore molto eseguito. Il Trio di Khachaturian, come Milhaud, stempera il carattere complesso degli altri due brani, quindi come programma è abbastanza equilibrato. Sicuramente la scelta di un repertorio per questo tipo di formazione è abbastanza obbligata: abbiamo scelto brani importanti, privilegiando la musica del Novecento e quella contemporanea, perciò auspichiamo future collaborazioni con altri compositori per allargare ulteriormente il repertorio.

Il Trio di Menotti è una vera rarità. Perché Menotti è poco eseguito da noi?

Probabilmente questo dipende dal fatto che da piccolo si è trasferito in America per studiare musica e qui ha trascorso la maggior parte della sua vita. Tra l’altro il Trio che abbiamo inciso è stato scritto proprio per una formazione americana.

Voi suonerete la musica di un russo e di un armeno sovietico, eppure vari teatri hanno annullato concerti di artisti russi o eliminato dai programmi le opere dei compositori russi.

Anche durante la seconda guerra mondiale era vietato un determinato tipo di repertorio. La storia insegna a non ripetere questi errori, ma evidentemente non abbiamo imparato niente. È assurdo rinunciare al contributo culturale offerto da un musicista russo o da un compositore russo. Non possiamo fare a meno di Cajkovskij, di Stravinsky o di Prokofiev.

Quali reazioni ha suscitato il vostro disco?

Il noto compositore e direttore d’orchestra Carlo Boccadoro si è complimentato con noi. Ha apprezzato molto il nostro disco. Per noi è un onore. Ci ha sorpreso anche l’approvazione da parte di persone che non sono del mestiere, che non hanno mai studiato musica e che non hanno determinate conoscenze in questo campo. Evidentemente siamo riusciti ad avvicinare persone che sono abbastanza lontane da questo tipo di musica

Cosa può fare la scuola e l’università per avvicinare i più giovani alla cultura del Novecento?

Innanzitutto far venire le classi ai concerti, ma i ragazzi devono anche rendersi conto di cosa avviene durante le prove. Devono capire cosa significa provare in sala, gestire gli equilibri, vedere l’acustica. Però anche le facoltà umanistiche dovrebbero avvicinare i ragazzi allo studio della musica perché molte volte si studiano solo l’arte e la letteratura del Novecento, tralasciando quanto avviene in campo musicale. Anche organizzare concerti nei contesti accademici può essere funzionale a questo scopo.

Eppure il Novecento continua ad essere bollato negativamente, non capito, ignorato.

Spesso non lo si comprende fino in fondo. Si pensa che sia musica fruibile solo da pochi. Basterebbe avere un po’ di curiosità e accostarsi senza pregiudizi alla musica del Novecento.

Quale compositore vorreste che scrivesse appositamente per voi?

Ci farebbe molto piacere che il M° Michele Bravi scrivesse un trio per noi oppure lo stesso Ivan Fedele.

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