Le band (più importanti) si sciolgono

by Claudio Botta

Roger Waters che ricrea a distanza di 50 anni il capolavoro dei Pink Floyd The dark side of the moon, cancellando di fatto la voce e tutte le tracce epiche di chitarra di David Gilmour, rappresenta l’ultima frontiera di rapporti conflittuali al punto da rinnegare e stravolgere patrimoni preziosi tramandati di generazione in generazione, e consegnati alla leggenda. «Eravamo in quattro, tutti hanno contribuito, ma è un progetto mio, l’ho scritto io» le sue parole per giustificare un’operazione che ha spiazzato i fans del gruppo, più spaventati che sorpresi dal breve teaser pubblicato sui suoi canali ufficiali. Una legittima e originale rilettura di un’opera, o un aperto, maldestro, impossibile tentativo di smarcarsi dal proprio stesso passato? I contrasti fragorosi tra due elementi portanti che hanno portato alla fine – o a divorzi clamorosi – di band venerate nel mondo sono la regola, non l’eccezione. Il geniale autore e bassista e lo straordinario chitarrista hanno smesso di fatto di parlarsi dal 1985 (con due successive, episodiche eccezioni), e la decisione dei membri superstiti di continuare ad esistere come Pink Floyd senza Waters, sancita attraverso un accordo extragiudiziale nel 1987, ha amplificato rivalità, tensioni e dispetti che non rendono giustizia alla grandezza di entrambi. Per avere un’idea del punto di rottura al quale si era arrivati, basti pensare a Comfortably Numb, il brano che chiude il primo lato di The Wall , uscito nel 1979 e registrato l’anno precedente, e uno dei momenti più alti della loro carriera (scelto da entrambi per chiudere i loro concerti solisti): è nato dopo giorni di litigio in studio, perché Waters avrebbe voluto molte sovraincisioni orchestrali, Gilmour un pezzo con più elementi rock, e fu decisiva la mediazione del produttore Bob Ezrin, per arrivare al meraviglioso compromesso che tutti conosciamo con il corpo della canzone sostenuto dall’arrangiamento orchestrale e la parte finale, compreso uno degli assoli più belli di sempre, interamente ripresa dalla versione di Gilmour.

Ha compiuto 40 anni lo scorso 17 giugno Synchronicity, il quinto e ultimo disco dei Police, una pietra miliare della musica che ha conservato intatto il suo fascino, la sua bellezza, la sua potenza. Registrato in una location da favola, gli Air Studios nell’isola caraibica di Montserrat, dai tre elementi della band all’apice del loro successo planetario ma che ormai avevano sviluppato ognuno una personalità e una visione tali da trovare elementi in comune con gli altri solo dopo estenuanti litigate. Tre musicisti che suonavano contemporaneamente ma in ambienti diversi, e il produttore Hugh Padgham più volte sul punto di gettare la spugna, sfinito dalle lunghissime sessioni di editing alla ricerca delle parti migliori da assemblare. I maggiori contrasti sono tra il batterista Stewart Copeland, fondatore del gruppo, e il frontman, cantante, bassista e autore di tutte le hit Sting, e non hanno risparmiato nemmeno Every breath you take, che non è stata incisa live in studio per la serie continua di sovraincisioni dettata dalle diverse sensibilità, spesso agli antipodi (ancora oggi Copeland lo ritiene un pezzo con un arrangiamento sbagliato, e ha dato vita a un disco con relativo tour mondiale, The Police Deranged, in cui propone brani entrati nell’immaginario collettivo nella sua personalissima versione, con il supporto di un’orchestra e di cantanti che non possono reggere il confronto con Sting). Il successo ancora più clamoroso, un tour mondiale sold out in ogni data sono stati l’epilogo di una esperienza irripetibile, chiusa dopo un ultimo concerto a Melbourne il 4 marzo del 1984. Nessun annuncio ufficiale di scioglimento, una pausa di riflessione riempita dal lancio delle rispettive carriere soliste (memorabile il lavoro d’esordio di Sting The dream of the blue turtles e il tour): insieme in studio si sono ritrovati soltanto due anni dopo, ma la perdurante mancanza di armonia ha prodotto soltanto una nuova, scialba versione di Don’t stand so close to me per lanciare un greatest hits, e una pietra tombale sul futuro della band. Con un unico, ultimo insperato regalo per milioni di fans: il tour di reunion nel 2007/2008, dopo 20 anni e per celebrare i 30 di carriera, definito da Sting «un mero esercizio di nostalgia» alla fine dell’esperienza, che ha chiuso per sempre la loro storia insieme.  Senza ulteriori inediti e promesse impossibili da mantenere.

Sperano in un finale diverso, invece, gli ammiratori degli Oasis, che il 10 e l’11 agosto 1996 davanti e insieme a 250mila spettatori complessivi (ma le richieste per un biglietto erano arrivate da 2 milioni e mezzo di persone) e seguiti in radio da 300 milioni di ascoltatori in tutto il mondo – in Italia attraverso le frequenze di Radio DJ – nel parco di Knebworth a 50 chilometri da Londra facevano “the history”, toccando il punto più alto della loro folgorante carriera. I fratelli Liam (cantante e frontman) e Noel Gallagher (autore di testi diventati inni trasversali e chitarrista eccellente) sono stati le icone e il simbolo di una generazione segnata dalla precarietà e dalla crisi economica devastante, capace di riscattarsi e ritrovarsi attraverso il rock ‘n roll e trasformando in un’opportunità e una scelta la condizione di immobilità sociale e la gabbia del vivere giorno per giorno.

Testimonial planetari della Cool Britannia partiti dalla periferia di Manchester, ma caratterialmente opposti, droga e alcol ad aumentare negli anni distanze, fratture, ripicche, frustrazioni. Il 28 agosto 2009 in un camerino allestito per il festival Rock En Seine, a Parigi, si consuma l’ennesimo furibondo litigio e Noel va via («Liam ha preso una chitarra e ha iniziato a brandirla come un’ascia: non sto scherzando, cazzo. La sto prendendo alla leggera perché sono fatto così, ma è stato un atto di violenza inutile: con quella chitarra mi ha quasi staccato la faccia. È finita sul pavimento e io ho posto fine alle sue sofferenze», il suo racconto), un giorno prima del 15esimo anniversario del loro esordio con Definitely Maybe. Qualche giorno dopo una sua lettera ha chiuso un capitolo impossibile da dimenticare, e alimentato da allora una costante nostalgia che nemmeno le rispettive carriere soliste (quella di Liam sorprendente, quella di Noel caratterizzata da alti – pochi – e bassi – parecchi -) riescono a spegnere. La reunion appare un’ipotesi ancora irreale, nonostante le ultime, ricorrenti aperture di Liam su Twitter, la sua vetrina preferita, alternate a insulti verso il fratello, che invece ha sempre mantenuto una posizione rigida nel merito.

Infine, impossibile non citare la band che ha proiettato la musica nella contemporaneità, i Beatles, e che sono stati i precursori di tante dinamiche e tensioni sempre più deflagranti che avrebbero attraversato, influenzato e pesantemente condizionato le altre nelle epoche successive (il rapporto con la fama, il ruolo dei manager, le ambizioni e le frustrazioni personali, il peso del denaro, le influenze esterne). Il loro scioglimento è stato paradigmatico, ma ancora oggi è difficile individuare e definire esattamente le cause che hanno portato alla fine di una stagione che ha lasciato semi ovunque, perché sono state tante e insieme hanno prodotto l’implosione finale. L’assassinio di John Lennon un decennio dopo, l’8 dicembre del 1980 a New York, ha definitivamente consegnato il gruppo britannico alla leggenda e al ricordo, vivissimo anche nei giorni nostri.

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