Le putte Anna Maria, Bernardina del violin, Caterina della viola e Fortunata cantora, che scrissero musica a firma di Antonio Vivaldi

by Alessio Walter De Palma

Il nome di Antonio Vivaldi è sicuramente legato alle sue celebri composizioni – basti citare Le quattro stagioni – e al suo “virtuosismo” con lo strumento il violino antesignano di Niccolò Paganini.

Ma la personalità di Vivaldi è ad ampio scettro, musicista, compositore, esecutore, didatta di eccellente valore. Ha dato tanto alla musica e alla didattica della musica nella sua amata Venezia. Nato da una famiglia di umili origini sin dalla tenera età si dedica allo studio del violino sotto la guida del padre Giovanni Battista barbiere di professione ma violinista per diletto oltre che compositore è di suo pugno l’opera La fedeltà sfortunata allestita a Venezia nel 1688. Di pari passo alla carriera artistica il giovane Antonio si dedica altresì alla carriera ecclesiastica per “assicurarsi un futuro”, e nel 1703 viene ordinato sacerdote, dispensato dal celebrare messa a causa della salute cagionevole, soffriva di “ristrettezza di petto”, probabilmente bronchite cronica. Il “prete rosso”è l’epiteto attribuitegli in virtù del colore dei capelli e retaggio del soprannome paterno Giovanni Battista “Rossi”. Gli abati all’epoca a Venezia oltre a godere di uno stipendio fisso potevano esibirsi in pubblico professionalmente e così che Vivaldi fece, oltre che a comporre musica.

La povertà dilagava anche nella secolare città lagunare e per i cosiddetti trovatelli gli ospedali fungevano da rifugio. Venezia aveva quattro ospedali-conservatori per giovani donne: I Mendicanti, gli Incurabili, l’Ospedaletto e Santa Maria della Pietà. Una sorta di rifugio peccatorum, il cui peccato è quello di essere state abbandonate, cioè esposte, povere e orfane. Tali bambine in questi luoghi si sentono “vive”, ricevendo un’istituzione ed educazione religiosa, apprendendo l’arte della musica e del canto.

Dal 1703 sarà Don Antonio Vivaldi maestro di musica presso la prestigiosa Pietà. Vivaldi insegnerà dal 1703 al 1720 eccettuato il biennio 1709-1710 in cui per contenere i costi non gli viene rinnovato il contratto.

Le sue allieve comunemente chiamate “putte”, cioè ragazze in dialetto veneziano, venivano riconosciute dalle abilità musicali che possedevano non avendo loro un cognome. Ed è così che conosciamo: Bernardina del violin, Caterina della viola, Fortunata cantora. Le putte o anche le ospedalere si esibivano il sabato, la domenica e i giorni festivi per “lodare il Signore”, non viste ma solamente udite. Si esibivano dietro delle inferriate perché sfigurate o affette da menomazioni dalla nascita, alla bellezza sublime del loro canto e della loro esecuzione musicale non corrisponde una bellezza fisica, sicuramente dotate di bellezza interiore ma non esteriore. Abbiamo testimonianze a riguardo dal genio illuministico di Jean-Jacques Rousseau che nelle sue Confessioni riporta l’aneddoto di aver ascoltato e intravisto le putte dal vivo durante il suo soggiorno a Venezia. Rousseau nel suo sapere enciclopedico in perfetto stile illuministico era esperto di musica, a lui si deve la composizione dell’opera L’indovino del villaggio. Raggiunta la maggiore età tali ragazze potevano decidere se continuare gli studi musicali solo ed esclusivamente all’interno della Pietà evitando così ogni forma di concorrenza, aspirando al più alto grado di “Maestro”, lasciare il conservatorio e dedicarsi alla vita monastica oppure alla vita familiare trovandosi marito e sposandosi. La maggior parte continuano gli studi musicali come è il caso di Anna Maria, la migliore allieva di Vivaldi. Primo violino del coro (l’orchestra femminile per cui Vivaldi scriverà tante composizioni), suona bene anche altri strumenti come il clavicembalo, il violoncello, la viola d’amore, il mandolino e la tiorba, raggiunge la vetta più alta di “Maestro”, e molto probabilmente sarà lei stessa – insieme ad altre mani – a comporre musica a firma di Antonio Vivaldi, ormai non più solamente “maestro di violino”, bensì “maestro de’ concerti”, una carica prestigiosa ed impegnativa a cui è necessario dedicare molto tempo e quindi probabilmente a suo nome scrivevano musica le “ex orfanelle” ormai “maestre”, carica che ben presto abbandonò per accettare il “maestro di cappella da camera” dal ducato di Mantova. Anche dopo il 1720 il rapporto con la Pietà non cesserà mai. Tornò alla Pietà dal 1723 al 1729 e poi dal 1735 al 1739 quando poi decise di stabilirsi definitivamente a Vienna, dove morì povero e nell’oblio nel 1741.

Potremmo concludere che l’Amore per la Pietà nonostante le tante peripezie è durato tutta una vita, una Vita con la V maiuscola degna di essere stata vissuta.

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