Madonna, 40 anni da icona pop. Tra celebrazioni e polemiche

by Claudio Botta

Louise Veronica Ciccone, in arte Madonna, celebra 40 anni di carriera. 40 anni in cui ha determinato cambiamenti epocali e profondi partendo dal nulla, da una ragazzina ambiziosa e determinata arrivata senza un centesimo all’alba degli anni Ottanta in una New York sempre più in ebollizione e cuore pulsante di nuove espressioni artistiche, dalla street art di Keith Haring e Jean Michel Basquiat (con cui ebbe una breve ed intensa relazione, e decenni dopo per acquistare una sua opera valutata un milione di dollari lei entrò in competizione addirittura con Gianni Agnelli, appassionato collezionista) alla fotografia di Robert Mapplethorpe, Andy Warhol e la sua Factory il riferimento più significativo della ‘pop art’ che spedisce in soffitta tutto il preesistente.

La capacità incredibile di intuire e assorbire mode e tendenze, di personalizzarle e rielaborarle, dando vita e anima a una sé sfacciata, trasgressiva e iconica: l’esordio è già da grande star, il suo stile richiama il punk ma in versione più glamour e sensuale, i crocifissi ostentati e lo stesso nome scelto che ovviamente scatenano polemiche e un interesse ossessivo, alimentato da video altrettanto provocatori. Milioni di dischi venduti e di fans adoranti, l’inizio di una serie di riuscite trasformazioni in cui musica e marketing vanno di pari passo. La ‘material girl’ a immagine e somiglianza di Marilyn Monroe, un esercito di uomini letteralmente ai suoi piedi (ballerini, dj, musicisti, produttori, registi, fidanzati cambiati a ritmo vorticoso): la rivoluzione sessuale non si era mai spinta così avanti, nessuna donna aveva mai avuto il suo potere e la sua libertà. La volontà di andare sempre oltre, il coraggio di spingersi sempre più in là, le sfide affrontate con una preparazione maniacale, ore e ore di studio e approfondimento, le differenze di genere brutalmente spazzate via, e senza nemmeno bisogno di dichiararsi apertamente femminista o attivista lgbt, è la sua stessa vita – nel pubblico e nel privato, sul palco o su un set – a raccontarla e descriverla, senza filtri e mezze misure. Il cinema come parallelo importante ma non altrettanto decisivo per la sua carriera e la sua consacrazione come artista globale, nonostante un talento non eccelso: ‘Desperately seeking Susan’ (1985) resta il suo film migliore, insieme ad ‘Evita’ (1996), il musical su Evita Peron in cui la sua interpretazione è particolarmente intensa, mentre in altre le scelte sembrano condizionate dai partner dell’epoca (il flop ‘Shanghai surprise’ con Sean Penn, ‘Dick Tracy’ con Warren Beatty, il pessimo remake ‘Travolti dal destino’ diretta dal marito Guy Ritchie). Certamente più dirompente l’impatto di film-documentario come ‘A letto con Madonna’, girato all’epoca del Blonde Ambition Tour (1990) e che fotografa la sua vita senza censure e tabù, e del libro ‘Sex’, collage di foto erotiche realizzate da Steven Meisel con la direzione artistica di Fabien Baron, partners in crime celebrities come Naomi Campbell e Isabella Rossellini. Lo scandalo caratteristica costante, sperimentazione e scoperta al tempo stesso, e l’indubbio merito di superare la dimensione strettamente individuale per avviare una trasformazione collettiva. Il piacere femminile non più nascosto e vissuto come peccato, ma fieramente rivendicato e ostentato. La sua religiosità rivendicata, inclusiva e aperta, e gli attacchi costanti da parte della Chiesa Cattolica (dal vestito da sposa indossato nel video di Like a Virgin in poi). La scelta di avere dei figli senza necessariamente una famiglia tradizionale di riferimento, i matrimoni falliti (con Sean Penn e con l’inglese Guy Ritchie), le relazioni frequenti con ballerini giovanissimi.

Per decenni è stata un modello di ispirazione, nel pop – con album frutto di collaborazioni eccellenti e produzioni innovative -, nello spettacolo – concerti show che hanno spianato l’autostrada alle Beyoncé e Rihanna arrivate seguendo la sua scia -, nella moda (dal chiodo borchiato in pelle ai corsetti, dalle minigonne ai dettagli in tulle, e ancora la bandana legata a mo’ di fascia per i capelli, le croci come simbolo trendy e non strettamente sacro, la lingerie a vista e i jeans strappati, i disegni con l’hennè sul viso e sulle mani, lo stile orientaleggiante, l’amicizia e le collaborazioni con Jean Paul Gaultier – il reggiseno conico e il bustier in raso nude indossati nel Blonde Ambition Tour sono diventati dei feticci attualissimi e imitati ancora oggi, simbolo ed espressione della liberazione del corpo femminile da qualunque pregiudizio e repressione-, Dolce&Gabbana – splendida testimonial della campagna primavera-estate 2010 -, Donatella Versace, di cui è stata anche testimonial per due differenti campagne nel 2005 e nel 2015: impossibile elencare tutte le sue metamorfosi, che hanno imposto, rielaborato o riproposto tendenze), nel costume (le battaglie per i diritti civili, per l’emancipazione, l’espressione e l’affermazione di chiunque combattute in prima persona senza reti di protezione), nell’arte (il suo lavoro per la promozione e la valorizzazione di giovani talenti è stato prezioso e importante in epoche cicliche di individualismo sfrenato).

Soltanto dalla fine dello scorso decennio i primi, vistosi sintomi di appannamento: un disco, Madame X, non all’altezza delle aspettative e del suo passato. Un tour troppo impegnativo, per costruzione dello spettacolo – con numerose coreografie da proporre e perfezione maniacale richiesta, oltre al canto, e un fisico non più giovane nonostante gli allenamenti da “donna bionica” – e numero di date, e funestato da rinvii, date cancellate, un ginocchio infortunato, dolori cronici che alla fine hanno reso necessaria un intervento chirurgico all’anca. Il ricorso alla chirurgia estetica, documentato anche nel suo profilo Instagram seguito da 18 milioni e 700mila followers, e un rapporto col tempo diventato difficile, e ovviamente discusso. E se nel 2019 nella sua esibizione con Maluma ai Billboard Music Awards era apparsa in forma smagliante (a 61 anni), la sua apparizione alla cerimonia di premiazione della 65esima edizione dei Grammy Awards, a Los Angeles il 5 febbraio scorso, e le inquadrature impietose della regia hanno alimentato polemiche feroci sulle labbra gonfiate, gli zigomi alzati, gli occhi sottili, la pelle levigata, il volto irriconoscibile. Lei si è difesa attaccando, in un lungo messaggio postato proprio su Instagram, in cui si è definita “ancora una volta vittima di discriminazione basata sull’età e della misoginia che permea il mondo in cui viviamo”. Un mondo che, per Madonna, “si rifiuta di celebrare le donne che hanno superato i 45 anni e sente il bisogno di punirle se continuano a essere piene di forza di volontà, lavoratrici e avventurose. Non mi sono mai scusata per nessuna delle scelte creative che ho fatto, né per il modo in cui appaio o mi vesto, e non inizierò ora. Sono stata denigrata dai media fin dall’inizio della mia carriera, ma capisco che tutto questo è una prova e sono felice di essere all’avanguardia”, la sua orgogliosa, ostinata rivendicazione. E’ sempre se stessa nella ribellione che resta anche se la gioventù svanisce. I giudizi velenosi che colpiscono sempre le donne e non gli uomini, anche se nel suo luccicante mondo (Mick Jagger e Keith Richards eterni fighi, sempre inossidabili e mai patetici, per fare solo un raffronto) non la fermano e non la fermeranno. Lei così è, se vi pare, e bisogna solo ringraziarla, e ammirarla.

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