Medimex, dalla classe di Bryan Ferry all’anima jazz di Renzo Arbore. Per una Spring edition fredda e indimenticabile

by Antonella Soccio

Cosa resterà del Medimex a Foggia in una Spring Edition fredda e piovosa? Le mostre fotografiche e le Fender, che ancora contamineranno la città. Il concerto sfavillante di Bryan Ferry e della sua straordinaria band, con la sassofonista Jorja Chalmers di cui si sono innamorati tutti i nostalgici degli anni Ottanta. 15.000 spettatori in Piazza Cavour ricorderanno per sempre il crooning di Ferry, le sue cover raffinate, su tutte Jealous Guy di John Lennon, i suoi motivi divenuti familiari anche per i più giovani, che conoscono More Than This e altri pezzi come colonne sonore saccheggiate dalle pubblicità.

Il live è stato un tocco di classe insuperabile con i ritmi frantumati e quasi tribali di Luke Bullen, il sax free jazz di Jorja Chalmers che trasportava in atmosfere da disco music o da tramonti da Cafè del Mar, i sintetizzatori futuristici di Christian Gulino, le chitarre incredibili Chris Spedding, il violino gotico di Marina Moore, il basso a più dimensioni di Jerry Meehane, i cori soul delle magnifiche Bobbie Gordon e Hannah Khemoh, tutti carezzati dalla voce ormai calda e adulta di Ferry.

La clip di Vanni Natola per BonCulture

Resterà il sound graffiante di una generosa Noemi insieme al duetto, col pubblico colto sotto la pioggia, tra Renzo Arbore e Nicky Nicolai con quel Cheak to Cheak americano, l’amato jazz della Liberazione nella città bombardata della Seconda Guerra Mondiale. Un momento magico, come magica è stata la partecipazione dell’artista al carcere foggiano dove ha cantato Vengo dopo il Tiggì insieme ai detenuti.

Il concerto di Arbore e dei suoi amici jazzisti in piazza è stato qualcosa di incredibilmente alto, da jazz club, da Umbria Jazz o da indimenticato Foggia Jazz anni Settanta, assolutamente fuori contesto su quel palco imponente e inverosimile per Piazza Cavour. L’anima jazz della città era lì con l’ombrello a tenere il tempo. “La mia città ha lo swing”, ha detto Arbore.

Resterà il pubblico caldo e partecipe del Teatro del Fuoco, che ha seguito tutte le conversazioni musicali di Ernesto Assante, dopo la magia di Vormann della prima sera.  Ermal Meta ha entusiasmato i più giovani, regalando anche qualche suo brano.

Nina Zilli ha divertito, ricordando il senso degli album concept e delle sue collaborazioni con Mauro Pagani. La hit 50mila arriva dopo tantissimi anni. “Sui treni mi piace salirci sopra, se c’è una possibilità in cui intraveda un grande divertimento è difficile che dica no”, ha detto col cuore alla Puglia reggae e ai Sud Sound System, suoi fratelli.

Resteranno le tante evocazioni di Lucio Dalla e l’omaggio domenicale con Pierdavide Carone e Stefano Senardi. “Le stranezze perfette di Lucio erano anche i suoi comportamenti a tavola, conversava col tappo in bocca, seguiva una dieta, non mangiava fondamentalmente, gli piaceva spiluccare, ti invogliava a scegliere i piatti che piacevano a lui per rubarti dal piatto, lo faceva anche con altri. Non aveva né limiti né barriere. Quando un essere umano si pone dei limiti e sta dentro certi schemi, è difficile andar fuori, se sei un essere borderline scrivi delle cose come Com’è profondo il mare. Ci sono tanti cantautori, ma nessuno scrive in maniera così surrealista e realista insieme. La sua unicità è che era cantautore e produttore, ha prodotto Luca Carboni, gli Stadio, Samuele Bersani”, ha ricordato il Carone di Nanì e altri racconti, album prodotto da Lucio Dalla.

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