Musica, parole e drink. Il riuscito cocktail dei concerti aperitivo dell’Ico «Suoni del Sud». Sold out all’esordio

by Enrico Ciccarelli

Quattro domeniche, dal 3 ottobre al 3 dicembre, per le inconsuete matinée dei Concerti Aperitivo organizzati dall’Istituzione Concertistica Orchestrale (ICO) «Suoni del Sud» in collaborazione con il Teatro «Giordano» e il contributo di Ministero della Cultura, Regione Puglia e Comune di Foggia. Un’idea non inedita, che pare abbia qualche remoto precedente anche nella nostra città, ma che viene riproposta in modo articolato e convincente. Per la location, la magnifica «Sala Fedora» del nostro Teatro Comunale, trasformata e ristrutturata alla fine del secolo scorso dopo avere ospitato per un secolo e mezzo il Ridotto del Real Teatro Ferdinando; per l’ottima qualità degli interpreti e dei programmi di sala, che tengono conto della peculiarità del giorno e dell’orario; per l’idea, resa possibile dalla collaborazione con il Bar Maluì, di comprendere nel risicatissimo costo del biglietto d’ingresso (cinque euro, da medaglia d’oro della lotta all’inflazione) la degustazione di un analcolico corredato da rustici secondo un’abitudine foggiana d’importazione che è ormai un must dell’ora di pranzo in tutti i più accorsati bar cittadini.

Carta più di tutte vincente, a parere di chi scrive, è quella di abbinare ai concerti delle pillole di storia, come le chiama Gianni Cuciniello, responsabile dell’Ico. Nell’esordio di domenica 3 ottobre, interessantissima comunicazione di Gloria Fazia, che ha spiegato con brio e in modo documentalmente ineccepibile, storia e genesi delle quattro statue di impostazione neoclassica che adornano il Ridotto fin dalle origini (due sovrani del Regno delle Due Sicilie e le regine da loro impalmate in seconde nozze). Oltre a parlare diffusamente delle cronache nuziali dei Borbone, con le quali Foggia ha molto a che vedere, Fazia ha chiarito che le statue, con i sovrani raffigurati come imperatori romani e le consorti come matrone, non furono concepite per le nicchie dei propilei della Villa Comunale (come il Real Teatro Ferdinando frutto del sogno classicheggiante di Luigi Oberty), ma pensate direttamente per il sito in cui tuttora si trovano.

Di ottimo livello anche la parte musicale, che il duo composto da Vito Paternoster al violoncello e Pierluigi Camicia al pianoforte, ha dedicato alla cantabilità del violoncello. Un tema che può ritenersi insito nella natura stessa dello strumento, erede cinquecentesco del basso della viola da braccio. Per la sua intensità timbrica e i suoni gravi, il violoncello presenta infatti più di una similitudine con la voce umana, e in epoca protoromantica e romantica è stato utilizzato in più di un brano sentimentale e struggente.

Ne sono stati esempio in Sala Fedora la celeberrima «Romanza senza parole» di Felix Mendelssohn-Bartholdy e la mirabile Sonata op. 69 in La maggiore per violoncello e pianoforte di Ludwig Van Beethoven, così come l’aria «O tu, bell’astro» dal Tannhauser di Richard Wagner. Poi si è dato spazio a melodie più moderne e con un retrogusto ironico come le «Due danze illiriche» di Mariano Paternoster, e la «Giannino Stoppani Suite», omaggio di Vito Paternoster a Nino Rota.

Giannino Stoppani è il protagonista del «Giornalino di Giamburrasca» di Vamba, che negli anni Sessanta diventò un famoso sceneggiato televisivo interpretato da Rita Pavone, con la colonna sonora firmata dal geniale musicista milanese. La divertente e forse –detto da profani- un po’ troppo estesa suite di Paternoster si chiude con il topos più famoso dello sceneggiato: quell’inno alla «pappa col pomodoro» che rappresenta obiettivamente il miglior viatico per un aperitivo domenicale con susseguente pranzo.

Prossimo appuntamento il 29 ottobre, con il Trio Metamorphosi e la comunicazione di Saverio Russo, su «I Foggiani a teatro nel primo Ottocento». Consigliatissimo.

Nel video l’intervista a Gianni Cuciniello

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