Lezioni di Romanticismo europeo in musica, “Classica di classe” in scena a Lucera

by Daniela Scopece

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura.

L’Infinito (vv. 1-8)

Nessuna siepe all’orizzonte. Eppure, dentro di noi, non sono proprio la castrazione e la presa di coscienza del limite a generare quel desiderio di andare oltre, verso le stelle, ad insinuare forse il germe del possibile, del non ancora, la dimensione utopica del sogno e della speranza? Il mare nel quale il naufragar m’è dolce oggi era intriso di note, di una soave melodia che fa sovvenir l’eterno.

Il teatro Garibaldi di Lucera si trasforma in una sorta di buco nero che ingloba ed introduce ad una nuova dimensione, permettendo di oltrepassare quel limen oltre il quale l’immaginazione si nutre di autentiche emozioni. A partecipare, questa mattina, al progetto “Classica di classe”, gli studenti dell’I.C. “A. Moro” di Stornarella, dell’I.C. “Santa Chiara Pascoli Altamura” di Foggia e dell’I.C. “Tommasone-Alighieri” di Lucera. La lezione concerto, tenuta dal M° Francesco Mastromatteo ha voluto tratteggiare, con veloci ed efficaci pennellate, i tratti del Romanticismo europeo presentando inediti punti di contatto tra gli autori in rassegna, Beethoven e Schubert, e la poetica di Leopardi il cui Infinito quest’anno celebra i suoi duecento anni dalla composizione (Recanati, 1819).

Il Maestro cattura l’attenzione della platea con una disquisizione di stampo filosofico sugli opposti, di eraclitea memoria, spiegando che “il suono è la conseguenza del silenzio” e, quest’ultimo, la sua condicio sine qua non. È un’“emozione irripetibile” quella che passa in una serie di suoni che esistono soltanto in un preciso momento hic et nunc e, per questo, va vissuta avidamente senza lasciare spazio a vanesie illusioni: “Nessun uomo entra mai due volte nello stesso fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, ed egli non è lo stesso uomo”.

Il trio, composto dal pianista americano Andrew Wright, dalla violinista canadese Cordelia Paw e dal violoncello di Francesco Mastromatteo ha eseguito Variazioni di Beethoven su tema popolare (Trio op.121° “Kakadu”) e l’ultimo tempo del Trio op. 100 I movimento di Schubert.

Ludwig van Beethoven – sottolinea il Maestro rivolgendosi agli studenti – “non scrive qualcosa di necessariamente bello, era anzi noto a Vienna perché componeva musica che altri definivano sovente troppo violenta ed affatto elegante. Ciò che lo rende apprezzabile è la sua ricerca del vero. I suoi suoni nascono dal silenzio e dalla verità. Quella verità alla cui ricerca tende anche la poesia leopardiana, che raggiunge le sue suggestioni più autentiche nella musicalità delle sue scelte parole. Entrambi lavorano per cancellazione, di note e versi copiosi, in un ampio slancio che sottende un profondo lavoro di revisione e di labor limae perché la ricerca del vero si attui nella capacità di arrivare e parlare a tutti individualmente”. L’incipit si caratterizza per un’atmosfera estremamente cupa, segnata dalla gravità del registro, a cui segue – in maniera inattesa – un tema divertentissimo e scherzoso in cui Beethoven “gioca con la verità”. Le Variazioni evocano il ricordo di una delle liriche leopardiane “più complete dal punto di vista sonoro”, come si evince dalla lettura, abilmente interpretata dal Maestro, della prima strofa da Il Passero solitario, che precede l’esecuzione del trio.

D’in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.

Il secondo momento è dedicato all’ascolto di Schubert il quale, come Beethoven, lavora a Vienna. Anche lui presenta degli aspetti affini al Leopardi nella fase del suo testamento. Ne La ginestra o il fiore del deserto la consapevolezza della sorte comune a cui l’uomo è destinato ed il coraggio di affrontare la verità non dissimulando la condizione infelice ed effimera del genere umano è possibile solo nella solidarietà, nello stringersi in social catena contra l’empia natura. Franz Schubert, che pure muore giovanissimo, risolve la più grande contraddizione della nostra esistenza, l’indomita dinamica tra ego ed anima: nella sua opera la capacità di decentrarsi si fa pienezza di essere noi stessi negli altri. Schubert è il “compositore dell’anima”al punto da abbandonare il proprio ego per vivere soltanto nell’alterità di un tutto a cui si fonde non potendone più essere una parte ma partecipazione di una nuova essenza. Di fronte all’hostis, all’estraneità del mondo, la sintesi è nell’incontro con l’altro che si respira nell’incontro con l’opera. A chiudere, un omaggio alla musica Gipsy ed, in particolare, a Franz Joseph Haydn, maestro di Beethoven e compositore tra i più grandi del classicismo europeo, che dà vita a fine Settecento ad un trio per pianoforte, violino e violoncello in cui nell’ultimo movimento scrive Rondò su temi Gipsy. Un breve exursus, prima della brillante esecuzione,sul virtuosismo strumentale della musica creata dalle comunità Rom, depositarie di tradizioni artistiche tra le più antiche e le più nobili a cui l’esperienza europea in diverso modo è legata.

I versi e le note oggi si sono saldati per farsi volano di un autentico messaggio di inclusione e di solidarietà al servizio di identità aperte, plurali, dialogiche che accolgano l’altro nella sua arricchente unicità. L’esperienza lucerina ha visto sul palco il trio che si esibirà anche stasera in un’esecuzione di grande levatura e virtuosismo, capace di appassionare e coinvolgere anche il giovane pubblico in una sintesi che vede fondersi etica ed estetica nella missione forse più nobile e vera a cui l’arte può adempiere.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.