Strauss & co. al “Giordano”: il Concerto di Capodanno non è mai stato così scoppiettante

by Fabrizio Simone

Wien bleibt Wien! Sì, Vienna è sempre Vienna. Su questo non si discute. Ce lo ricorda persino la marcia omonima di Johann Schrammel, mai eseguita (stranamente) all’interno del tradizionale Neujharskonzert che ogni anno (neppure il Covid l’ha fermato) va in onda dalla Goldener Saal del Musikverein. E Foggia, allora? È sempre la solita Foggia o non può sognare di essere altro? Certo che può. Ci ha pensato l’Orchestra ICO (Istituzione Concertistica Orchestrale) “Suoni del Sud”, di recente fondazione, a far sognare i foggiani, organizzando una prima stagione concertistica di grande valore, che è terminata con uno scoppiettante Concerto di Capodanno, andato in scena il 30 dicembre presso il Teatro Giordano del capoluogo dauno.

La neonata orchestra stabile di Foggia è stata diretta dal M° Marco Moresco ed ha presentato un programma variegato ed estremamente interessante (ad esempio, la polka schnell straussiana Sturmisch in Lieb’ und Tanz è stata una vera sorpresa, dato che non è tra le opere più famose del Re del valzer benché sia tra le sue polke veloci più belle), non troppo serio né troppo leggero, apprezzato dal numeroso pubblico: l’Ouverture dalla Gazza ladra rossiniana ha sempre il suo fascino, soprattutto quando viene suonata da musicisti di un certo spessore (è questo il nostro caso), l’Intermezzo dalla Fedora di Giordano è una pagina di grande valore (ricordiamo l’incisione di Karajan con la Filarmonica di Berlino nel 1968) che trasuda passione e merita d’essere riproposta più spesso (magari insieme alle altre poche pagine strumentali dell’autore) perché molti foggiani continuano ad ignorare la sua esistenza; non abbiamo difficoltà a riconoscere nell’Intermezzo dalla Manon di Puccini un capolavoro che odora di catastrofe e di tragedia irreparabile, la cui bellezza è stata esaltata da un’esecuzione che ha rasentato la perfezione (la potenza degli archi la ricorderemo per un bel po’); infine, la Suite n.1 dalla Carmen di Bizet ha eccitato gli animi e scaldato i cuori prima del vero pezzo forte, la seconda parte del concerto, interamente dedicata alla musica straussiana.

Le orchestre italiane, quando suonano un valzer o una polka di Strauss (Strauss figlio, ovviamente, perché del papà, in Italia, tendiamo ad eseguire solo la Marcia di Radetzky, dimenticando capolavori in tre quarti come il Cäcilien-Walzer su temi tratti dalla Sonata a Kreutzer di Beethoven e anche l’eterno Loreley-Rhein-Klänge Walzer), il più delle volte scimmiottano la Filarmonica di Vienna, risultando assolutamente ridicole e fuori luogo. Questo, però, non possiamo dirlo della nostra orchestra stabile, perché ha suonato la musica straussiana con una grazia straordinaria. È l’equilibrio la cifra stilistica di questa esecuzione mai pedestre o volgare: pensiamo soltanto al travolgente trio della Tritsch-Tratsch-Polka, spesso snaturato della sua componente marcatamente umoristica, la cui esecuzione non fa rimpiangere il confronto con orchestre blasonate ed esecuzioni memorabili (ancora una volta il riferimento d’obbligo è l’incisione fatta da Karajan con i Berliner, rilasciata nel 1981). Che piacere, allora, l’assolo di Daniele Miatto in An der schönen blauen Donau, che delizia la coda di Frühlingsstimmen, che gioia il brevissimo intervento dei corni nel finale di Sturmisch in Lieb’ und Tanz. Un Concerto di Capodanno di questo tipo, suonato in questo modo, mancava a Foggia da troppo tempo.

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