Tango, l’amore ai tempi della guerra (in Ucraina)

by Claudio Botta

L’amore in tutte le sue possibili declinazioni ha ispirato migliaia di canzoni, in ogni parte del mondo. L’amore vissuto, atteso, tradito, immaginato, finito, appena iniziato, timido, sfacciato, violento, delicato, fragile, insicuro, disinibito, fluido. L’amore impossibile e quello reale, quello silenzioso e quello urlato, quello sofferto e quello radioso.

Per il San Valentino 2023 l’amore ha i volti e i nomi di Olha (Olga) e Maxim Rastieriaiev. Hanno entrambi 35 anni, sono ucraini, sposati, e vivevano con la loro figlia Liza quattordicenne a Smoline, un piccolo paese in provincia di Kirovohrag, poco distante da Kryvi Ryh, la città natale del presidente Zelensky, e dal confine moldavo. La loro quotidianità è stata improvvisamente stravolta e spezzata dall’invasione da parte delle truppe russe, il 24 febbraio dello scorso anno. Il mondo con il fiato sospeso, la guerra ancora una volta in Europa, a qualche ora di volo appena, la prima al tempo degli smartphone e dei social, che sono riusciti a documentare attimo per attimo atrocità e massacri, a smascherare e insieme alimentare fake news, a tracciare e insieme calpestare il confine tra l’informazione e la propaganda.

 Lui militare di professione, già al fronte per un anno e mezzo durante la prima invasione russa nel Donbas (2014), nuovamente in mimetica non per esercitazioni di routine ma per difendere la loro libertà, la sovranità della loro patria e cercare di fermare stupri, massacri, devastazioni, sopravvivere prima ancora che riprendere a vivere, continuare a vivere. Lei costretta a partire con Liza, insieme a centinaia di migliaia di donne come lei, terrorizzate e potenziali vittime di crimini aberranti che il buio dell’umanità ha già conosciuto, ma l’orrore evidentemente non conosce mai fine, non conosce pace. All’inizio di una primavera senza sole sono arrivate in Italia, accolte in una struttura di prima accoglienza, e poi ospitate in un appartamento al quartiere Isola, a Milano. Una distanza forzata ma necessaria che non poteva e non potrà certo interrompere la loro relazione così intensa, l’assenza fisica colmata da continue videochiamate, quando è per lui possibile, da messaggi, da brevi video, gli stessi di chissà quante altre coppie ogni giorno nel mondo.

La loro storia era conosciuta fino a cinque giorni fa soltanto da un gruppo ristretto di familiari, amici e connazionali che di sera e in particolare nei fine settimana si ritrovano in piazza Duomo, per non sentirsi soli, per condividere notizie, speranze, paure, per aiutarsi e sostenersi a vicenda, angosciati e festosi, come accade nei gruppi in terapia. In Italia era in programma il festival di Sanremo, e da settimane l’attenzione prevalente dei media era concentrata e schiacciata unicamente su quello, e nemmeno un terremoto di proporzioni bibliche in Turchia e Siria poteva modificare palinsesti e impaginazioni. E di Ucraina a Sanremo si parlava – e polemizzava, tantissimo – soltanto per un video che doveva essere inviato dal presidente Zelensky (come successo ai festival del cinema di Cannes e di Venezia, alle Nazioni Unite, al Congresso Usa) per sensibilizzare la numerosa platea e alimentare l’attenzione sulla tragedia in corso, perché il rischio ‘assuefazione’ a vittime, morti, macerie sarebbe letale quanto i missili e i carri armati, e loro non possono permettersi di correrlo. Quel video alla fine non è mai arrivato (un incidente diplomatico in cui sia l’Italia che la Rai hanno fatto comunque una figuraccia, ndr), sostituito da una lettera letta dal conduttore della manifestazione alle 2,14 della notte tra sabato e domenica scorse, orario che – considerato pure il fuso orario in Ucraina e in Russia (rispettivamente un’ora e due ore in avanti) – l’ha ridotta a pura formalità. A Sanremo era in gara un cantante e produttore milanese di 28 anni, Alberto Cotta Ramusino, in arte Tananai (in lombardo stretto vuol dire ‘piccola peste’, ed era così che lo chiamava scherzosamente suo nonno, cui è legatissimo), alla sua seconda partecipazione consecutiva, dopo l’ultimo posto lo scorso anno della sua ‘Sesso occasionale’ che non gli aveva impedito però di emergere e di raggiungere popolarità e successo, certificato anche dalle vendite del disco e dalle tappe del tour sold out. La canzone proposta, ‘Tango’, scritta insieme a Paolo Antonacci, Alessandro Raina e Davide Simonetta, esordisce con la strofa “Non c’è un amore senza una ragazza che pianga”, parla di amore struggente e di rimpianti (“tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta/così non ti ho offro da bere e non ti ho conosciuta”, “non sei di nessun altro/e di nessuna io”), di constatazione, destino e rabbia (“lo so quanto ti manco/ma chissà perché Dio/ci pesta come un tango”).  Di amore “tra le palazzine a fuoco”, e chissà “come si salva un amore se è così distante”. Il finale drammaticamente aperto: “E’ meglio, è meglio/che non rimani qui/io tornerò un lunedì/ma non mai lunedì”.

Sembra(va) una ‘classica’ canzone d’amore: melodia in linea col testo, presentazione elegante come gli abiti Gucci indossati da Tananai nel corso delle varie serate. Fino a quando, cinque giorni fa, è stato caricato il video ufficiale su youtube: e sono apparsi loro, Olha e Maxim, nei loro video amatoriali in vacanza, al mare, sulla neve, i loro sorrisi, i loro sguardi, i loro vestiti. E dopo pochi secondi appena, tutto cambia: l’addio è un abbraccio struggente a un uomo in divisa, le palazzine a fuoco vengono riprese da una distanza raggelante, e il cielo grigio si accende di incubi. Il “noi non siamo come loro” è una rivendicazione dell’orgoglio di una nazione, non solo l’aspirazione di una coppia felice, essere unica e speciale. E se lei prepara confusa e stravolta un trolley per un viaggio verso l’ignoto, lui prepara un caricatore. I loro viaggi agli antipodi. Lei in cucina, lui per strada, in azione. I loro visi insieme solo attraverso una videochiamata. E tutto ha un altro significato.

E’ l’amore al tempo della guerra, e quelle immagini nella loro semplicità hanno un impatto emotivo fragoroso, impossibile restare indifferenti: ma sono di una delicatezza ancora più potente, toccante. La stessa ammirevole, incantevole delicatezza mostrata da Tananai – che ha conosciuto la loro storia attraverso un’amicizia comune – nell’avere evitato qualsiasi spiegazione e possibile strumentalizzazione prima e durante il festival, e nelle due rose, una gialla e una azzurra, con le quali ha accompagnato la sua esibizione nella serata finale, non c’era bisogno di aggiungere nient’altro. E così quel messaggio, il suo messaggio, si è rivelato più forte di qualunque altro, sottratto a qualsiasi tentazione e polemica. Quell’ “io tornerò mai lunedì/ma non è mai lunedì” è diventato la fotografia nitida della guerra in Ucraina e di tutte le guerre, la cui fine tutti vogliono (anzi, proprio tutti no) che arrivi ma la fine non arriva mai, e non arriva mai il ritorno alla normalità, agli studi, al tempo libero, al divertimento, allo sport, ai viaggi, ai sogni, alla propria vita, non più sospesa a tempo indeterminato. Quell’amore, il loro amore, però resiste tra fiamme e macerie, e va protetto come si devono proteggere la vita stessa e la libertà, senza la quale nessuna vita può dirsi compiuta.

Per la cronaca, la canzone non ha vinto nessun premio, Tananai è arrivato quinto, ma è un dettaglio. E’ importante che sia stata composta, prodotta, cantata (benissimo) e accompagnata da quel video che ha registrato in quattro giorni un milione e 900mila visualizzazioni.

Buon San Valentino, Olha e Maxim. E a tutte le Olha e tutti i Maxim in Ucraina e chissà dove.

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