Tra scrittura, recitazione e musica. La vita in ascolto di Leonardo Mazzarotto

by Niccolo Bellon

Gli attori annoiano, sosteneva Oriana Fallaci.

Specie i più giovani, per lei tutti ignoranti – ricordiamo una Catherine Spaak, non ancora ventenne e molto incinta, capitolare alle continue riprese della giornalista: ma sa chi è Mussolini? E Hitler? E Franco? E la giovane e bella sorrideva, chiedendole di continuare il suo quiz spietato.

Gli attori annoiano, e il pensiero mi tormenta mentre digito il numero di Leonardo Mazzarotto.

È lui, Matteo, il giovane protagonista della fortunata serie “La compagnia del cigno”, giunta ormai alla sua seconda stagione, in onda ogni domenica sera alle 21:25 su Rai1.

Ventidue anni e alle spalle una laurea al Conservatorio Santa Cecilia di Roma; da poco nelle librerie d’Italia con un piccolo libro di poesie, pensieri, parole: “In ascolto” (ed. La nave di Teseo, 112 pagine, 13 euro).

Mi risponde puntualissimo mostrando il fare educato dei gentiluomini di un tempo. Ascolta Ojstrach e i Beatles, legge Ungaretti, Montale e consiglia Hikmet. Ama Chaplin.

Aveva torto, Fallaci: gli attori sorprendono. Specie i più giovani.

Violinista, attore e poeta. Ivan Cotroneo (autore della serie “La compagnia del cigno”), in prefazione al suo libro, scrive: “Leonardo è un mondo”.

Siamo in un momento in cui un po’ tutti si esprimono in molti modi diversi. Si sta andando a perdere tutta una categorizzazione di ciò che si fa, di ciò che non si fa. Da un parte ci siamo liberati di categorizzazioni inutili ed etichette, dall’altra si trovano personaggi che fanno un po’ tutto e ancora non si capisce cosa vogliano fare davvero. Ma tornando a me, una delle prima cose che ho fatto è in realtà quel “e poeta”. Ho iniziato a scrivere da piccolo filastrocche con mia nonna, per divertimento, e da sempre suono il violino. La novità dirompente è stata la recitazione. Un imprevisto, mi ha cambiato la vita. Non è facile capire quale sia la strada giusta. Cerco di tenere un piede in entrambe le scarpe, quel che succederà, si vedrà. In ascolto oltre a essere il titolo di questo libro è il mio modo di vivere: ascolto quel che succede, cerco di comprenderlo e muovermi di conseguenza.

In esergo: “Ci sono due tipi di silenzi: il primo è l’eclissi del suono”. Il secondo?

È una provocazione. Manifesto e pretesto del libro. È da quella definizione non data, da quella mancanza, che nasce la mia ricerca.

Ad accompagnarci durante la lettura l’immagine di un treno.

È un viaggio, un percorso metaforico. Una riflessione sulla vita passata, presente e futura. Dalla stazione di partenza alla stazione d’arrivo, quando scendi dal treno e ti chiedi cos’hai capito nel viaggio.

Stazione di partenza. Ai provini de “La compagnia del cigno” ha cantato “All my loving” dei Beatles. Un verso recita: e quando sarò via, scriverò a casa ogni giorno. C’è una nostalgia di fondo, verso un luogo, un tempo, un amore, che accompagna diverse poesie nella prima parte di “In Ascolto”.

Non ci avevo mai riflettuto, in effetti è una delle mie canzoni preferite e probabilmente la nostalgia, la malinconia, è un tema che fa parte di me. In partenza rifletto a quanto la concezione che abbiamo di vicino e lontano sia apparente e della concretezza che si trova in altri posti, altri situazioni capaci di ribaltare le nostre aspettative.

Scrive: “Solo le nuvole restano.

Ci sono cose che vanno e cose che restano. E non sempre le più vicine sono quelle che restano.

Mi ha ricordato De Andrè.

La canzone dell’amore perduto?

Le nuvole”, un recitativo. Tornando a noi, continuamente riflette sul tempo, che sia il passato, che sia il futuro.

Il passato è il tempo del rimpianto, del rimorso, ma anche della gioia del ricordo. Mi affascina. Il futuro dà meno certezze ma è il tempo naturale che viviamo, quello della rincorsa al domani, quello che va avanti sempre. Sono un po’ smielato.

Smielato?

Non mi vergogno di dirlo: mi piace vivere di emozioni e di sentimento.

Un ragazzo d’altri tempi.

Lo sono sempre stato, sarà la formazione classica da musicista. Anche se penso che questo sentimentalismo si manifesti maggiormente nel mio lavoro da musicista, attore, scrittore. Nel quotidiano sono come tutti gli altri.

Ma gli altri non compaiono sugli schermi di tutta Italia, la domenica sera. Jeanne Moureau, la protagonista de “La Notte” di Antonioni..

Oh sì, è uno dei miei film preferiti.

Ecco, Moureau diceva: io non credo che il successo faccia male, anzi penso che sia indispensabile al talento.

Il talento non basta, mai, dev’esserci studio, fatica e dedizione. Per quanto riguarda il successo, non mi ha cambiato come persona ma ha modificato le mie ambizioni, il modo di riflettere sul mio percorso. E non so ancora dire se in bene o in male.

L’è rimasto qualche sogno chiuso nel cassetto?

Stanno prendendo forma tutti. Tra scrittura, recitazione e musica.. Ci sono tanti altri mondi e discipline che mi affascinano, certo, ma la mia speranza d’oggi è poter continuare al meglio le strade che ho iniziato a percorrere.

Scrive: “Oggi felice / il peggior poeta al mondo / sono”.

Una battuta su quanto sia produttivo il dolore. Una riflessione su quanto sia difficile parlare di felicità e bellezza.

Quindi lo conosce, il dolore?

Sono fortunato, non ho subito grandi perdite, né vissuto chissà quali sofferenze. Ma non per questo posso dire di non conoscerlo, il dolore va relazionato all’individuo che lo sperimenta.

Stazione d’arrivo. Giunto alla meta, cos’ha capito nel viaggio?

Ho riflettuto su quanto fosse importante prenderne ma anche su quanto, a volte, sia importante decidere di perderne. Dopotutto, solo nelle stazioni puoi permetterti di farlo, sicuro che se non salirai su questo, ne arriverà uno dopo. Nella vita non è così.

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