Angela Finocchiaro ha sconfitto il Minotauro

by Fabrizio Simone

Morto Luciano De Crescenzo, la divulgazione dei grandi miti greci non è scomparsa. Anzi, è arrivata anche a teatro. Come? Con Angela Finocchiaro. Qualcuno potrebbe stupirsi, anche perché Ho perso il filo, la divertentissima commedia per attore solo – di fatto la Finocchiaro è l’unica attrice in scena a cui sono affidate le battute nel corso dello spettacolo lungo esattamente due ore – allestita il 4 e 5 febbraio presso il Teatro Giordano di Foggia e in tour negli altri teatri pugliesi del circuito del TPP, parte dal mito di Teseo e dalla Grecia (“quel posto dove si mangiano le stesse cose, feta e olive”) per avventurarsi nei meandri del labirinto che prima o poi imprigiona tutti gli uomini.

L’esposizione del mito di Teseo (con tanto di gomitolo gigante di Arianna affidato ad uno spettatore della prima fila), insomma, funge soltanto da apripista per un lungo percorso in cui il pubblico riscontrerà grandi affinità con la propria vita e con i problemi che ogni giorno attanagliano qualsiasi cittadino (alzi la mano chi, quotidianamente, non ha problemi col parcheggio sotto casa sua).

Dopo aver raccontato brillantemente le vicende che legano Minosse a Poseidone (interpretato con un comicissimo accento siciliano quasi come un temibile boss mafioso), Pasifae al Minotauro, Teseo ad Arianna, Dedalo al nipote Talo, la Finocchiaro, armata di spada ed elmetto, è entrata in un labirinto che le ha permesso di rivivere le proprie esperienze: dai primi turbamenti familiari (con una bisnonna bigotta e una nonna fieramente sostenitrice dell’idea di Tommaso D’Aquino che “la donna è un maschio mancato”, è naturale per una figlia abbandonarsi al carpe diem materno) alle grandi esperienze adolescenziali, con i primi baci e le prime cotte per ragazzini affetti dall’immancabile acne; dalle prime prove artistiche (tra sesso, droga e rock e roll con colleghi ventenni) ai grandi dilemmi di ogni mamma (“dove posso trovare una casa in affitto per mio figlio, studente fuorisede?”).

Giunta nel labirinto, però, la Finocchiaro ha dovuto fare i conti con strane creature, a metà tra danzatori e spiriti dispettosi, sempre alle sue calcagna, con le quali ha ingaggiato lo scontro finale. Questi ballerini, infatti, sono gli unici che occupano la scena oltre all’attrice sessantaquattrenne, impegnati in acrobazie e passi di danza su note importanti (un ottimo arrangiamento del Libertango di Piazzolla e il terzo movimento dell’Estate di Vivaldi nella versione postminimalista del compositore britannico Max Richter) per la coreografia di Herve’ Koubi. Ma lo spettacolo, condito di esilaranti battute (“Gli ateniesi dati in pasto al Minotauro sono la prima forma di street food della storia”), vuole  offrire anche una riflessione su alcuni temi come la solidarietà, la pace garantita dall’Europa, la legalità, il capitalismo sfrenato e l’ispirazione religiosa non sempre autentica e dettata dai principi di Gesù.

Certo da un labirinto multimediale che propone domande a raffica non s’esce facilmente, perciò la povera Angela ha dovuto rispondere a questo lungo quiz, rispolverando sentimenti ed emozioni celati negli angoli più bui del suo cuore. Quest’eroina un po’ pasticciona, mettendo da parte la paura, riesce a sconfiggere il Minotauro (in realtà sono sei i Minotauri presenti) danzando allegramente il Sirtaki di Theodōrakīs da Zorba il greco e lanciando un monito valido per tutti: “Dovete affrontare le cose che vi fanno paura. Perché quello è vivere”.  L’applauditissimo spettacolo (almeno 6 minuti di applausi) lascia lo spettatore con una domanda terribile: ”Chi sei?”. A questa domanda, forse, non potrà rispondere nessuno di noi. O la soluzione verrà fuori con un altro spettacolo della Finocchiaro. Magari questa volta riguardante Ulisse.

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