Baki, spettacolo ispirantista e contaminato con danze e musiche dal pianeta invisibile

by Enrico Ciccarelli

È andato in scena un mese fa, al Teatro Regio di Capitanata, lo spettacolo «Baki – Musica e danza da un pianeta invisibile». È trascorso, per inabilità di chi scrive, troppo tempo per una recensione, ma non per illustrarne e rilanciarne il senso profondo, le intenzioni implicite, il senso germogliante e contraddittorio della sua proposta. Lo definiremmo il primo spettacolo «ispirantista», per citare il termine (e il movimento artistico) partorito dall’animo gentile e unconventional di Maurizio Rana.

Non solo, cioè, un esempio di mutua cooperazione fra diversi artisti e diverse forme espressive dell’arte e dello spettacolo, ma anche la faticosa e innovativa idea secondo cui questa cooperazione non avvenga all’interno di uno schema rigido, ma con le forme fluide tipiche delle jam session e degli happening.

Niente di superficiale o di sfatto. Sia le cose che ci sono piaciute molto sia quelle che ci sono piaciute meno sono state contraddistinte da indiscutibile concentrazione e impegno. Fra le prime (nel modo arbitrario e soggettivo che è privilegio della critica) annoveriamo la notevole performance di Maurizio Rana all’handpan e di Torindo Colangione al basso, sintetizzatore e loop station; alcuni degli intensi interventi coreutici delle danzatrici di OrEx Tribe, con Francesca Trisciuoglio Capozzi (che insieme a Marco Maffei cura anche un’attenta regia), Paola Gentile e Valentina Iaconis; il magnifico visual di Mariangela Tomba e Marco Elia Morea, le incursioni acustiche di Marco Maffei e le luci di Giuseppe La Torre. Fra le seconde l’esibizione iniziale, del tutto aliena rispetto al resto dello spettacolo, del duo Madame Butterfly and Mr Bear, che non ci sono sembrati, malgrado la bravura, nella loro miglior serata; l’eccesso di grottesco dato dall’attore Alessandro Bucci in una voce fuoricampo centrata sulla stridula follia del Joker; e anche alcuni intermezzi di danza che –probabilmente per nostro scarso comprendonio- ci sono sembrati al limite e talora oltre il limite della ridondanza.

Non è strano, per quanto si diceva mell’introduzione, che lo spettacolo viva di contrasti schizoidi; il candore delle crisalidi, dei bruchi che si destano farfalle, la musica terapeutica dell’handpan con i suoi inviti alla serenità e alla rinascita, sono in aspra contrapposizione alla distorcente angoscia della contemporaneità. Così Baki realizza la complicata alchimia di essere allo stesso tempo uno spettacolo estatico e nevrotico, incoraggiante e disperante. Giunge a proposito, però, una delle più celebri citazioni del Libretto Rosso di Mao Zedong: «Grande è il disordine sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente». Il pianeta invisibile e magmatico da cui provengono le armonie e le disarmonie dello spettacolo, va esplorato e indagato, portato alla luce e alla coscienza senza farsi spaventare dalla sua apparente confusione.

Occorre insistere: complimenti al responsabile di produzione Carlo Buonfitto, che ha tenuto insieme un network che annovera, oltre ai già citati Teatro Regio e OrEx Tribe, Omnia Service Animation e Radio Spia. Prezioso il sostegno garantito alla produzione dalla Fondazione Monti Uniti, che dimostra da tempo di essere vicina alle realtà culturali più innovative e intraprendenti del territorio. 

Più una sfida che una scommessa, più un’iniziativa che un proposito. Siamo molto interessati a sapere, proprio come per certe serie televisive, come andrà la seconda stagione. Non fateci aspettare quanto House of Dragons.

Ha collaborato Valentina Chiango, a cui si devono anche le foto.

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