Capolinea, l’intensa e paradossale clownerie di Galano e Rignanese. Da vedere, anche se non è cibo da fast food

by Enrico Ciccarelli

Tornare in via Giardino a Foggia per la stagione 2023-2024 del Teatro dei Limoni obbliga il cronista ad alcune notizie di contesto, per fortuna tutte buone: Roberto Galano & Friends accolgono il pubblico in uno spazio rimesso a nuovo e tirato a lucido tanto da sembrare il «Valentino vestito di nuovo» della celeberrima poesia di Giovanni Pascoli. Il vestibolo somiglia finalmente più a un foyer che a un rifugio antiaereo, le seggiole malcerte della platea sono divenute accoglienti poltroncine, la sala è climatizzata. Certo, rimane quella suggestiva atmosfera di antro che fa tanto off-off Broadway, ma il comfort è di altro livello.

Segmale di salute ancora maggiore, il cartellone si fa uno e trino, nel segno della sentenza evangelica «Nemo propheta in patria», laddove «Nemo» indica i quattro appuntamenti con Nicola Rignanese (che per la verità in patria profetizza eccome), «Propheta» i cinque spettacoli di compagnie ospiti (e siamo già molto incuriositi dallo spettacolo d’esordio della sezione, «Barbie e Ken» con la compagnia «La Fuffa», che andrà in scena il 25 e 26 novembre) e le due rappresentazioni autoprodotte, e «In Patria»  quattro eventi fuori stagione fra gennaio e aprile, fra cui il pluripremiato «BUKOWSKI a night with Hank». Se a questo aggiungete la fervida attività del Teatro Danza di Maggie Salice (con alcuni visiting professor di alto livello) e il cartellone del Teatro per Famiglie gli aficionados più assidui fanno prima a prenotare un B&B nei dintorni.

Ultima, ma non meno importante notizia: Roberto Galano dimostra che umiltà e coraggio sono i migliori amici del talento. Non è certo facile, specialmente per un attore, specialmente per un capocomico, cimentarsi in una sfida improba come quella con Nicola Rignanese, mattatore straripante, signore e padrone di tutti i registri del comico e del grottesco. «Capolinea», assai vagamente tratto da «Sunset Limited» di Cormac McCarthy, è innanzitutto questo: una intensa, a tratti mirabile, fiera dell’istrionismo, nell’accezione più nobile del termine. Il dramma filosofico, teologico e politico del testo originale viene calato in una gabbia circense (la bella scenografia è firmata da Mariano Bizzoco), con un domatore e una belva addomesticata. Il giusto sfondo di una clownerie, di una pagliacciata.

Come in ogni recita di clown che si rispetti, la coppia ha una rigida ripartizione di ruoli: Galano, professore depresso e ateo, è il clown Bianco, il Pierrot lunaire portatore di malinconia, ma anche di raziocinio. Rignanese, in pastrano hitleriano (i costumi sono di Vuze Ruffo) e gramelot tedescheggiante che viene pari pari dalle Sturmtruppen di Bonvi, è il colorato, anarchico e trasgressivo clown Augusto. Non parleremo della trama, peraltro assai esigua, per evitare l’effetto spoiler (la pièce si replica oggi e domani, e tutte le sere dal 26 al 30). Di sicuro, malgrado i diversi momenti di franco divertimento, «Capolinea» non è teatro leggero o cibo da fast food: trascina, graffia, fa riflettere. I due clown hanno letto (e probabilmente interpretato) molto teatro dell’assurdo. Il nazista e il professore, il domatore e la fiera hanno nel loro album di famiglia Vladimiro ed Estragone di Aspettando Godot e il Krapp dell’Ultimo nastro.

Difetti? Ben pochi. Gioverebbe a tratti una migliore equalizzazione sonora, benché il lavoro di Cristiano Russo alle luci e all’audio sia egregio (non banali le musiche di Giovanni Russo). A tratti, fra Rignanese stentoreo e musica a palla, la voce di Galano diventa inaudibile. La sovrabbondanza di simboli e spunti narrativi (anche di trasparente autobiografismo) può mandare in confusione lo spettatore, malgrado sia trasparente l’intenzione degli attori (che firmano anche la regia) di giocare a rimpiattino con lui (come prova l’improvvisa irruzione della celebre «Vesti la giubba» da «I Pagliacci» di Leoncavallo). Il vago senso di inquietudine e di insoddisfazione che lascia la repentina conclusione è probabilmente il paradossale buon esito di uno spettacolo che punta molto sul ribaltamento prospettico (il nazista è perfido ma «buono», l’aspirante suicida miserando ma privo di pietà). Lo stesso gusto del paradosso che induce a cominciare una nuova stagione con uno spettacolo chiamato «Capolinea».

Siamo curiosi di vedere, dopo la collaborazione cinematografica in «Vertical Man» e questa teatrale, la liaiçon artistica fra Galano e Rignanese. Per il momento, complimenti a tutti e due. 

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