Carmelo Grassi: “Monologhi, recite con pochi attori e concerti jazz, gli unici spettacoli possibili nell’immediato”

by Francesca Limongelli

Ipotesi, ipotesi e ipotesi. È un tempo di incertezze e cambiamenti continui quello che viviamo da oltre due mesi ormai e che vivono in maniera ancora più forte alcune categorie di lavoratori. Sono quelli dello spettacolo tutto. C’è un lavoro matto e disperatissimo nelle stanze del Ministero come in quelle delle associazioni di categoria e delle regioni: tutti uniti nel comune obiettivo di trovare soluzioni plausibili, economicamente sostenibili, alternative e supporto a un fermo che non ha precedenti.

Mentre da una parte l’Agis mette in testa alle sue richieste la definizione di un cronoprogramma relativo alla ripresa delle attività di spettacolo differenziato per tipologia architettonica (spazi aperti o edifici chiusi) e propone l’adozione di una serie di misure indispensabili, dall’altra parte il Ministero prosegue nel vagliare possibili soluzioni che vanno dall’immediato al futuro prossimo.

Carmelo Grassi, componente del Consiglio superiore dello spettacolo del Mibact – organismo nuovo che sostituisce quella che era la Consulta dello spettacolo – nonché consulente per la cultura della Regione Puglia e direttore del Teatro di Brindisi, ci aiuta nel cercare di orientarci in quello che sta succedendo e potrebbe succedere fra l’estate e l’autunno.

Dottor Grassi, in questo periodo ci sono al vaglio diverse possibilità per cercare di far ripartire il settore e fra le varie si è parlato dei teatri carovana, con spettacoli da realizzarsi all’aperto. Quanto sarebbe fattibile e risolutivo?

Chiaramente si tratterebbe di una proposta tampone per l’estate per la quale bisogna verificare la sostenibilità economica da un lato, ma anche la questione sicurezza dall’altro nel senso che oltre alle misure che riguardano il pubblico bisogna pensare a quanto accade sulla scena. Per questo pensare a grandi spettacoli, con tanti attori, inevitabilmente tra loro vicini e in contatto, è di fatto poco realistico. La forma del monologo o comunque dello spettacolo molto leggero o del piccolo concerto jazz  è l’unica cui possiamo pensare nell’immediato.

Molto si sta parlando anche dei drive in.

L’idea del drive in può essere affascinante rivolta sia al cinema che al teatro, ma di fatto, se si fanno due conti mettere in piedi una cosa del genere con tutte le norme di sicurezza necessarie, con la possibilità di uscire liberamente anche durante lo spettacolo/proiezione, per  almeno 150 auto (300 spettatori), i costi sono molto alti. C’è bisogno di una struttura con un terreno che non si infanghi se piove, di un impianto con una frequenza fm che arrivi nelle auto, di proiettori potentissimi. Tutto ciò non costa meno di 250 mila euro e quindi l’incasso dovrebbe essere almeno del  doppio e in più sarebbe un investimento per quest’anno, ma l’anno prossimo? Le idee sono tante, ma hanno tutte bisogno di verifica. Io mi auguro che le arene e i piccoli spettacoli, anche musicali, tornino a vivere quest’estate. Ne abbiamo bisogno tutti e ne ha bisogno il pubblico.

Il pubblico e le sue paure potrebbero rappresentare un altro scoglio da superare?

Assolutamente si, uno scoglio dal quale non possiamo prescindere. Dovremo fare sempre i conti con la paura e anche con le abitudini del pubblico: penso ad esempio agli abbonati, abituati ad avere quel loro posto da sempre: se – come sarà – dovremo riaprire le sale con un numero di posti ridotto inevitabilmente anche il fantomatico posto dell’abbonato dovrà scalare e magari dalla terza fila si troverà in quindicesima. Sembrano dettagli di poco conto, ma non lo sono. Il pubblico ha le sue esigenze e bisognerà lavorare anche su queste.

Pochi giorni fa il Ministro Franceschini ha lanciato la proposta di una Netflix della cultura made in Italy, che ne pensa?

È una proposta molto interessante nell’ottica di creare un marchio italiano che però chiaramente non può essere un’alternativa né allo spettacolo dal vivo né alla sala cinematografica. Il modello Netflix è qualcosa di mastodontico anche produttivamente, non sarebbe forse il più appropriato, ma certamente qualcosa del genere, una struttura italiana sarebbe qualcosa di buono a patto che sia concordata e condivisa con le associazioni di categoria, distribuzione ed esercizio in testa. Magari si potrebbe ragionare con la Rai e potrebbe farlo in primis la 01, ma ribadisco non sarebbe una soluzione a questa crisi.

Per quel che riguarda invece le compagnie, come ci si sta muovendo?

Per chi è soggetto FUS, il Mibact ha stabilito che non ci saranno nuove assegnazioni, ma ci sarà la conferma di quanto assegnato nel 2019, riconosciuto automaticamente nel 2020 e 2021 e inoltre per il 2020 sarà considerata tutta l’attività di streaming che ormai praticamente tutti hanno messo in atto. Infine non partirà il triennio 2021 a fronte di uno slittamento del nuovo triennio nel 2022. Si tratta di dare un po’ di fiato laddove è possibile, ma è chiaro che la situazione è difficilissima per tutti e lo è enormemente per le maestranze, gli intermittenti: tecnici, elettricisti, macchinisti, facchini sono in assoluto fra i più colpiti e cercare di arrivare a tutti è davvero difficile.

Nel frattempo a livello regionale cosa accadrà?

Stiamo definendo il piano proprio in queste settimane, ma di certo posso dire – come anticipato dal Presidente Michele Emiliano – che è previsto un maxi intervento da 17 milioni di euro per l’intero comparto spettacolo. Per il resto quello che tutti dobbiamo cercare di fare è mantenere vivo il contatto con il pubblico.

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