Cattivissimi loro. I malvagi di Shakespeare declinati da Roberto Galano e dal Teatro dei Limoni

by Enrico Ciccarelli

La parola «villano» è di quelle che i meridiani e i paralleli modificano e moltiplicano. L’originario termine tardolatino villanus, che indicava l’abitante della villa rustica, il possedimento suburbano dedicato alla coltivazione, ha tuttora il significato di zotico, bifolco, poco avvezzo all’educazione. È il cor villanodi cui parla Cino da Pistoia, incapace di intendere le altezze dello stilnovismo. In Francia il termine si arricchisce di un connotato di bruttezza anche esteriore. Ma è in Inghilterra e nel mondo anglosassone che il villico sprovvisto di modi diventa il cattivo, il malvagio, l’essere spregevole descritto nel termine Villain.

E a questi antieroi che Roberto Galano e il foggiano Teatro dei Limoni hanno dedicato la loro seconda avventura shakespeariana (dopo il coinvolgente Hamlet01). «Villains» è una compilation di loschi figuri intenti a trame e nequizie che il Bardo di Stratford-on-Avon ha consegnato alla storia universale attingendo a registri mutevoli, ma accomunati dal sostanziale ripudio della redenzione. Non esistono in Shakespeare deus ex machina che traggano il malvagio dalla sua perversione. Nessun Innominato, nessun pentito, nessuna trance demoniaca. Da Shylock l’Ebreo a Iago il tessitore di perdizioni passando per Bruto parricida e Claudio usurpatore, siamo di fronte a esseri senzienti che scelgono consapevolmente il male. Alcuni di loro, come il deforme di corpo ed anima Riccardo Terzo o la sanguinolenta Lady Macbeth vengono perseguitati dal rimorso. Altri sono tetragoni anche a quello.

Nella performance dei Limoni è da applaudire innanzitutto l’ingegno teatrale, che plasma la rappresentazione sui luoghi di esibizione. A Parco Città, dove l’abbiamo vista, sono stati arruolati nell’allestimento alberi e suppellettili varie, ma lo stesso immaginiamo sia successo a Torremaggiore, Borgo Turrito e altrove. Perché il marchio di fabbrica del Teatro dei Limoni sta in una assoluta dedizione all’atto teatrale unita ad una versatilità pressoché illimitata. Una caratteristica che discende per li rami dai «vecchi» alle nuove generazioni di allievi (a proposito, spot: sono aperte le iscrizioni ai nuovi corsi).

Da sempre attenti all’innovazione e alla nuova drammaturgia, Galano e i Limoni coltivano con il più grande autore di teatro di ogni tempo un rapporto ad un tempo temerario ed umile: l’attualizzazione non scade mai a parodia, né la disinvoltura a supponenza. Siccome Shakespeare non fa sconti a nessuno, accade che la deliziosa Nicole Piemontese, esemplare come strega inquietante o lasciva donna di taverna, sia un po’ impacciata nel dare corpo a Desdemona, o che il Bruto di Francesco Giordano somigli a tratti a uno sprovveduto parlamentare Cinquestelle.

Così come il bravo Cristiano Russo deve sudare sette camice per interpretare due brutti clienti come Otello e Tito Andronico. Raul Lannunziata è un convincente Mercante di Venezia, Vincenzo Ficarelli, perfetto Iago, non ha ancora preso le misure ad Amleto (e non stupisce, visto che in quattro secoli ci sono riusciti in pochissimi). Ineccepibili, anche se alle prese con personaggi più potabili, Stefano Dragoni, un Re Claudio assai godereccio e verisimile, e Graziana Cifarelli, la strega che tutti vorremmo conoscere, che presta alla Regina Margherita sibili di perfidia furente davvero encomiabili. Su tutti, senza destar sorpresa, un Roberto Galano in grande spolvero, che presta a Riccardo Terzo un’elegante versione di Lady is a tramp, e Maggie Salice, che dona la sua armonia di movimenti e la sua piena maturità di donna a una Lady Macbeth più dolente che ossessionata e più innamorata che ambiziosa. Insomma, una gran bella prova da parte di tutti, compresa quella alle luci di Elisabetta Campanella. Una prova che conferma il Tdl come una realtà artistica, formativa e professionale di assoluto rilievo.

Nel video l’intervista a Roberto Galano. Le immagini a corredo sono di Iole Albrizio.

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