Cèline in Anfiteatro con Germano e Teardo. Parte alla grande Estate Muse Stelle a Lucera. Nel segno di Gifuni

by Enrico Ciccarelli

Chiunque abbia dimestichezza con Louis Ferdinand De Touches, in arte Cèline, e con il suo esordio-capolavoro, il Viaggio al termine della notte, sa che è una delle opere, dissacrante, iconoclasta, spietata, meno teatralizzabili che esista.

C’è riuscito un talento attoriale mostruoso come Elio Germano, che a dieci anni dal primo allestimento non ha smesso di riscrivere il monologo tratto dall’opera, che acquista dimensione e senso grazie alle musiche urticanti e magnifiche composte da Teho Teardo.

Hanno potuto giovarsene, in una cornice impareggiabile come quella dell’Anfiteatro Augusteo di Lucera, le centinaia di spettatori che hanno assistito alla prova d’esordio della terza stagione di Estate-Muse-Stelle.

È una rassegna di formidabile impatto, che vivrà altri momenti memorabili nelle prossime settimane (bastino i nomi di Toni Servillo e Nicola Piovani) e che è promossa dal Comune di Lucera d’intesa con la Regione, il Consorzio Teatro Pubblico Pugliese (niente campanilismi, per carità; ma non è irrilevante che il presidente sia il foggiano Peppino D’Urso), Primavera al Garibaldi, Puglia Promozione, con il prezioso e immancabile sostegno della Fondazione Monti Uniti e la collaborazione dell’Università, dell’Accademia di Belle Arti e del Conservatorio di Foggia. Nomi e sigle che possono essere riassunte in quello del nume tutelare Fabrizio Gifuni, un grande attore e regista che sta dimostrando di essere anche un provetto e felice organizzatore culturale.

Elogiata la perfetta organizzazione, efficiente quanto rispettosa dei luoghi, resta da parlare della rappresentazione. Sul palco spoglio, con un abat-jour a fare da ideale sipario, Germano-Cèline è seduto a uno  scrittoio dal quale lascia cadere ogni tanto i fogli che raccolgono le sue talora scabre, talora comiche, sempre disperate considerazione. Sull’altro lato Teardo, con chitarra elettrica, sintetizztori e varia diavoleria elettronica. In mezzo l’ottimo trio d’archi composto da Laura Bisceglia al violoncello, Ambra Chiara Michelangeli alla viola ed Elena De Stabile al violino.

Quinto e impareggiabile strumento, l’aggraziata voce baritonale dell’attore molisano, che Germano modula, sdoppia, replica parlando a due microfoni distinti, in una sorta di dialogo schizofrenico, come se il dottor Jekyll avesse deciso di fare due chiacchiere con Mister Hyde.

Ma in Celine, ultimo dei grandi maledetti, non c’è il bene e il male: la distruzione delle retoriche patriottiche non diventa pacifismo, la denuncia delle ingiustizie sociali non si fa rivoluzione, la desolazione e la miseria della condizione umana non conoscono consolazione o speranza. È stata una scommessa non facile, convincere tante persone a trascorrere una sera d’estate alle prese con un autore e un testo così profondamente spietati, così abrasivi nella contemplazione dell’abisso. Non è casuale, né –crediamo- inedito, che il pubblico non abbia compreso subito che lo spettacolo era finito, e che l’applauso, convinto, sia scattato dopo.

Perché il teatro, specie in un luogo simile, è sempre un sortilegio che immerge e conquista, cattura e poi libera. Un gigante come Germano lo ha fatto usando solo la voce, da seduto, con qualche isolato gesto della mano, senza muovere un passo. Gran bell’inizio, Lucera. Avanti così.

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