Covid-19, la Puglia non è esclusa dallo stato d’allarme per il settore dello spettacolo dal vivo

by Anna Maria Giannone

È ancora presto per stimare l’impatto che l’emergenza Covid-19 avrà sull’economia nazionale. Di sicuro saranno molti i settori a subire il contraccolpo delle misure restrittive, necessarie al contenimento dell’emergenza epidemiologica. Grande preoccupazione in queste giornate è espressa anche dal settore dello spettacolo dal vivo che, assieme a quello del turismo e della cultura in generale, accusa in maniera più immediata gli effetti dovuti alla “sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi, in luogo pubblico o privato”, attiva in sette regioni del Nord Italia: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e, da ieri, anche in Liguria e nelle Marche.

Teatri, cinema, musei chiusi, festival soppressi in tutto il Nord e uscite didattiche sospese per le scuole dell’intero paese:  una situazione che innesca un vortice di caos in un settore già fragile e poco tutelato come quello culturale.

Tanta la preoccupazione espressa da più parti. FEDERVIVO – Federazione dello Spettacolo dal Vivo ha stimato che, nelle regioni interessate dalla chiusura delle sale, in questa settimana i mancanti incassi ammonteranno a 10 milioni di euro e il numero degli spettacoli non andati in scena è di 7400. Una prima gravissima stima che ha spinto Agis e Federvivo a chiedere l’apertura di uno stato di crisi per il settore, con una lettera del 24 febbraio inviata al Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini.

La richiesta dello stato di crisi del settore – spiega a bonculture Giulio Dilonardo, presidente di Agis Puglia e Basilicata  – è finalizzata alla tutela non solo delle imprese di spettacolo ma anche dei lavoratori dipendenti, per cui come Agis abbiamo richiesto il riconoscimento della cassa integrazione in deroga. Abbiamo chiesto di rivedere, a livello regionale così come a livello nazionale, tutti  i parametri  relativi alle giornate di programmazione e alle giornate lavorative richieste da FUS  enti locali  ai fini della rendicontazione del contributo pubblico – continua Dilonardo. Sarebbe una beffa subire oltre al danno diretto per la mancata attività anche quello dovuto alla mancanza di conformità ai parametri richiesti”.

Pur non essendo al momento interessata dalla chiusura dei luoghi di spettacolo, la Puglia non è esclusa dallo stato di allarme per il settore dello spettacolo dal vivo. Se le conseguenze agiscono maggiormente in quelle regioni in cui è stata disposta la chiusura delle sale, a livello regionale le disposizioni determinano l’impossibilità della circuitazione delle produzioni pugliesi, così come sta avvenendo per tutte le compagnie teatrali italiane. Di fatto sono centinaia le repliche annullate in Puglia, qui soprattutto per effetto della disposizione emanata dal MIUR che vieta alle scuole le uscite didattiche fino al 15 marzo, causando la sospensione di spettacoli in matinèe per il pubblico scolastico.

Si unisce alla richiesta dello stato di crisi indirizzata al Ministro Franceschini il direttivo di C.Re.S.Co – coordinamento delle realtà della scena contemporanea. “Partiamo dal presupposto che condividiamo in pieno le misure messe in atto dal Governo per il contenimento del virus – dichiara a bonculture Stefania Marrone, drammaturga, responsabile dei progetti della Bottega degli Apocrifi e vice presidente di C.Re.S.Co –  non possiamo però fare a meno di considerare che queste comportano un blocco dell’intero comparto dello spettacolo dal vivo, che può in breve tempo trasformarsi in vera e propria paralisi.”

Se i soggetti finanziati dal Ministero rischiano di non mantenere a consuntivo i parametri dichiarati a preventivo, lo stesso accade per i soggetti sostenuti dalle Regioni e dagli Enti Locali e  il circolo vizioso si allarga fino al rischio per le imprese di non poter sostenere i costi contributivi e cadere in un’irregolarità che gli renderebbe impossibile ricevere finanziamenti pubblici. C’è un intero comparto che rischia di sostenere la maggior parte dei costi previsti – continua Stefania Marrone –  senza poter contare sugli incassi. Una situazione che rischia di avere le conseguenze più gravi sui soggetti più deboli e meno strutturati, che andranno tutelati in egual misura delle strutture con le spalle più solide, ma anche  sulle nostre comunità sempre più disgregate, che risulteranno ulteriormente impoverite dalla mancanza di aggregazione culturale.

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