“Coi cinema e i teatri chiusi stiamo impoverendo culturalmente il Paese. Lo lasceremo nelle mani di Barbara D’Urso?” L’amarezza di Roberto Galano

by Antonella Soccio

“Lo streaming, il teatro e la cultura in tv di cui parla il Ministro Franceschini è una panacea, è una cosa detta così, ma non serve a risollevare le sorti dello spettacolo dal vivo, può essere una proposta per le grandi compagnie. Ma il danno di cui stiamo parlando è ampio, e tocca le piccole compagnie, che sono le più importanti nel Paese perché sono quelle che formano il pubblico”.

Ad un giorno dall’ultimo Dpcm del premier che ha chiuso teatri e cinema il regista e attore foggiano Roberto Galano del Teatro dei Limoni e presidente del coordinamento di Teatri Indipendenti guarda al provvedimento con meno rabbia. Ma con la lucidità di chi sa quale sarà la perdita immensa, materiale e immateriale, di questo novembre nero di sipari calati.

Nessuna piattaforma, con contenuti prestampati e replicabili, può sostituire, a suo avviso, l’esperienza dello spettacolo dal vivo. E con essa l’unità spazio temporale del teatro. Il Comune si era impegnato a concedere il Teatro Giordano, la Regione col TPP aveva messo su un cartellone shakeasperiano, finanziato dal bando Custodiamo la Cultura. Tutto è slittato ai prossimi mesi.

“Senza l’ossatura creata dalle piccole compagnie non si può riempire dopo un grande teatro, è vero che i grandi teatri sono appannaggio di un pubblico diverso, ma una tantum se quel pubblico non lo coltivi, non lo avrai mai ad uno spettacolo di nuova drammaturgia. Le piccole compagnie sono il motore dei giovani a teatro”, spiega a bonculture.

È vero che per molti la pandemia essere la causa di un abbandono di un orizzonte di vita per i mestieri teatrali?

“Esiste questa possibilità, il nostro èun mestiere difficile e messo in queste condizioni diventa poco praticabile e poco conveniente, ma preferisco avere una visione più positiva. Nella vita ti accorgi delle cose importanti 9 volte su 10 quando le perdi, credo e spero che perdere la musica e i concerti, il teatro, il cinema sia un modo per valorizzare la cultura. Lo so, sembra un paradosso, ma credo che tanti si stiano accorgendo della mancanza e del reale peso che nella loro vita ha lo spettacolo, oggi che non possono fruirne. L’assenza ci fa comprendere che la cultura non è la becera starlette televisiva o i video su Instagram e TikTok, quei mezzi sono dei surrogati, che non potranno mai sostituire lo spettacolo dal vivo. Prima tutto veniva accumunato, ridicole star del web salivano sul palcoscenico, oggi con l’assenza degli artisti veri ci rendiamo conto che quella non era cultura”.

Questo aspetto è anche confermato dalla minore presenza degli artisti sul web rispetto alla prima fase, quando tutti si erano affrettati a fare reading e a proporsi…

Il web non può sostituire il palco, nella prima fase avevamo di fronte un problema che nessuno sapeva gestire e affrontare, ognuno nel suo piccolo e anche gli artisti hanno voluto sensibilizzarsi, anche se tutti sapevano che recitare in diretta facebook non era la stessa cosa che fare uno spettacolo dal vivo; adesso diventa un po’ pleonastico, non c’è la voglia di consolare nessuno, ci si aspetta di essere consolati. Siamo nuovamente i primi a chiudere, come fossimo un caprio espiatorio, sentirsi sacrificabili non è la sensazione che volevamo, non è il feedback che ci aspettavamo.

Come si sente quando si include il teatro nelle attività superflue?

Non sono stati bravi a farsi capire, c’è un aforisma di Wilde: bisogna curare i sensi con lo spirito, e lo spirito con i sensi. Il fatto che la cultura non fosse superflua si era già capito nell’Ottocento. Il Governo ha un problema di urgenza: hanno voluto fare un lockdown mascherato da non lockdown bloccando la fruizione dei mezzi dalle 18 in poi, ma questo avviene colpendo il bersaglio sbagliato.

Il contagio è risalito per i giovani o giovanissimi che si accalcano inutilmente, nelle strade, nelle piazze. Non è chiudendo i teatri o i cinema che si evitano questi assembramenti ma sarebbe stato più utile assicurare un controllo non dico più capillare, ma almeno presente. Quei ragazzacci che si assembrano sono frange che non vengono a teatro. Comprano i superalcolici e si riuniscono nelle piazze in barba ai controlli che non ci sono. Perché non c’è l’utilizzo dell’esercito per esempio per controllare le piazze? Spero che la curva del contagio possa appiattirsi, altrimenti in un mese non avremmo fatto altro che affossare un settore, senza risolvere la circolazione delle persone e del contagio. Se ci fosse stato il controllo a garantire che l’occhio dello Stato era presente non saremmo arrivati a questo punto, ma in estate c’è stata la sensazione di una sicurezza, la vita era ripresa come prima: non ho mai visto un rappresentante delle forze dell’ordine in un lido a fare controlli e adesso per sopperire a queste inefficienze si chiudono quelle attività che seguivano perfettamente i protocolli. E si lasciano aperte le chiese. Io sono profondamente anticlericale, ma faccio osservare che nelle chiese si agisce in maniera attiva, con i canti e le risposte alla liturgia al celebrante. In teatro parla solo l’attore, il pubblico sta in silenzio e può diffondere droplets solo se tossisce o starnutisce.

L’idea di colpire il tempo libero quando nell’Italia de-industrializzata tutto è tempo libero non è un paradosso?

Certo, hanno agito a casaccio, mi sembra, ma spero di sbagliarmi, che sia una scelta che pagherà poco anche in termini di miglioramento della situazione epidemica, ma anche se dovesse pagare è sbagliata. In più si sta facendo una cosa molto grave: noi stiamo impoverendo l’innalzamento culturale del nostro Paese. Se non esistono i concerti, il cinema, il teatro, in che mani lasciamo la popolazione? In quelle di Barbara D’Urso? L’intrattenimento non è solo una cosa ludica, ma dovrebbe essere anche una sorta di educazione civica per alzare il livello culturale della cittadinanza. E questo vale ancora di più in una città come Foggia. La cultura abbandonata a se stessa non può che creare povertà culturale, e ci stiamo precipitando soprattutto in una città come Foggia. La cultura è l’amore per la bellezza, per ciò che è espressione di un pensiero: noi vogliamo un popolo peggiore purché sopravviva. Un uomo è sano, solo se non ha una mente bassa. A noi interessa che il pubblico continui a sentirsi pubblico: il teatro e il cinema in questo momento erano anche una possibilità di spegnere il cervello per riuscire a non pensare alle angosce di questo periodo. Un modo di ricaricarsi, scaricare lo stress, sembra che il curare lo spirito sia superfluo, ma io penso esattamente il contrario”.

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