Cronache da BIGBODY: il Collettivo Mine al Bari International Gender Festival

by Livio Costarella

C’è un festival a Bari che da otto edizioni riflette sul tema del genere e dell’orientamento sessuale portando nel capoluogo pugliese una varietà di espressioni artistiche eterogenee e diversificate. È il Bari International Gender Festival, noto anche come BIG tra i suoi spettatori. Quest’anno, grazie all’ingresso nel FUS, importante riconoscimento del Ministero della Cultura, ha allargato notevolmente la sua proposta culturale spaziando dal cinema alle live arts, attraverso la danza e il teatro contemporaneo, la musica elettronica e le arti visive proponendo varietà di autori, opere ed espressioni artistiche in due mesi di capillare attività. Nel fitto programma, svoltosi la settimana scorsa, abbiamo incontrato Silvia Sisto, tra le fondatrici del Collettivo MINE, ospite della manifestazione.

Il loro è un esperimento di creazione orizzontale e di scrittura coreografica a dieci mani che si propone di portare avanti un lavoro di ricerca incentrato sulla condivisione di pratiche, sperimentazioni e linguaggi. Nella palestra di Spazio13, uno spazio non deputato al teatro, il collettivo ha portato in scena ‘Corpi Elettrici’, riflessione collettiva sull’elettricità fra corpi che interagiscono – anche senza toccarsi – nella sola reciprocità.

Cosa significa il vostro nome? Come è stato scelto?

Il nome Mine lo abbiamo scelto insieme, dopo aver vagliato una lunga lista di nomi, ciascuno di noi cinque ne aveva proposto alcuni. Su questo ci siamo trovati d’accordo. Pensiamo rispecchi come ci sentivamo tre anni fa, sentivamo una grande carica, un certo grado di esplosività insieme. Avevamo lasciato le compagnie in cui lavoravamo come interpreti, iniziavamo le nostre carriere da free lance, nonostante avessimo vite separate in città diverse continuavamo a essere amici e a sentirci legati e volevamo creare qualcosa collettivamente.

Ci colpisce la vostra presentazione come collettivo: in cosa differisce dalla classica compagnia di danza, come siete arrivat3 a questa definizione?

In primis come collettivo siamo tutti co-fondatori, coreografi e danzatori. Il nostro metodo di lavoro è basato su una struttura decisionale orizzontale. L’obiettivo è prendere decisioni trasversalmente condivise sia a livello artistico sia a livello organizzativo. La varietà dei progetti in cui siamo stati coinvolti ci ha permesso di sperimentare in modi diversi la nostra scrittura coreografica a dieci mani

Durante il BIG avete presentato uno spettacolo nato nel corso della pandemia, in collaborazione con il Gender Bender e la Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio Martini di Bologna. Che significato ha per voi oggi ‘Corpi Elettrici’?

‘Corpi Elettrici’ è una strana creatura a cui vogliamo bene. Abbiamo coniato la definizione di disco danzato, nella sua versione live è un susseguirsi di composizioni brevi di musica elettronica che indagano il solo e che hanno l’eco di un’esperienza molto specifica, quella che ciascuno di noi ha esperito a distanza con i compositori del Conservatorio durante la pandemia.

Tra le parole chiave dell’ottava edizione del festival la parola ‘Corpo’ è stata la spina dorsale della programmazione artistica. Di quali significati si carica per voi questa parola e quali sono per voi, da danzator3, da lavorator3 dello spettacolo, da creator3, gli scenari che si prospettano nel futuro?

Ogni corpo è attraversato da relazioni sociali e politiche. Il corpo danzante non è binario, non è solamente maschile o femminile, non è svincolato dal suo istinto e dal suo potere erotico. Il corpo danzante plasma differenti narrazioni, ognuna di queste è degna di esistenza e per questo è importante renderle visibili. Nel futuro speriamo di approfondire sempre più la nostra prospettiva sul corpo insieme.

E come pubblico?

Come pubblico ci aspettiamo di vedere programmazioni teatrali che rispecchino sempre meno una danza di carattere esclusivamente estetico e borghese e che possa essere più inclusiva anche rispetto i nuovi linguaggi artistici.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.