«E’ necessario rompere le bolle autoreferenziali in cui il teatro si trincera: ascoltare e partecipare». Tonio De Nitto, Raffaella Romano e la resistenza del Festival Kids

by Anna Maria Giannone

Le pratiche di resistenza culturale in tempi di pandemia sono infinite. Se il dibattito fra cosa sia veramente teatro e cosa non possa definirsi tale è diventato ormai argomento quotidiano, è certamente più interessante scoprire come artisti, compagnie, luoghi di cultura, stiano provando a tenere saldo il legame con il proprio pubblico, in forme inedite, transitorie forse, ma di certo creative.

Così per il Festival Kids gli abbracci in questa edizione 2020 sono rimasti sospesi a mezz’aria, in cerca di un contatto con l’altro che, se non ha potuto essere reale, ha provato a trovare nuove strade, comunque vive.

Abbracci sospesi è il titolo scelto per l’edizione on line del Festival internazionale di teatro e arti per l’infanzia di Lecce appena concluso. Organizzato da Factory Compagnia Transadriatica e Principio Attivo Teatro e realizzato con il sostegno di Mibact, Regione Puglia, Comune di Lecce, Teatro Pubblico Pugliese, Kids ha resistito alla pandemia, ai tagli economici e all’assenza di incassi da botteghino per regalare ai suoi spettatori un cartellone ricco di appuntamenti gratuiti, trasmessi in streaming dal 28 dicembre al 10 gennaio e rimasti visibili on demand fino al 20 gennaio sui social del festival.

Nella versione digitale il progetto non ha rinunciato alle sue tante anime: il cuore artistico della programmazione, con le narrazioni affidate ad alcuni fra i più importanti protagonisti del teatro ragazzi pugliese, in “scena” sui vagoni storici del Museo Ferroviario; le attività ludiche e i laboratori del Kids Village; gli incontri in diretta per ragionare sui nuovi linguaggi e le nuove opportunità del teatro con, tra gli altri, Bruno Tognolini, Luigi D’Elia, Antonio Catalano.

La sospensione dello spettacolo dal vivo non ha impedito a una parte del festival di vivere all’aperto, grazie alla formula del Teatro Delivery, riuscitissima intuizione di Ippolito Chiarello. Aderendo all’Operazione Robin Hood attrici e attori hanno donato il proprio lavoro a famiglie e associazioni che accolgono bambini e bambine in situazioni di disagio, portando piccoli spettacoli nei cortili, nelle piazze e nelle strade.

A margine di questa edizione del Festival Kids, abbiamo parlato con Tonio De Nitto e Raffaella Romano, curatori artistici del programma.

Un festival che si è completamente reinventato, siete riusciti a portare a casa un’edizione diversa ma comunque ricca di contenuti. Cosa è stato per voi questo Kids 2020?

Ci sono stati in realtà molti Kids prima di approdare a questa scelta di cui siamo particolarmente orgogliosi. Di mese in mese le speranze di poter realizzare un festival dal vivo venivano meno, Dpcm dopo Dpcm. Abbiamo attraversato momenti sconfortanti alternati a momenti di gioia, quando per esempio c’era stato detto che il Teatro Apollo di Lecce seguendo le prescrizioni regionali (poi modificate a seguito del Dpcm di fine ottobre) avrebbe potuto ospitare oltre 400 spettatori distanziati e avremmo potuto programmarlo per l’intero periodo del Festival. Poi la scelta era resistere o perdere anche quest’altra occasione. Ricordiamolo, il teatro per le nuove generazioni è praticamente fermo dal 24 febbraio scorso, quando alle scuole sono state vietate le uscite e tutte le stagioni teatrali dedicate all’infanzia sono state cancellate, tranne qualche piccolo respiro estivo, insufficiente ovviamente a recuperare quanto perduto. Tra le perdite la più gravi gli spettatori, il nostro pubblico. Per questo abbiamo provato a inventarci un festival in una nuova modalità, che desse a noi artisti la possibilità di metterci alla prova, di creare nuovamente dopo questo blocco forzato, e al pubblico la reale sensazione che quanto proposto fosse esclusivamente pensato per loro. Abbiamo messo da parte così l’idea di proporre spettacoli già realizzati, mostrando video magari non adatti per il pubblico perché destinati agli operatori del settore. Abbiamo guardato a tre elementi caratterizzanti del festival, il progetto In viaggio con le storie che realizziamo oramai da 5 anni nel bellissimo Museo Ferroviario di Lecce, Il Kids village, contenitore dei laboratori live condotti dagli operatori delle nostre due formazioni e gli incontri, un focus con un Maestro del teatro, in questo caso Antonio Catalano, un incontro con un autore che in questa edizione è stato Bruno Tognolini, un incontro con gli operatori del settore dedicato al Digitale.

Per noi dunque una grande gioia, sapere che la gente aspettava il nostro festival. Lo seguiva, commentava da casa, ci inviava messaggi straordinari ed anche contributi economici volontari per la realizzazione.

“In viaggio con le storie” è stata una delle parti principali del programma. Come hanno lavorato gli artisti coinvolti?

Questo progetto nella versione spettacolo teatrale è nato qualche anno fa, da allora sono stati tanti gli attori coinvolti nello spettacolo, quelli delle due compagnie organizzatrici, come Angela De Gaetano, Silvia Lodi, Otto Marco Mercante, Cristina Mileti, Giuseppe Semeraro, Fabio Tinella, assieme ad altri narratori straordinari come Daria Paoletta, per noi una specie di madrina di questo progetto, Enrico Messina, Giuseppe Ciciriello, Roberto Anglisani e ancora Claudio Milani, Fabrizio Pugliese, gli amici del Baule Volante, Simona Gambaro, Silvia Civilla, Sara Bevilacqua, Erika Grillo. La cornice è sempre il Museo Ferroviario di Lecce dove ad attendere gli spettatori c’è un capo stazione strampalato, il divertentissimo Dario Cadei, assieme a suo figlio Rocco.

Da autore del progetto Tonio (De Nitto N.d.R.) si è occupato di dialogare con gli attori in merito alla scelta delle storie, alcune scrivendole lui stesso. Fondamentale è stata la scelta di affidare la regia a Eliana Manca che ha cercato di girare ognuno dei racconti con un linguaggio diverso in questa versione ibrida tra cinema, teatro e tv. Gli attori, molti dei quali alla loro prima esperienza in video, hanno riscritto le loro storie e dialogato con autore e regista per trovare le soluzioni più efficaci fidandosi ciecamente e con grande generosità. Poi, complice la straordinarietà del luogo, la maestria di Eliana e della troupe coinvolta (Guglielmo Bianchi fotografia, Ginevra Venanzi al montaggio, Michele Leucci fonico, Adamo Toma segretario d’edizione) è venuto fuori un piccolo miracolo che, ricordiamo, si realizza grazie alla collaborazione anche con La città del teatro di Cascina che sino a febbraio manderà in streaming tutti i nove episodi.

Avete avuto riscontri sulla fruizione? Che tipo di risposta c’è stata da parte del pubblico?

Oltre agli affezionatissimi del Festival quest’anno, grazie al digitale, Kids ha potuto contare anche sul pubblico nazionale, sul passaparola, sul pubblico di operatori, insegnanti, amici che hanno fatto da cassa di risonanza e propagatori in tutta Italia. E dappertutto sono giunti i complimenti. Alcuni insegnanti ci hanno chiesto di utilizzare i video nelle classi e tanti sono stati gli apprezzamenti ricevuti dai nostri colleghi del comparto, perché Kids in effetti non è stato un festival come tutti gli altri. Il pubblico lo abbiamo coltivato anche a distanza con i laboratori e i compiti a casa che alcuni di questi assegnavano ai piccoli spettatori, si è interagito abbastanza, abbiamo provato a capire quale potesse essere una modalità di fruizione attiva e partecipativa. Abbiamo raggiunto quasi 10.000 contatti con i contenuti, sicuramente più del doppio dei biglietti solitamente staccati durante le edizioni live.

Anche in questa edizione on line non avete rinunciato a fare del festival un’occasione di riflessione e dibattito sul mondo dell’arte per l’infanzia, con il coinvolgimento di operatori di tutta Italia. Quale la fotografia che ne emerge?

Emerge l’assoluta necessità di un confronto, di rompere le bolle spesso autoreferenziali in cui il settore si trincera, di ascoltare e partecipare. Ci rendiamo conto, ad esempio, che dedicare un incontro ad un maestro del teatro ragazzi, ascoltare le sue parole, attraversare la sua visione poetica è un nutrimento straordinario e spesso i festival o le vetrine non danno il giusto peso alla possibilità di confrontarsi.

La maggior parte delle volte gli operatori sono frastornati da un numero altissimo di spettacoli da vedere senza avere il tempo di coltivare la propria anima, accudirla nell’ascolto degli altri e, perché no, anche di se stessi e del proprio lavoro. In questo ancora una volta il digitale ci ha dato una nuova possibilità, quella di condividere l’esperienza con molte più persone da ogni dove. L’esperienza di Reazione a catena, progetto che intende sviluppare la vocazione internazionale dei festival italiani di cui facciamo parte assieme ad altre cinque realtà capitanate da Segni new generation, è stata fondamentale a tal proposito: lì sono nate tantissime connessioni con colleghi davvero di tutto il mondo e lo sconforto del settore, che all’inizio sembrava tutto italiano, si è trasformato in una riflessione corale e propositiva davvero globale.

Digitale e teatro: la questione è ormai nota. Continui sono gli scambi fra chi ne ammette il senso chi si schiera contro. Cosa è emerso dal dibattito sull’argomento rispetto all’utilizzo con il pubblico più giovane?

L’incontro del 5 gennaio è stato molto importante: per la prima volta dopo mesi in tanti, tra operatori, artisti e critici, ci siamo confrontanti su un tema scottante. Con Cira Santoro, responsabile Teatro Ragazzi ATER Fondazione e Teatro Comunale Laura Betti di Casalecchio di Reno, e i tanti ospiti intervenuti, abbiamo raccontato come nel primo lockdown l’uso del digitale sia stato abbastanza demonizzato dalla maggior parte del settore perché il teatro è quel rito che si fa dal vivo. Accanto ai più che alzavano il ditino per dire cosa fosse e cosa non fosse teatro, abbiamo comunque assistito ai primi esperimenti più ingenui, più spontanei, di ricerca di un pubblico o di un senso al nostro lavoro (bloccato dal vivo) attraverso i mezzi a disposizione. C’è chi si è inventato un ciclo di Ninna nanne, chi le rodariane fiabe al telefono o al citofono, chi ha aperto gli archivi personali e ha creato una programmazione con le proprie produzioni, utilizzando spesso materiale poco consono per il video.

In questa seconda fase pandemica i teatri, le compagnie, gli artisti hanno iniziato a strutturare dei progetti pensati per il digitale, rimettendosi in discussione, cimentandosi con un linguaggio che richiede tempi e modi decisamente diversi dai nostri palcoscenici. Sono nate piattaforme, festival in digitale, esperienze che utilizzano le lavagne multimediali Lim delle scuole. Non abbiamo bisogno ancora di chiederci se stiamo facendo teatro o meno, chiaramente siamo tutti legati col sangue a quelle tavole lì, a quegli occhi che ti guardano o quei cuori che si sintonizzano e battono all’unisono. Ora è il momento di chiederci come stiamo indagando queste nuove vie, perché se affrontate come tali, potranno essere perseguite parallelamente, arrivare là dove non si arriva normalmente, arricchire di contenuti diversi e originali il nostro lavoro. Insomma, crediamo che prima o poi i teatranti riscopriranno la televisione (ma anche social e derivati) o meglio ancora scopriranno finalmente un modo per utilizzarla.

Da anni il festival è anche Operazione Robin Hood, quest’anno ha un significato ancora più importante, di fatto l’unica parte dal vivo del festival…

Un duplice significato possiamo dire. Quest’anno l’Operazione Robin Hood è servita da un lato a rendere il festival accessibile a tutti, dal momento che abbiamo scelto che fosse interamente gratuito, nonostante gli incredibili tagli ricevuti, dall’altro, in collaborazione con il Barbonaggio Delivery di Ippolito Chiarello, abbiamo istituito una call per attori che hanno donato il loro tempo al Festival per poter scoccare le nostre frecce Robin Hood in tutti quei luoghi che da sempre abbiamo attraversato, come le periferie, le comunità per minori, le comunità per stranieri: luoghi del cuore dove il teatro rifonda la sua necessità. E in effetti queste azioni sono state alla fine il più grande regalo a noi artisti, quello di poter rincontrare seppure da un balcone o al freddo di un cortile, rigorosamente a distanza, il nostro pubblico.

Operazioni come quella di Teatro Delivery dimostrano che c’è un modo “sicuro” di fare teatro, anche nelle scuole che, pur con tanti limiti, al momento rimangano il principale luogo di socializzazione per l’infanzia. Avete ripreso contatti anche con studenti e insegnanti?

Come dicevamo prima, molte insegnanti ci hanno chiesto di poter utilizzare i contenuti del festival, gli episodi di In viaggio con le storie o i laboratori del Kids village per la loro didattica in presenza. Siamo certi che le scuole abbiano voglia di tornare a teatro, ma per il momento ci sembra un’impresa non facilissima nemmeno portare il teatro a scuola. Come sappiamo non è possibile entrare nei locali scolastici e sono possibili solo forme più light e non interventi più strutturati. Magari la primavera potrà consentire anche piccole visioni in esterno, non soggette al clima poco consono del momento.

Tutto è in evoluzione, ma crediamo che il digitale unito ad incontri streaming, in cui magari riflettere sui temi affrontati o soddisfare le curiosità nate dalla visione proposta, possa essere già una buona soluzione per mantenere vivi dei legami.

Come immaginate l’edizione 2021 del Festival?

Ci abbiamo pensato mentre era in corso questa edizione on line e siamo sempre più convinti che il festival debba coltivare la sua dimensione dal vivo, necessaria, rituale, liberatoria, ma anche la sua dimensione on line, realizzando in digitale contenuti inediti, qualcosa che continui a connetterci con il mondo senza dover portare spettacoli in live streaming, non nati per il video, o contenuti che rischierebbero di allontanare gli spettatori dal teatro. Torneremo più forti di prima e avremo sicuramente bisogno di un budget più capiente per lavorare su questi due fronti e perché no…pensare anche ad un Kids regionale, assieme ad altri colleghi nei territori. Il nostro appello va alle istituzioni, che quest’anno ci hanno un po’ deluso, e comincia già da ora. Troviamo una soluzione!

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.