Ercole in Tebe, il fascino della Firenze barocca sul palco del Teatro la Pergola

by Valeria Nanni

Una storia senza suoni esisterebbe lo stesso ma sarebbe triste. Meglio riscoprire quelle melodie. Se poi quei suoni sono orchestrati da musicisti e cantanti, tanto meglio. E se poi aggiungiamo i costumi di scena barocchi, meglio ancora, perché senza fatica con fascino e stupore, ci troviamo ad essere veri testimoni di un evento che fu. Tutto questo è successo al Teatro la Pergola di Firenze, lo scorso 9 febbraio, la sera di un mercoledì qualunque e non senza il plauso del pubblico. In circa 500 hanno infatti assistito all’opera barocca intitolata “Ercole in Tebe”, facendo tutti un grande balzo indietro di 360 anni, quando il 12 luglio del 1661 fu messa in scena quest’opera, proprio al Teatro la Pergola, inaugurato per l’occasione, per festeggiare il matrimonio di Cosimo III de’Medici con Margherita Luisa d’Orléans.

I Granduchi a Firenze nel ‘600 usavano davvero celebrare in grande stile le proprie unioni matrimoniali, realizzando delle vere e proprie feste teatrali in musica. Così chi oggi ha avuto la fortuna di assistere all’evento musicale del Teatro la Pergola ha come ottenuto l’invito a nozze dei Reali di Toscana. Ne parliamo nello specifico con Samuele Lastrucci, direttore d’orchestra dell’evento, dunque uno dei protagonisti indiscussi della serata musicale che ha vivificato i cimeli museali e fatto udire a tutti i presenti lo spirito barocco suonato da strumenti d’epoca.

Prima di tutto ascoltiamo l’emozione di un successo raggiunto. “Vedere il teatro così pieno in un giorno infrasettimanale è stata una grande emozione – racconta a Bonculture Samuele Lastrucci – considerando anche che siamo in un periodo particolare dove il Covid trattiene purtroppo ancora in casa molte persone”. Poi consideriamo la singolarità dell’operazione di ricerca che ha preceduto l’esecuzione dell’Opera. “Realizzare Ercole in Tebe non è stato solo mettere in scena un’opera musicale del passato storico fiorentino. Tutto è partito dal confronto di 4 manoscritti dell’Opera in 3 città diverse, Pistoia, Roma, Parigi, grazie a 4 ricercatori musicisti, tra cui io. Abbiamo dunque prima compiuto un lavoro di recupero filologico e poi storico-artistico. Poi ci siamo concentrati sull’interpretazione musicale”.

Partecipavi ad una festa in musica nel ‘600 se eri nobile. Le 5 ore di messa in scena dell’Opera non volevano un pubblico passivo. Questo era pur sempre composto da invitati a nozze, e dunque tra una scena e un’altra i presenti erano chiamati ad indossare gli abiti a tema e invitati a ballare sul palco. Non era dunque come l’ascolto dell’Opera lirica a cui siamo abituati oggi. Lo spettatore era anche attore. E poi i palchi dei teatri erano vere e proprie Suite, dove i nobili mangiavano e consumavano bevande durante l’esecuzione dell’Opera.

Tutto fa pensare alla riproduzione di una musica particolare, forse non scontata per le nostre orecchie, le quali sono abituate al massimo a collegare la melodia dell’Opera lirica al periodo ottocentesco, dove nomi come Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini sono famosi anche per i non amanti del genere. Ma come suonava la musica barocca per davvero, quella di Vivaldi, Handel, e anche nel ‘700 di Mozart, lo sappiamo solo attraverso strumenti d’epoca, una conoscenza che necessita davvero un’esperienza diretta. “Una musica frizzante piena di ritmo, di assetti, godibilissima, nell’esecuzione di Ercole in Tebe ha raggiunto le orecchie del pubblico moderno, il quale ci ha risposto con applausi fragorosi e generosi. Siamo stati contenti della nostra fatica ripagata, quella risultata da un progetto particolare ed importante”.

Qualche parola in più meritano gli strumenti musicali utilizzati per l’evento. Sono copie fedelissime degli originali. Violini e violoncelli con corde di budello, suonati con archetti più corti rispetto a quelli moderni. Gli strumenti a fiato non hanno chiavi o pistoni, ci sono solo fori. “Per eseguire bene la musica barocca bisogna partire dallo studio dei trattati musicali. Il musicista compie una interpretazione storicamente informata. Gli spartiti dei musicisti barocchi non hanno la segnalazione dei tempi o di tutti gli abbellimenti necessari. Il vibrato non era usato come oggi dai cantanti, risultava nell’esecuzione, ma molto dosato. La musica era scritta per Opere concepite come uniche, non fatte per essere eseguite più volte. Venivano anzi concepite per quell’evento, per quella celebrazione. Eseguire opere con questi mezzi e con questi strumenti richiede musicisti specializzati ed opportunamente formati, come I Musici del Gran Principe, compagnia vocale e strumentale che ho fondato e dirigo”.

Sarebbe stato però troppo per il pubblico moderno partecipare ad Ercole in Tebe tale e quale come l’Opera originariamente fu composta, programmata e realizzata esclusivamente per il matrimonio di Cosimo III. Questa era infatti lunga 5 ore, eseguita da circa 300 artisti, divisa in 12 scene. “Noi abbiamo operato un’estrazione di momenti topici dell’opera- spiega il maestro Lastrucci – riducendola di un’ora e mezza, con la partecipazione di circa 40 persone tra orchestra, coro e solisti. È stato un modo per rendere accessibile al pubblico un prodotto artistico ricercato, d’epoca seicentesca di altissima qualità. La sontuosità è stata comunque restituita insieme allo spirito dei matrimoni medicei. I costumi estremamente sontuosi sono stati tutti disegnati da Massimo Pizzi Gasparon Contarini regista dell’evento”.

Quando si parla di opera lirica si parla di Seicento e quando si parla di Seicento si parla di Barocco. Prima di questo secolo dunque le feste medicee erano sempre accompagnate da musica, ma questa era divisa dalle parti recitate. “Già con il matrimonio di Cosimo I a metà ‘500 ritroviamo celebrazioni in musica. Tuttavia la struttura verso il melodramma che conosciamo oggi inizia ad esserci a partire dagli ultimissimi anni del ‘500. Nel 1600 in occasione delle nozze di Maria de’ Medici si vede la nascita di Opere come Euridice, Dafne, frutto del così detto Laboratorio Camerata de’ Bardi. Con Ercole in Tebe siamo dopo la metà del Seicento e la musica, del tutto svincolata dalla prosa, è ben strutturata in una ritmica alternanza di arie e recitativi. Il libretto venne scritto da Giovanni Andrea Moniglia, Accademico della Crusca, letterato erudito, tra l’altro medico personale di Giovan Carlo Medici. Della musica fu incaricato Jacopo Melani, uno di quei rappresentanti della stirpe di operisti, cantanti, organisti pistoiesi. Quest’ultimo era considerato uomo di mondo, all’avanguardia per l’epoca. Fu prodotta un’opera in 5 atti, intervallati dai balletti. Era impensabile replicarla così oggi”. Spiega ancora Lastrucci. Il giovane musicista fiorentino oltre ad essere un esperto in musica antica è anche un fervido appassionato e studioso del periodo mediceo granducale ed ha approfondito la conoscenza della musica di corte. È infatti oggi il direttore del Museo de’ Medici di Firenze, e tutto questo a soli 27 anni.  

“E’ stato per me un onore dirigere un’opera di questo calibro in un teatro storico come quello della Pergola che 360 anni fa fu appunto inaugurato con l’esecuzione di Ercole in Tebe. All’epoca fu presentato come un vero e proprio kolossal. Io sono allievo di Federico Maria Sardelli e suo assistente. Dirigere oggi da direttore un’Opera così, è stata un’emozione enorme. Questo evento ha legato insieme le mie due anime, passione per la musica e passione per la storia medicea”.

Tuttavia non poche le difficoltà di realizzazione. “La burocrazia italiana è poco abituata a queste operazioni. Non ci accorgiamo di quanto possano invece essere importanti. Significa far riappropriare i cittadini del proprio passato. L’appoggio istituzione maggiore è arrivato per fortuna dal Comune di Firenze. I finanziamenti sono la parte più difficile da ottenere e rendono queste operazioni faticose. L’invito a chi si occupa di arte e di non demordere. Insistere. Crederci ai progetti di valore per la nostra società”.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.